L’introspezione tra contraddizioni e libertà artistica: SELENIO ci racconta “Giù”

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In un panorama musicale in continua evoluzione, SELENIO si distingue per la capacità di affrontare temi universali con una voce intima e sincera: con il nuovo singolo “Giù”, pubblicato l’8 novembre per TSCK Records, l’artista ci invita a riflettere sul dualismo tra amore e odio, tracciando un parallelo tra emozioni personali e dinamiche collettive.

In questa intervista, esploriamo il processo creativo dietro al brano, l’impatto generazionale della sua musica e la sua visione per il futuro, dove la libertà artistica e il legame con il pubblico restano centrali nel suo progetto.

Intervista a Selenio su “Giù”

Giù”, il tuo nuovo singolo pubblicato l’8 novembre è una canzone d’amore e odio. Che messaggio speri arrivi al tuo pubblico attraverso queste contraddizioni?

In realtà io non vedo delle contraddizioni nella canzone credo che in realtà amore odio siano indispensabili e facciano parte di un dualismo eterno, se vuoi anche banale ma necessario nella vita. Spesso, infatti, ci motiva più l’odio piuttosto che l’amore e per quanto sbagliato bisogna prenderne atto.

Quante volte, ad esempio, ci appassiona l’essere contro qualcuno piuttosto che l’essere pro qualcuno? Basti pensare alla politica, o al calcio o alla musica stessa e a quanto, in effetti, gli hater abbiano più potere degli ammiratori, ma anche a quanto gli uni e gli altri siano interconnessi.

C’è un’emozione in particolare che ti ricordi che ti ha aiutato tantissimo nello scrivere questo pezzo?

Vorrei darti una risposta figa e da personaggio ma in realtà non posso.

E non posso perché questo brano ha avuto un percorso decisamente travagliato ed è mutato negli anni, nelle situazioni e nel tempo più in generale. “Giù” oggi come oggi è il risultato di qualcosa che proviene da un passato lontano qualche anno ma che si è poi concretizzato nelle settimane precedenti alla sua uscita

La tua musica si rivolge a una generazione spesso descritta come disillusa. È davvero così per te?

Sì Assolutamente sì. Provengo da una famiglia non ricca del Sud Italia, ma credo di poter rappresentare molti ragazzi che come me hanno vissuto un’infanzia semplice e bellissima. Spesso ci bastava sognare dietro i cartoni giapponesi o i videogiochi o la partita di calcio la domenica per provare emozioni forti e per imparare a crescere. Tuttavia, penso sia la generazione che più di tutte le altre sta pagando lo scotto delle crisi mondiali e continuerà a farlo, non solo verso i boomers ma anche nei confronti delle nuove e rampanti generazioni digitali (la Z e la alpha).
Infanzia fantastica, età adulta di merda.

Guardando al futuro, cosa ti immagini per il tuo progetto musicale nei prossimi anni?

L’unica cosa che sono in grado di immaginare è quella di mantenere la mia forte libertà artistica e di continuare a lavorare con persone che sono stimolanti dal punto di vista umano e musicale.

Pensi che l’esperienza live sia ancora fondamentale per entrare in contatto con il pubblico, anche nell’era dello streaming?

Vorrei risponderti di sì perché per me la musica dal vivo e stata la formazione più forte che io abbia avuto a livello artistico musicale, ma credo che non sia più così tanto fondamentale almeno per adesso. Spero che la ciclicità delle cose delle mode riporti la musica dal vivo a essere centrale nei piccoli nei media e nei grandi locali e più importante nella vita delle persone.

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