Sul vascello di Maelstrom verso un disco adatto alle tempeste

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Maelstrom, come oramai saprà chi segue le sorti di questo folle magazine indipendente, è uno dei nomi che, negli ultimi mesi, la nostra redazione ha maggiormente apprezzato: piglio autorale sospeso tra tradizione e contemporaneità, penna dotata di un certo gusto poetico e di una spiccata propensione alla melodia semplice quanto incisiva, l’artista di Revubs Dischi è arrivato alle soglie di un esordio sulla lunga distanza che, ne siamo sicuri, saprà dargli e darci soddisfazione.

Sì, perché la strada che porta, venerdì, al suo primo disco è stata lastricata nel tempo da una manciata di singoli davvero interessanti, che hanno lasciato emergere il potenziale di un progetto emotivamente impattante, e capace di raccontare la propria generazione attraverso uno sguardo attento alla dimensione interiore di ognuno di noi. La storia di Alessandro diventa così patrimonio collettivo per la sua dimestichezza nel trattare temi ampi e densi di contenuto attraverso il linguaggio semplice del pop, coadiuvato da un’immagine quasi “eroica” che accompagna la sua comunicazione da sempre.

In più, a pochi giorni dalla release, Maelstrom ha deciso di pubblicare un trailer potente e misterioso, che non ha fatto altro che farci salire ancor più l’acquolina in bocca. Potevamo esimerci dal fargli qualche domanda per soddisfare la nostra curiosità?

Ovviamente, no. E quindi, eccoci qui, imbarcati con Maelstrom su una nave che sta per salpare diretta verso orizzonti luminosi e affascinanti.

A distanza di qualche mese dal tuo ultimo singolo, torni oggi con un video enigmatico, affascinante e allo stesso tempo conturbante. Cosa sta per succedere, nel mondo di Maelstrom?

È un momento piuttosto particolare perché sta per nascere il mio primo disco, in uscita questo venerdì e allo stesso tempo non posso fare a meno che vedere questa nascita, come la conclusione di un percorso, durato quasi due anni e mezzo.
In effetti faccio ancora fatica a realizzarlo. Il mio primo disco. Che figata.

Perché hai scelto di aprire in questo modo la strada che porta al tuo disco?

Il progetto stesso di Maelstrom è nato per certi versi per e insieme a mio fratello Gianvincenzo Pugliese, fotografo e regista che cura l’intero lato Visual e arrivare a conclusione di un primo album con un video che racchiudesse il senso ultimo di quelle che sono state le nostre idee e ispirazioni sino ad ora non poteva che essere il modo migliore per farlo.

Un video dal piglio cinematografico, che sembra raccontare qualcosa di antico, di ancestrale. Ci sono alcuni elementi, nel video, che hanno catturato la mia attenzione: il movimento di un pugnale che, puntato verso il cielo, sembra disegnare cerchi simbolici… cosa racconta, questo breve cortometraggio così evocativo?

Il video descrive un rituale funebre, una commemorazione, che segna la conclusione di un percorso. Abbiamo scelto di raccontare, attraverso le immagini, la nascita e la morte di un album carico di esperienze e delle persone che lo hanno accompagnato.
Una mano traccia un cerchio nel cielo, simboleggiando la chiusura di un ciclo. Questa immagine allude anche, in modo simbolico, alla pratica dei pirati che si ribellavano alle tirannie dei capitani. Si dice che ogni membro dell’equipaggio che prendeva parte alla ribellione scrivesse il proprio nome su una pergamena, formando così un cerchio. Questo metodo garantiva che, nel caso il capitano avesse cercato di impedire l’ammutinamento, non sarebbe stato in grado di identificare il primo membro ad avervi aderito.

Il tuo abbigliamento è particolare, ed è lo stesso che caratterizza la tua comunicazione dal primo singolo estratto dal disco: cosa si cela, dietro l’immagine di Maelstrom?

Nel creare un’immagine che potesse essere ricorrente, abbiamo deciso di prendere spunto dalle tavole di Hugo Pratt e dal suo celeberrimo Corto Maltese, avvalendoci però di capi che raccontassero le nostre radici.

Nel video, tra l’altro, non sembri esserci solo tu: di chi è la mano che si vede nel corto?

È la mano di mio nonno, protagonista del videoclip di “Pecore Nere”, brano che diede inizio al progetto Maelstrom e grande fonte di ispirazione per me e mio fratello, e che non poteva che essere presente nel video che, come detto prima, chiude un cerchio grande.

Sul finale, poi, su una pietra che ricorda quasi un antico dolmen si intravedono due simboli, che sembrano quasi runici: due lettere, che rimandano forse al tuo immediato futuro?

“R.R.” sarà il titolo del mio album, in uscita venerdì e fa riferimento al veliero che avevamo costruito nel giardino dei nostri nonni da piccoli, che sventolava la sua bandiera scarlatta e portava il nome di “Rubino Rosso”.
Ciò che mi convinse definitivamente ad intitolare in questo modo il mio primo disco, fu scoprire qualche anno fa, che la pratica della ciurma di cui parlavo prima, veniva chiamata Round Rubin.

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