Gegè Telesforo: “La musica? Deve emozionare raccontando” – Intervista

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Gegè Telesforo è un professionista del jazz, nonché personaggio radiofonico e televisivo.

Nel corso degli anni Gegè Telesforo ha dimostrato una tenace capacità di far incontrare il miglior jazz italiano e internazionale con collaborazioni di altissimo livello.

“Il mondo in testa” è il suo nuovo lavoro discografico.

Si tratta di un racconto attraverso nove brani dei valori che Telesforo porta avanti con determinazione; primo su tutti l’Amore per la vita.

Da sempre coinvolto nella valorizzazione della multietnicità, Gegè Telesforo condensa ne “Il mondo in testa” i concetti di condivisione, conoscenza e solidarietà.

Abbiamo avuto la possibilità di intervistare l’artista che ci ha raccontato una serie di aneddoti legati alla sua straordinaria carriera.

Ciao! Grazie della disponibilità. “Il mondo in testa” è un progetto che condensa anni di carriera, dunque di esperienza e ricerca. Una ricerca non solo sonora, ma anche del modo più adatto per veicolare un messaggio pro-positivo. Si potrebbe dire in questo caso che la musica è un atto politico. Cosa significa per te comunicare dei valori con la musica?

“Il Mondo in Testa” parla della bellezza delle diversità, dell’incontro di culture diverse a prescindere dal credo politico e religioso, il colore della pelle, e cosi via. Utilizza i valori della Musica che sono molteplici, spesso non considerati da chi usa e sfrutta la musica solo come intrattenimento. In questo particolare momento storico, costretti alla distanza sociale, fisica, un Arte come la musica, che non puoi toccare e neanche vedere, ci permette comunque la condivisione di emozioni forti: gioia, malinconia, tristezza, euforia, amore per la vita e per il prossimo. Questo è sempre stato il ruolo della Musica nella società: emozionare raccontando “storie antiche di figli lontani”. 

Allora, com’è andato il processo di produzione?

E’ stato un lavoro lungo e complesso. Con il mio co-producer Pasquale Strizzi e l’ingegnere del suono Riccardo Bomarsi abbiamo lavorato quasi un anno sulla pre-produzione dell’album, egli arrangiamenti, concentrandoci sulla ricerca del suono e degli strumenti adatti alle varie composizioni. Quindi, ho convocato i Musicisti e i Vocalist per eseguire in studio tutte le parti scritte e i vari momenti d’improvvisazione che non devono mai mancare nella mia Musica. E’ una produzione low budget, contemporanea, ma realizzata con una mentalità old school e non così tecnologica. Insomma, abbiamo suonato ogni singola nota e ogni suono appartiene ad uno strumento reale.

Gegè Telesforo è anche un divulgatore musicale, oltre che un abilissimo musicista eclettico. Dunque, alla luce della tua esperienza, cosa consiglieresti ai giovani che vorrebbero intraprendere gli studi musicali?

Consiglierei di non dare mai nulla per scontato, e di avere sempre un piano B. La cosa più difficile oggi non è laurearsi in Musica, ma apprendere la difficile Arte del vivere di Musica.

Gegè Telesforo

Parliamo ora di una tecnica molto particolare, lo scat! Con lo scat la voce “ruba” il ruolo dello strumento. Mi piacerebbe che tu raccontassi come ti sei avvicinato a questa tecnica.

Ho iniziato da bambino, per gioco, ascoltando per ore e ore i dischi jazz di mio padre. Ascoltavo, memorizzavo, doppiavo con la voce e rifacevo a memoria temi e assoli senza immaginare che stavo costruendo il mio futuro con un tecnica antica che oggi viene insegnata nei conservatori. Ho studiato tanto, canto, pianoforte, armonia, e naturalmente tanta batteria e percussioni che hanno reso il mio fraseggio vocale particolarmente ritmico, e probabilmente riconoscibile per questo.

Sei un musicista jazz poliedrico che ha avuto la possibilità di collaborare con numerosi musicisti italiani e non. Mi racconti due aneddoti legati agli incontri professionali che hanno cambiato la tua carriera?

La mia prima performance da giovane batterista fu con il Maestro Franco Cerri che in duo con Julius Farmer al basso si esibiva alla Taverna del Gufo di Foggia. A metà concerto chiese se in sala c’era un batterista per suonare qualcosa con loro, e mi catapultai sul palco senza pensarci due volte. Avevo non più di 13 anni.

E poi l’incontro con il mio amico, producer e geniale musicista Ben Sidran che conobbi quando in tv presentavo DOC. Pochi mesi dopo la sua partecipazione al programma di Rai2, mi chiamò da Chicago per sapere se volevo registrare per la sua neonata etichetta discografica Go Jazz, e partire on tour con la GO Jazz All Stars. Avevo 27 anni, una carriera televisiva praticamente in mano, ma la valigia era già pronta!

Concludiamo con una domanda tecnica: hai un tempo musicale preferito? Se sì, quale?

Quello sincopato, extrasistolico della mia pulsazione cardiaca. Come dire, mi tiene in vita. Anzi, vitale.

Grazie del tuo tempo!

Grazie a te!

Fonte: Ufficio stampa Big Time

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