In occasione dell’uscita del suo secondo singolo per Revubs Dischi, abbiamo chiesto ad Avarello di raccontarci ogni segreto della sua produzione musicale a base di piccole cose e sogni nel cassetto. Il risultato del nostro simposio sta tutto nelle domande (e sopratutto nelle risposte) che seguono:
Ciao Avarello! Raccontaci cos’è successo in questi tre mesi di lontananza dalle scene, dopo il tuo esordio con “Indigestione”.
Ho firmato per un intero tour per tutto lo Stivale con un’agenzia, sarà formidabile, stiamo preparando la scaletta per presentare il miglior spettacolo… Questo è quello che vorrei dirvi in realtà è successo tutt’altro. Ho lavorato praticamente ogni giorno, un piattume generale.
Quali sono, secondo te, le caratteristiche indispensabili affinché una canzone possa essere considerata “giusta”?
Non utilizzerei il termine “giusto”, penso che debba avere un significato sicuramente, servono le canzoni con i significati importanti e quelle un po’ più leggere… Boh, poi stiamo parlando di musica, espressione artistica, non stiamo cercando di cucinare un bel piatto di lasagne.
Sei al secondo singolo, ma già dal tuo battesimo hai lasciato emergere l’importanza di un testo di spessore, che fosse foriero di contenuto e di messaggio. Oggi, invece, le produzioni musicali sembrano andare sempre più verso la deriva della replica, dello svuotamento. E’ più una questione di linguaggi, oppure di inadeguatezza generazionale a cantare la realtà in modo “sentito”?
La risposta è un giusto mix di fattori, indubbiamente il periodo storico tende alla deriva, un istupidimento generale che necessita un nuovo tipo di testo e di canzone, tutto deve essere estremo, trash, provocatorio… Mi ricorda tanto Idiocracy. Poi qui bisogna sempre considerare che è solo quello che ci propinano: ho risposto a domande, in precedenti interviste, citando l’esistenza di realtà “non mainstream” veramente interessanti… Ritornando al discorso del linguaggio, non so se sia un reale problema. Si possono benissimo realizzare cose interessanti che abbiano un grande valore artistico utilizzando anche un linguaggio semplice sia dal punto di vista musicale che testuale. Breve mio punto di vista.
Tu, la tua realtà, la racconti e con parole giuste. Domanda un po’ strana, ma meno di quello che potrebbe apparire: che importanza hanno, per Avarello, le parole? Oggi, sembrano siano solo “gusci sonori” messi lì per riempire spazi. Non ti fa paura l’idea che il pubblico possa disabituarsi (se già non è successo) ad un ascolto che reclama consapevolezza?
Le parole son sicuramente molto importanti e cerco di dare il giusto peso. E no, non ho una paura del genere, se avessi una paura del genere sarebbe come considerare me stesso troppo sofisticato e intelligente e l’ipotetico ascoltatore un imbecille. Il pubblico è abbastanza eterogeneo c’è chi apprezzerà e chi no, ma avere dei pregiudizi, no.
Parliamo della tua musica: identikit di “Preferirei rallentare”, il tuo nuovo singolo per Revubs Dischi.
C’è Avarello reduce da un periodo che prende una chitarra in mano, carta e penna e si sfoga. Il mondo che va avanti a suon di kilometri ed io che mi perdo nel capire e dare a forma a quello che provo e sento. Non c’è un identikit che possa fare.
Ti va di consigliarci qualche artista emergente da scoprire? Se sono cantautori, che dire, meglio ancora! A noi, le parole piacciono…
Di emergenti mi viene in mente poco, a proposito di “Identikit” potete ascoltare il nuovo singolo di Murdaca che ho apprezzato! Ultimamente mentre consegno le pizza ho Radio Margherita in sottofondo, ho riscoperto I cugini di campagna e ho riascoltato ZIBBA.
Dacci un consiglio per rallentare davvero, dopo un anno passato a rincorrere telegiornali e DPCM.
Abbiamo vissuto un momento storico strano che da tanti punti di vista è da cestinare e da non rivivere, ma da un’altro ci siamo dovuti fermare a ragionare un po’ su noi stessi. Detto questo, appena si potrà tornare alla normalità passeggiate, fate serata, andate alle terme, “Yes Man” come nuova filosofia e sopratutto godetevela. Quanto mi mancano le terme.