Tusco & Dj Ghost sono due artisti italiani appartenenti al mondo dell’hip hop. Dopo un’esperienza bellissima negli stati uniti e dopo alcune collaborazioni, hanno deciso di unire le forze e pubblicare insieme un disco dal nome Some steal some kill.
L’album è 100% hip hop boom bap e si può definire come un viaggio nel mondo del sampling, del turntablism e delle metriche intricate.
Abbiamo avuto il piacere di scambiare due parole con i ragazzi che ci hanno aperto le porte di un mondo, quello hip hop, che sta diventando sempre di più un trend nei media italiani.
Tusco e Dj Ghost. Benvenuti su IndieLife. Come vi siete conosciuti e come avete deciso di lavorare insieme a questo disco?
Grazie mille, è un piacere! Ci siamo conosciuti circa dieci anni fa ad una freestyle battle a Pavia, per entrambi fu una delle prime esibizioni dal vivo. Abbiamo poi scoperto di abitare nello stesso quartiere ed essere praticamente vicini di casa. Negli anni abbiamo condiviso tanti palchi ed esperienze che ci hanno portati naturalmente a fare questo album insieme, era destino.
Voi fate parte della scena hip hop. Ci sono altri generi che fanno parte del vostro background o del vostro quotidiano?
Entrambi abbiamo ascoltato e siamo influenzati da diversi generi. Ad esempio, il funk e il soul hanno un forte impatto sulla nostra musica, così come il raggae. Sono generi che ci accompagnano anche nei viaggi in auto o nei momenti di chilling.
Ascolta il disco “Some steal some kill”:
Come studiate la musica? Cosa vi ha formato nel tempo e cosa vi forma oggi?
Sicuramente ascoltare tanti dischi e partecipare ad eventi e concerti ci ha formato nel corso del tempo, osservare come gli artisti che sono per noi fonte di ispirazione si comportano sul palco o interagiscono con il pubblico è una grande scuola. Viaggiare e collaborare con altre realtà musicali ci aiuta a crescere ogni giorno. Sicuramente nel tempo tanta pratica, quello è obbligatorio.
L’hip hop è un genere molto in voga ultimamente. Questo danneggia gli artisti underground o, in qualche modo, li avvantaggia? Voi come vivete la cosa?
Sicuramente questa situazione può creare qualche nuove possibilità, l’altra faccia della moneta è la saturazione del mercato, creando un calderone indistinto di emergenti dove non sempre il valore artistico prevale essendo coinvolte dinamiche di marketing.
La scena e il movimento sono maturi abbastanza da contenere un ecosistema di stili e sound diversi, noi crediamo che, anche nell’underground, originalità e qualità vengano sempre premiate. Il nostro mantra è essere autentici e fare musica con dei messaggi che rappresentino la nostra community.
“Some steal some kill” esce per un’etichetta tedesca, la VinylDigital. Come mai siete arrivati fino in Germania? Cosa dice questa vostra scelta della discografia italiana?
In Italia abbiamo avuto qualche contatto, alla fine abbiamo scelto VinylDigital con la quale ci siamo trovati molto bene lavorando insieme a “Kids from the corner EP” con Readyrockdee da New York. Si tratta di una realtà molto professionale che opera in modo specifico nel nostro settore.
Potreste dare ai lettori un quadro del vostro disco? Sui temi, sui tipi di suoni, sulle atmosfere?
Certo! Una figura ricorrente mentre lavoravamo al disco era quella della Jungla di cemento, una metafora emblematica per l’hip hop. I ricordi di storie del quartiere, esperienze vissute e i fatti di tutti i giorni, nonché le riflessioni che ne conseguono, sono l’essenza dei testi e del disco. Dal punto di vista del sound, i beat nascono da campionamenti di vinili Jazz, Funk, Soul, progressive rock & Reggae, lavorati nell’mpc con tutte le sfumature e caratteristiche che ne conseguono, in alcuni casi produzioni arricchite da interventi di musicisti che abbiamo registrato in studio e che ringraziamo (Downtown Studios Pavia). Le atmosfere variano, passando da momenti “grimy” a pezzi più chill e spensierati per mantenere un equilibrio e coinvolgere l’ascoltatore in un percorso musicale da ascoltare dall’inizio alla fine.
Guarda il video:
Voi vi occupate anche di laboratori. Qual è il potenziale di questi momenti? Ci fate degli esempi?
I laboratori rap in periferia hanno un potenziale enorme. Sono spazi di espressione dove i ragazzi possono condividere le proprie storie e la propria creatività, trovando una voce in un contesto spesso trascurato. Questi laboratori offrono non solo la possibilità di imparare tecniche di scrittura e produzione, ma anche di costruire comunità e favorire il dialogo.
Ad esempio, in uno dei nostri laboratori abbiamo lavorato con ragazzi che affrontavano situazioni difficili nella loro vita quotidiana. Attraverso la musica, sono riusciti a trasformare queste esperienze in testi potenti e significativi, girando un videoclip o salendo sul palco per la loro prima esibizione davanti al pubblico. Questi momenti non sono solo un’opportunità per insegnare, ma anche per imparare: siamo i “docenti” ma in realtà tante volte il rapporto è paritario, questi ragazzi ci arricchiscono e ci mostrano la potenzialità e il talento inespresso dei quartieri e nelle zone più “dimenticate” delle città.
Cosa fate nella vita privata oltre alla musica? Come riuscite a bilanciare le due cose?
La musica è davvero il fulcro delle nostre vite e da qualche tempo stiamo provando entrambi a vivere solo di questo con tante soddisfazioni e anche ovviamente dei sacrifici. Non solo musica dal vivo e pubblicazioni ma anche laboratori e workshop. Ghost ha uno studio di registrazione a Pavia (Milledue Room), oltre ad eventi e concerti ai quali partecipiamo per piacere.
Qual è un vostro goal per il futuro?
Un obbiettivo imminente è quello di riuscire a stampare in copia fisica “Some Steal Some Kill”. La massima aspirazione è quella di continuare a crescere per far sentire la nostra musica ad un pubblico sempre più vasto, continuando a collaborare con artisti che stimiamo sia in Italia che all’Estero.