Conosco Stefano da un po’, e se la memoria non inganna qualche tempo fa – all’uscita di “DNA”, il suo precedente singolo – avevo parlato della nostra amicizia anche qui, su Indielife.
E sono onesto, mi prendo questo spazio anche per far sapere a lui, che un mese fa mi mandò il suo nuovo brano in anteprima, cosa penso di “Dentro un film”: il periodo non felice, il caldo torrido e il cervello già allo stremo per un inverno da buttare non aiutarono nel facilitare le comunicazioni tra noi, e tra una zanzara e l’altra mi sono presto reso conto di aver perso l’occasione di essere un buon amico, oltre che un mediocre intenditore di musica.
Fatto sta che, per provare a mitigare il morso spietato del mio senso di colpa, altro mezzo non possedevo se non quello di provare a fare qualche domanda all’artista toscano sulla sua nuova creatura nel tentativo personale non tanto di “riabilitarmi” ai suoi occhi quanto piuttosto – e sopratutto – di “dare spazio a ciò che inferno non è”; sì, perché Nottoli ad ogni nuova uscita sa benissimo come colpire nel segno l’ascoltatore: la sua scrittura semplice quanto onirica non lascia scampo al beneficio del dubbio (e ben vengano, questi crolli di certezze, nell’era delle risposte scontate!) e apre lo spiraglio della riflessione, sempre e comunque. “Dentro un film” è un brano che arriva al cuore perché dal cuore fiorisce, parlando ovviamente al cuore (e alla testa) di tutti: una zattera di salvataggio lanciata in un mare burrascoso, che con rabbia di amante tradito cerca di trascinare a fondo i nostri corpi di naufraghi.
Il COVID-19 sembra aver lasciato un segno importante nella musica di Nottoli, è vero; ma sarebbe troppo semplicistico ridurre il suo nuovo singolo ad una cronaca pandemica: dentro c’è molto di più, e quel “di più” abbiamo provato a farcelo raccontare da Stefano.
Ciao Stefano, abbiamo ascoltato “Dentro un film”, il tuo nuovo singolo. E’ stato ispirato dalla tua situazione durante la pandemia o è solo una riflessione generale sul periodo?
Entrambe le cose; sono partito dalla mia condizione personale, mi sono immaginato una conversazione tra me e mio figlio di sette anni, durante la stesura però ho preso la tangente provando anche ad uscire fuori dal contesto lockdown, ho immaginato che potesse rispecchiare una qualsiasi situazione di disagio personale.
Parlarci dell’essere un musicista emergente. Qual è la parte più difficile e quella invece più divertente.
Penso che ogni lavoro abbia le sue difficoltà e gratificazioni a qualsiasi livello. Credo di poter riassumere il tutto nel fatto che la parte più divertente sia quella di superare ogni volta la parte più difficile.
C’è qualche artista, del passato o del presente, con cui ti piacerebbe duettare?
Ti rispondo per entrambe le situazioni. Un artista del passato, diciamo che non è più vivente, è Franco Battiato, mentre sarebbe un sogno per me duettare con Vinicio Capossela.
Come mai sei diventato un musicista? Chi ti ha ispirato?
Sono sempre stato attratto dalla musica da che ho memoria. Ricordo che da piccolo facevo finta di suonare le tastiere insieme a Bruce Springsteen nel video di “Born in the USA”, oppure tenevo i miei primi concerti nel corridoio di casa, con la chitarra giocattolo regalata da mio nonno per Natale. E’ stato tutto molto naturale e spontaneo iniziare a suonare e fare il musicista.
Quali sono le tue aspirazioni?
Come uomo lasciare qualcosa di buono per le generazioni future, come musicista lasciare della buona musica da ascoltare.
I prossimi progetti?
Approfitto di questa domanda per dire che dopo circa vent’anni ho ritrovato una caro amico e musicista, il quale è salito a bordo accompagnandomi in questo viaggio musicale. Al momento stiamo rivisitando il mio repertorio per i lives, poi inizieremo a lavorare sulle nuove canzoni che ho scritto e che aspettano di essere registrate e pubblicate.