I LEHAVRE sono uno di quei progetti che finiscono con il conquistarti fin da primo ascolto: un po’ perché diciamocelo, sentirsi sparare nelle orecchie la giusta dose di distorsione e rock’n’roll in mezzo alla desolazione del solito centinaio di ballate indie del weekend non è male.
E poi perché le idee del trio non sono affatto male, tutt’altro: c’è una chiara consapevolezza, nel linguaggio dei LEHAVRE, che chiudersi nel cerchio stringente della nicchia non serva di certo a rendere più “cool” il messaggio di un artista.
Così, nella cavalcata dei LEHAVRE, il punk si apre a sonorità diverse, più melodiche, che rendono il progetto campano un ottimo crossover tra esperienze solo apparentemente distanti, e fruibili a tutte le altezze e latitudini.
Potevamo esimerici dal fare qualche domanda alla band? Ovviamente, no. E quindi eccoci qui, a tu per tu con i LEHAVRE.
Benvenuti su Indielife, LEHAVRE. Allora, da dove cominciamo per raccontare al mondo “Come i Clash”, il vostro singolo di debutto?
Cominciamo con la prima nota: Mi. Aggiungere un pizzico di distorsione e omaggi a ciò che ami. Perchè ciò che ami, lo omaggi.
Un esordio che tuttavia viene da lontano, e cela una certa consapevolezza che non è certo tipica dei debuttanti. Avete tanta gavetta alle spalle?
Veniamo tutti da progetti che, principalmente a causa della pandemia, si sono arenati. 2 su 3 (Marco e Lorenzo, cantante/bassista e batterista) erano parte di Kafka Sui Pattini, mentre l’altro Marco suonava in giro con vari progetti. Ad un concerto lo abbiamo beccato con uno di questi nel fare una cover di Kafka Sui Pattini, quindi ci siamo detti: “ecco da dove ripartire”. La gavetta c’è, ma secondo noi conta poco. Contano le idee.
Raccontateci un po’ della band: come vi siete conosciuti, e da quanto suonate insieme.
Dei rapporti tra bassisti e batteristi non si parlerà mai abbastanza. Nel caso di LEHAVRE i due suonano insieme da più di quanto entrambi sarebbero disposti ad ammettere. L’ingresso dell’altro Marco alla chitarra è avvenuto circa un anno fa, ma è stato amore a primo accordo. L’amore sarà pure cieco, ma la Stratocaster di Marco ci vede benissimo.
Il progetto LEHAVRE porta un nome particolare, che sa di oceani e mari lontani.
Sa anche di cinema d’autore, giochi da tavolo, Ligue 1 francese e poesia. Non si prescinde dalla poesia.
Serve a dirci che anche voi siete in cerca della vostra terra promessa, magari lontana da qui? Che rapporto avete con la “musica in Italia”?
Non ci piacciono le terre promesse, preferiamo quelle conquistate (possibilmente armati di sola chitarra). E se c’è da giocarsela sulle chitarre, non ci riteniamo secondi a nessuno. Per quanto riguarda la musica italiana, il clichè della band indipendente/emergente che spara a zero sul mainstream non ci ha mai convinto. C’è tanta roba figa ultimamente: la scrittura di Tropico è disarmante, la dirompenza dei Maneskin è straordinaria. In classifica in Italia oggi ci trovi il rap, la trap, il pop e il rock. Peraltro con un’età media incredibilmente bassa rispetto al passato. Non credo sia mai accaduto prima, ed è bellissimo, anche se noi facciamo altro. “La corsa è lunga, e alla fine è solo con te stesso”, diceva qualcuno in un film.
Il vostro piglio punk tradisce l’idea che dal vivo possa essere tutto ancora più bello. State pensando ad un tour?
Chi suona e non ci pensa mente.