La Famiglia Umanoide e la perdita di Umanità

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Un’altra alba sorgeva.
Un altro uomo, un dipendente o, che dir si voglia, onesto cittadino sorgeva dall’orizzonte di confortevoli coperte. Consumata la colazione e preparatosi il pranzo, avviò la sua utilitaria per affrontare la cacofonia cittadina che serpeggiava tra le vene della metropoli.
La sua figlioletta, destatasi una mezzora dopo per andare a scuola, si accorse che, sempre più, il suo papà perdeva per casa la sua Umanità: un liquido molto strano, così strano che quando avvertiva la mamma delle macchie di Umanità sul pavimento, questa non se ne accorgeva e non puliva. La piccola passava lo straccio di nascosto e a volte addirittura veniva presa per pazza: “Sembra proprio ossessionata dallo sporco che non c’è” diceva a volte la madre, eppure non si accorgeva che lei, anche se in quantità inferiore, perdeva Umanità a sua volta. La Signora infatti portava a casa quel che poteva con lavori a metà giornata. Più i genitori perdevano Umanità dai propri corpi e più tendevano a sembrar gelidi come robot, solitari e schivi. C’erano giorni in cui in casa nessuno parlava… e la bambina era stanca del silenzio. Così, quando i genitori dormivano, prese a svegliarsi puntualmente a notte fonda per cedere la sua Umanità a loro.
I giorni successivi andarono molto meglio per mamma e papà. Questi erano più attivi e amorevoli che mai. Ma non lei, non la loro figlia che stava esaurendo anche la poca Umanità rimasta. L’aveva sacrificata quasi tutta per i propri genitori, per la mamma e per il papà, ora preoccupati per lo strano distacco che mostrava la loro unica figlia. Così la portarono da un dottore.
Il Medico, osservatala per un poco, non capiva il male che la rendeva sempre più marionetta e meno bambina. Dunque, chiamò un suo collega e questi chiamò un suo collega che chiamò un suo collega a sua volta. Incuriosita, attraverso la poca Umanità rimasta, la bambina iniziò a esplorare lo studio del Medico, rovistando tra i diversi libri di fiabe della sala d’attesa. Iniziò a leggerli.
Quando i genitori uscirono dallo studio del medico, trovarono la loro figlia sorridente, colorita e… viva. “Posso tenerlo?” chiese la piccola, impugnando uno dei libricini illustrati.

Questa e altre storie di Bellard Richmont le trovate sulla sua pagina:

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