Per me parlare dei Denoise è un po’ come parlare di quegli amichetti ganzi che conosci da una vita (anche se sono solo un paio di anni, in realtà: un anno di pandemia, però, vale cinque; quindi, se fate il conto, dieci anni non sono pochi…) e che ammiri per quel modo un po’ strano e affascinante di riuscire a fare sempre centro con le ragazze che ti piacciono senza diventarti mai antipatici, di fare sempre gol alle partite di calcetto senza mai trattarti come lo “scarsone” di turno, di prendere sempre dieci a verifiche di matematiche per le quali non hanno studiato senza mai finire col guadagnarsi l’appellativo di “secchioni”.
Insomma, i Denoise sono speciali, e ascoltarli non basta per rendersene conto: bisogna seguirli, scovarli dal vivo, conoscerli con una birra in mano, parlare con loro della musica che amano, dei registi che preferiscono, dei sogni che hanno nel cassetto e di quelli che stanno vivendo – perché lo meritano.
E mica perché il loro talento sia poco brillante, tutt’altro: la bellezza, sopratutto quando splende e risplende, necessita di ancora più attenzione, di ancora più tutela e custodia. In un mondo di rumore, di schiamazzi musicali e di gesti poco eleganti, i Denoise fanno parte di quell’arcipelago di sparute isole felici capaci di offrire un rifugio da tutta questa bruttura; e allora cercateli, scopriteli, ascoltateli, conosceteli, rincorreteli: fate tutto quello che è necessario per regalarvi un momento di evasione tropicale (o lagunare, visto la derivazione veneziana del trio) da tutto questo shockante modo di essere vivi, morendo, nel 2021.
Ciao Denoise, benvenuti su Indielife! Partiamo con le domande spaccaghiaccio: usate tre aggettivi per raccontare la vostra musica, e sceglietene uno (bonus!) per esprimere una caratteristica che proprio non vi appartiene.
Ciao ragazzi e ragazze di Indielife, la nostra musica sicuramente potremmo descriverla come notturna, atmosferica, un po’ malinconica. Ora al bonus! Noi sicuramente non abbiamo modi affrettati, irruenti, piuttosto siamo un ascolto che necessita di intimità e tempo.
Come vi siete avvicinati alla musica? Qual’è il primo ricordo che avete di voi alle prese con le sette note?
Siamo fortunati perché veniamo da famiglie in cui la musica si è sempre ascoltata molto, e ci conosciamo da davvero tanto tempo (scuola materna!), super prima di imbracciare qualsiasi strumento; dato che la musica è sempre stata attorno a noi, tutti i nostri primi ricordi parlano di musica, ascoltata e strimpellata in ogni modo possibile. Il nostro primo ricordo assieme come band invece risale a quando 10-11 anni fa facemmo il nostro primo concerto, tre canzoni in un jazz club della nostra città. Vestiti malissimo e scarsissimi, ma un decennio dopo siamo ancora qui!
Avete da poco pubblicato “Jazz”, il vostro primo singolo per V4V. Ci raccontate come nasce il brano?
“Jazz” è nata in cameretta come inizio di un nuovo percorso, che rappresentasse meglio quello che volevamo essere e suonare come band. Un brano nato e voluto “all’antica”, suonato e pieno di dinamica, si ferma e riparte costantemente, e poi tutti i suoni ai quali siamo legati e ai quali volevamo finalmente dare spazio nella nostra musica, dal jazz di Chet Baker a Jeff Buckley al mondo notturno e atmosferico in cui ci vediamo. Per colorare il tutto abbiamo chiesto a Maurizio “Scompabop” Scomparin, il nostro trombettista preferito, di incidere un solo davvero emozionante in chiusura.
Tra l’altro, di “Jazz” avete realizzato anche una versione “live” negli spazi de La Jungla Factory. Vi va di farci un sunto del tipo d’esperienza che avete vissuto?
Bellissima esperienza! Gli amici della Jungla ci hanno invitato ad aprire con questa live session una super stagione di piccoli live e sessions nel loro nuovo spazio creativo, e noi a Las Pezia ormai ci siamo di casa praticamente. Essendo uno spazio accogliente, caldo e intimo, abbiamo reso “Jazz” in modo più soft, circondati da tantissime persone stupende. Era anche la prima volta in cui fisicamente dormivamo nel luogo in cui avevamo suonato, Luca si è pure concesso un sonno insonorizzato in sala regia, fra mixer e casse. Se passate dalla Liguria, fateci un salto per forza.
Il 2021 è stato per voi un anno importante (e deve ancora finire…), coronato dall’esperienza di X-Factor. Raccontateci com’è andata!
Il 2021 è iniziato con le chiusure, nessun concerto, tanta incertezza. In quella situazione iniziare il percorso di XF2021 è stato soprattutto un modo per tornare su un palco a suonare le nostre canzoni e metterci alla prova con un’esperienza totalmente diversa dal passato, in parallelo col percorso che stavamo portando avanti assieme a V4V, una bellissima realtà che ha scelto di credere in noi. Da musicisti, dobbiamo dire che l’esperienza è molto strana e bella, si conoscono un sacco di altri ragazzi bravissimi accomunati dalla voglia di fare musica e basta. Questa è sicuramente la cosa che resta di più quando poi l’esperienza finisce; nel nostro caso l’obiettivo realistico era conoscere un mondo, quello televisivo, diversissimo dal nostro, e arrivando sereni e curiosi ce la siamo goduta tutta senza pensare al resto, all’esito (Manuel non portiamo rancore sai) o a quello che ci aspettava fuori. Usciti da lì, sapevamo di poter pubblicare “Jazz” e iniziare finalmente il percorso che porterà al disco nuovo.
E ora? Cosa dobbiamo aspettarci dai Denoise?
Dopo “Jazz”, c’è un disco che aspetta di uscire dal guscio, sempre assieme alla nostra famiglia V4V; probabilmente arriverà qualche altra canzone prima, di sicuro i futuri Denoise continueranno il discorso iniziato con “Jazz”, che più che un discorso è un dialogo a pensarci bene, qualcosa di stratificato e avvolgente, forse un conforto intimista per questi tempi strani. Intanto ciao a tutt*!