Tandem Ep parte 1: filosofia critica in metrica

Tandem Ep parte 1 è il disco d’esordio di Reef I e Rénton

Il rap si radica spessissimo nell’immaginario della periferia della grande città da cui l’artista emergente, a suon di spallate, gavetta e sacrifici, emerge imponendosi sulla scena musicale. Tandem Ep parte 1 è il primo passo di un racconto simile, narrazione che vede al centro Reef I e Rénton, due cantanti emergenti provenienti dal comasco.
Il duo proviene da Canzo, un piccolo paese vicino al lago di Como incastonato ai piedi delle montagne; non esattamente la location tipica dell’immaginario del musicista di successo. Ma Michele Proserpio, classe 2003, e Samuele Rosi, 2002, hanno deciso di raccontarsi e raccontare la voglia di sfuggire al provincialismo traducendola in un Ep pieno di riferimenti psicologici, filosofici e politici.

Rime dalla provincia

Tandem Ep parte 1 contiene 5 tracce che spaziano per temi e linguaggio, mostrando una varietà concettuale e lessicale non indifferente. Certamente, non manca la canzone classica “à la Ernia” sull’amore, la solitudine e gli sforzi per reagire, ma questa è una parentesi commerciale in un disco che, nonostante la brevità, non si può non definire impegnativo.
Già dall’intro di Es emerge la vena critica nei confronti della società contemporanea:

Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo… Alla fine scegliete di marcire.

Ma è ne Le stagioni in provincia che emerge l’essenza di Tandem Ep parte 1. Il concetto di “stagioni in provincia” appare già nella prima traccia, Es, quando Reef I canta “Le stagioni in provincia non passano mai/ per questo bevo e poi sfaso”, ma diventa titolo nel quarto brano.
Il riferimento è a Marcovaldo ovvero Le stagioni in città di Italo Calvino, che viene anche esplicitamente citato nel ritornello. Se nel libro dell’autore italiano venti novelle raccontano le vicende del personaggio omonimo, nel brano di Reef I e Rénton la provincia diventa luogo di omologazione e noia da cui i due cantanti intendono emanciparsi.
Le stagioni in provincia però è pervasa di politica e riflessioni critiche contro la società del consumo. L’appiattimento della personalità e il rischio di soffocare nella ripetizione non sono solo causati dalla monotonia del paesino extraurbano, ma dal sistema sociale stesso che depersonalizza e nega ogni possibilità di autodeterminazione a chi vi si allinea.
Va sottolineata la maturità dei due rapper, che non si accontentano di lamentare banalmente la negazione della propria presunta originalità, ma non si fanno scrupolo a denunciare quegli aspetti sistemici che negano di fatto la libertà agli individui.

Qualche esempio?

Difatti è sempre buio e se c’è il sole piove,
la società mi conta solo in otto ore,
ma il mio signore non è un pigmalione:
sono solo un giovane e lui è il padrone

Dovevo cambiare punto di vista
e credere a chi dice che basta volerlo,
poi chi lo dice è il primo ad averlo.
Il destino è già deciso dentro il grembo
colpa di chi prega come padre eterno Taylor

Il bersaglio è chiaro: il liberismo, lo sfruttamento economico, il padronato di fabbrica e tutti quei dispositivi che ne supportano le tesi (lo psicanalista come medium tra le contraddizioni strutturali e il soggetto da “placare”).

Prima parte della ricerca del successo

Dopo un brano del genere il titolo della traccia conclusiva, Se tutto va bene, sembra quasi ironico. Eppure, con questo brano si torna nei topoi del genere e concludendo il cerchio concettuale di Tandem Ep parte 1.
Dalla provincia, Reef I e Rénton cominciano ad emergere sulla scena. Quest’ultima canzone è la tipica rivendicazione di successo e di brama di successo.
Ma c’è sempre un’ombra: la depersonalizzazione e il capitalismo sono sempre in agguato.
Chi arriverà primo, i due rapper o l’oppressione sociale? Potremmo scoprirlo nella seconda parte di Tandem Ep.

di Pietro Caresana

Serena Altavilla, fuori il 9 aprile il nuovo album “Morsa”.

Serena Altavilla: venerdì 9 aprile fuori il suo primo album da solista, dal titolo “MORSA”. Sarà disponibile in CD e sulle piattaforme digitali. L’album è anticipato dal singolo “Epidermide”, che potete ascoltare di seguito.

L’album mescola le attitudini dark e romantiche dell’artista. Si tratta di dieci brani sperimentali, con un tocco di teatralità. Ma non si rinuncia ad un’autentica espressione di una fragilità non del tutto nascosta.

Serena Altavilla ha raccontato, nella conferenza stampa del 6 aprile, che il processo creativo dei brani è nato a partire dai suoni. Suoni che, gradualmente hanno preso forma anche in parole, con il supporto di Patrizio Gioffredi. Quest’ultimo è anche regista del videoclip del primo estratto, “Epidermide”.

“La parola ha una certa gravità” spiega l’artista. “Per questo album è successo che le parole sono sorte successivamente” continua.

E a proposito del lancio dell’album, Serena si sente “felice e pronta, dopo un lungo lavoro”.

Dunque, dopo un passato rock alternativo, Serena Altavilla cerca nuovi suoni e sensazioni e propone un album a metà tra la morbidezza e l’aggressività. Che è un po’ come sentirsi stretti in una morsa.

Un album, una “scalinata interiore”, per arrivare al riconoscersi come esseri erranti tra l’onirico e il reale: il nuovo progetto di Serena Altavilla è davvero personale, autentico e notevole.

Segui Serena su Instagram!

Leggi anche la guida all’ascolto dei singoli di marzo!

Tra le nuvole con Nube, l’intervista

Venerdì scorso ha visto la luce “come un film di wes”, il primo singolo di nube per Revubs Dischi; la ballad del cantautore astigiano è subito stata notata, tra gli altri, anche da Spotify, che ha deciso di inserirla nelle sue playlist editoriali New Music Friday e Scuola Indie. Per convincere anche voi a fare lo stesso, abbiamo fatto qualche domanda al ragazzo:

Ciao Nube, benvenuto su Indielife! Domanda spaccaghiaccio utile ad introdurti: tre aggettivi capaci di raccontare Nube. Nel bene e nel male!

Ciao e grazie per avermi voluto qui! La domanda sugli aggettivi mi mette sempre in crisi, ti dico nostalgico, malinconico e lunatico.

Come comincia il tuo rapporto con la musica? Qual’è il primo ricordo che hai di te su un palco?

Il mio rapporto con la musica inizia da prima che nascessi, da quando mia madre col pancione ascoltava Bregovic e musica balcanica. E’ un rapporto che non si spiega, c’è e ci sarà sempre. Il primo ricordo sul palco è legato alla mia prima band in cui facevo il batterista, la serata si chiamava “Prismart” e fu una delle più belle serate della mia vita. Ricordo quel periodo, fine della quinta superiore, come un vortice incessante di emozioni e mi manca da morire.

E invece, di momenti imbarazzanti “on stage” ne hai vissuti? Raccontacene almeno uno!

Il momento più imbarazzante sul palco è stato quando ho dovuto cantare un pezzo che era originariamente di 80bpm a 120bpm perché sbagliammo i settings di Ableton, il risultato fu abbastanza esilarante.

“Come un film di Wes” è il tuo primo singolo per Revubs Dischi. Il brano sembra raccontare un amore che si fa tormento, dipinto con una “color correction” che effettivamente ricorda lo stile di Wes Anderson. Linguaggi che si incontrano e si incrociano: che rapporto hai con il cinema, e con il suo tipo di scrittura?

Il cinema mi è sempre sembrato, insieme alla musica, il modo migliore per evadere dalla realtà. Mi lascio ispirare molto dai film che vedo e dalle immagini in generale, molte volte mi capita di scrivere immaginandomi già il video musicale. “Come un film di Wes” è la traduzione musicale delle emozioni che mi danno i colori di Wes Anderson nel film “Moonrise Kingdom”. Ci tengo a ringraziare Gianvincenzo Pugliese ed Alessandro Rocchi per la realizzazione dei video promozionali.

Ma come mai proprio “Nube”? Alla fine del tuo brano canti, al destinatario del pezzo, che è come una goccia di pioggia che rinfresca la tua testa incasinata. Insomma, sembri un vero appassionato di rovesci e precipitazioni! Cosa rappresenta per te la nube, la pioggia, il maltempo in generale?

Ho scelto il nome Nube perché le nuvole rappresentano pienamente il mio modo di vedere e vivere il mondo. Le nuvole non hanno una forma unica e si lasciano trasportare dal vento senza sapere dove le sta portando, questa è un po’ la mia visione del mondo che si riflette anche nel mio modo di produrre. In generale il vento, la pioggia ed il maltempo mi mettono di buon umore, non a caso la mia città preferita è Londra.

Vetrina dei consigli: tre artisti emergenti che spaccano.

Mi piacciono moltissimo Frambo, Fotomosse e ovviamente mio fratello Maelstrom a cui produco i brani.

“Hey Baby”, pubblicato il nuovo singolo di Harveey

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Hey Baby, disponibile in streaming a partire dal 2 aprile, è il nuovo singolo ufficiale da solista di Harveey,  che apre le porte ad un percorso misto trap/r&b, dalle sonorità morbide ma pungenti. Harveey, al secolo Fabio Crescenzi, nasce il 10 marzo del 1996 in un quartiere periferico della zona est di Roma dove cresce e sin dai primi anni dell’adolescenza si appassiona alla musica rap, avvicinandosi molto giovane alla scena musicale della sua città. Venendo da un percorso prettamente underground, dove ai tempi era conosciuto con un altro nome, si accosta poi alle nuove sonorità della scena trap, fondando nel 2019 il gruppo musicale “De La Rue”, con all’attivo diversi videoclip e l’uscita di un disco prevista per l’estate 2021. Il 10 luglio 2020 esce il videoclip del suo primo singolo ufficiale da solista, “Wela”, con l’intento di portare in Italia le influenze centro-europee che nel corso degli anni lo hanno influenzato, proponendo un brano dal ritmo estivo su un giro di base dancehall.
Harveey
Harveey
Il 2 aprile 2021 Harveey pubblica Hey Baby un brano che racconta di una storia d’amore, sofferta quanto voluta, che proprio a causa della sua intensità si pone in maniera incerta nei confronti del futuro, esprimendo chiaramente il concetto di “protezione” nei confronti della persona amata, nonostante i dubbi che la vita porta con sé. Concetto che trova anche un’ulteriore possibile conferma e interpretazione nell’opera raffigurata in copertina del singolo, “Amore e Psiche” di Canova. «Il brano nasce in una malinconica notte d’inverno – ci spiega Harveey dalla necessità di esprimere quel sentimento che accompagna chiunque si trovi a fronteggiare un amore “lontano”, che sembra non riuscire ad avvicinarsi mai, ma che nonostante tutto non cessa di esistere.» Ascolta Hey Baby su Spotify: https://open.spotify.com/track/49KjoOjHH4SoBnxRdU62TK?si=DTJmNaCORwWOR1dYWGFPjg Il singolo Hey Baby è già disponibile sulle migliori piattaforme di streaming e sarà accompagnato dal videoclip ufficiale che verrà pubblicato a breve, stay tuned. Credits
  • Autore: Harveey (Fabio Crescenzi)
  • Compositore: Gianbeat
  • Fonico: Alaska Nation (Danilo Rossi)
  • Grafiche: Myzone.raw
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Between darkness and light

Existence’s mysteries in Lino Di Vinci’s artworks

By Chiara Barbagallo

Circular shapes always had a strict bond with spirituality and with what is precisely defined ‘the circle of life’. This phenomenon can be explained with the never-ending alternation between day and night, with the perennial succession of seasons, and with the perpetual flux of birth, growth, and death typical of all living beings.

Lino Di Vinci, an artist who has displayed his works in many countries of the world, applies to his art this cyclicality specific of human existence. Indeed, during his long career, he alternated and he still alternates now periods in which he devotes himself to artworks he defines as ‘nocturnal’ to periods in which he realizes more joyful and brighter works.

Lino Di Vinci - Blue Scream and Kaleidoscope

This choice of him is not a simple repetition of stylistic features, rather it’s a way to renovate himself in a continuous growth always remindful of his path.

Circle it’s just one of the many symbols in Lino Di Vinci’s artworks. Another one is the eye, which actually has in it two circular shapes: iris and pupil.
Eyes, in his works, are overabundant, floating, and open, observing viewers and trying to make contact with them. Eyes refer to knowledge and clairvoyance of timeless figures inhabiting his paintings, they refer to the search of truth about our first origin and about the meaning of life.

Lino Di Vinci - Secret Garden

Through his art, Di Vinci wants to question and at the meantime stimulate viewers to question themselves about existence. However, he doesn’t suggest answers so that leaving a sense of mystery.

Maybe it’s also for this reason that his paintings are settled in indefinite spaces, far from everyday’s reality, non-dimensional and suspended, almost dreamlike, as marine and subconscious depths, and as cosmic space. Titles themselves evoke those places: Sidereal travel, Lost in the infinite, Far in time, Anywhere, Elsewhere
In contrast, some works with a circular cut seem enlargements made with a microscope.

In each way, all of these are places or spaces invisible to the naked eye, and it’s also for this reason that many eyes were drawn: to make us remember that the only eye able to see everything is that of spirit and mind.

Besides exploring different environments, the artist experiments many techniques and materials, from canvas to paper, from metal to plexiglass.

Lino Di Vinci - Light box Invaders

Lately he even juxtaposed his paintings to lights creating Light boxes, real 3D structures in which light backlights artworks made by Di Vinci on plexiglass. In this way, polymorphic shapes of those beings, defined ‘invaders’ by series’ title, seem more alive and so more disturbing.

Mystery’s fascination is a constant in his works, also in those more serene, like in Floating Colours series or in the ethereal and inscrutable springlike faces of some artworks.

Lino Di Vinci - Presences and Floating Colours

Artist’s aim is to transpose his emotions in a sort of cathartic process but never making them evident. He shows and at the same time he hides feelings and messages in order to let viewers identify themselves in his art even with their complex and multiple diversities.

Di Vinci’s language is, quoting one of his artworks’ title, a real ‘secret code’; but it’s also a universal code because each human being can decode it.

Lino Di Vinci - Secret code

Useful links: linodivinci.com
instagram.com/linodivinci/

Italian version: Tra il buio e la luce

Photo courtesy of the artist

Un caffé (virtuale) con Eleonora Elettra

In occasione dell’uscita del suo secondo singolo per Luppolo Dischi, abbiamo fatto due chiacchiere con l’artista riminese Eleonora Elettra riguardo a “Ora che non ho”, prodotto insieme al chitarrista Luca Arduini:

Ciao Eleonora Elettra, cominciamo con le domande scomode, per levarcele subito: facci capire di che pasta sei fatta esprimendo l’opinione più “impopolare” che condividi!

Ciao a tutti! Non mi piace “Il signore degli anelli” può bastare? 

Sei al tuo secondo singolo per Luppolo Dischi; oggi, sembra che essere indipendenti sia la prerogativa di tanti. Cosa ti ha spinto a sposare la causa del sodalizio romano? Che cos’è che ti ha fatto capire che quella sarebbe stata la giusta realtà, per la tua musica?

Sono d’accordo sul fatto che la realtà indipendente sia diventata una prerogativa e ne sono felice in quanto si creano diverse piccole realtà, ognuna caratterizzata dalla propria personalità. Ho scelto di collaborare con i ragazzi di Luppolo perché si sono interessati alla mia musica e l’hanno compresa in ogni sua sfaccettatura. Inoltre, mi è piaciuto il loro modo di lavorare con gli artisti e l’idea di crescere insieme.

Tra l’altro, con Luppolo hai già pubblicato un singolo. Esiste un filo che unisce, in qualche modo, “Quanto di noi sono io” e “Ora che non ho”? Entrambe hanno dei titoli parecchio suggestivi!

Sì è vero, entrambi hanno dei titoli personali e suggestivi. Penso che ci sia un filo che le lega in quanto il centro è sempre l’individuo, ovvero il cercare delle risposte di vita. “Quanto di noi sono io” è un brano più criptico, difficilmente comprensibile, invece penso che “Ora che non ho” sia più diretta per chi la ascolta.

“Ora che non ho” sembra parlare di misure colme, gocce che fanno traboccare il vaso e necessità di liberazione che non riesce più a rimanersene stretta in pose contratte e abusate. E’ il tuo grido di libertà, anche nei confronti del tempo che stiamo vivendo?

Sicuramente è un grido di libertà che possiamo far nostro in un periodo così complesso e che di libertà ne ha eccessivo bisogno, però l’ho scritto prima che accadesse tutto ciò. “Non mi basta la realtà”, come hai detto, è necessità di liberazione, ma con consapevolezza di ciò che si vuole.

Come nasce il brano? Il sound è molto compatto e “suonato”, qualità che oggi sembra essere sempre più rara…

Insieme ai ragazzi che lavorano con me, che sono bravissimi e ringrazio, abbiamo deciso di dare a questo pezzo una direzione più Neo-Soul: “compatto” è un aggettivo che mi piace molto, esprime perfettamente il sound che volevo dare al mio brano perché esprime un’idea di concretezza del suono che come dici tu, è sempre più rara ai giorni d’oggi.

Come si collegano tra loro Bruno Mars e Lucio Dalla? Raccontaci un po’ il tuo retroterra musicale!

Difficile collegare due artisti così agli antipodi: Bruno Mars scatena la mia indole “ballereccia” e mi lascia a bocca aperta per il suo essere eclettico. Invece Lucio Dalla che dire? È il cantautore del cuore, quello che sa dire la parola giusta al momento giusto. 

Classica delle domande finali: e ora? Disco in vista?

Passo per passo… l’idea e il materiale c’è, stiamo lavorando per far sì che in futuro accada. Grazie mille per la bella intervista e spero vi sia piaciuta “Ora che non ho”.

“Luna, ovvero Nessuno” : Intervista all’autore del romanzo, Leonardo Angelucci

“Luna, ovvero Nessuno” è il romanzo che vi abbiamo presentato qui, con la recensione di questo romanzo d’esordio di Leonardo Angelucci.

Riguardo questo romanzo onirico e avvincente c’è tanto da dire.

Di seguito, l’intervista all’autore Leonardo Angelucci.

In questo romanzo il tema centrale è il gioco dei piani temporali. Come mai questa scelta narrativa?

Ho voluto rappresentare nel mio primo romanzo un immaginario che a me piace a livello letterario e cinematografico, che fosse quindi di avventura, fantascienza e con un pizzico di esoterismo e mistero. Il tutto legato dall’arte, dalla cultura in generale. Come si può notare, nel romanzo appare la figura di Fernando Pessoa che oltre a essere uno dei più grandi letterati e poeti del Novecento, è stato anche una persona molto enigmatica e realmente appassionato di numerologi, astrologia.

Dunque, da fan di film stile Ritorno al futuro, in un momento di immobilità come quello che abbiamo vissuto nel primo lockdown, ho scelto di viaggiare con la mente. Per viaggio intendo non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Così ho scelto di andare nella mia città europea preferita ma anche di vederla in un’epoca che decidevo io. E così ho scelto anche di far incontrare il personaggio principale, Luna, nonché il mio alter-ego femminile, con Fernando Pessoa.

A questo proposito, secondo te, i tempi che stiamo vivendo sarebbero stati definiti molto più bui da un essere umano che ha vissuto nel 1920?

Bella questa domanda. (Ride, ndr). Secondo me sono differenti gradazioni di buio, di nero. Magari quei tempi erano bui date le vicissitudini politiche legate alle guerre mondiali, ai totalitarismi e ai conseguenti sconvolgimento geo-politici. Magari ad oggi si può parlare di tempi bui data la situazione di iper-connessione dettata dai progressi tecnologici e data la conseguente alienazione. Non solo: oggi è parecchio diffusa la paura del giudizio altrui.

A questo punto, ti chiedo se è stato difficile far trasparire il tema della ricerca dell’io più autentico.

In realtà questo aspetto traspare da sé. La prima parte del libro l’ho scritta molto di getto. All’inizio mi sono divertito a presentare i personaggi e le ambientazioni lasciandomi guidare dal flusso creativo. Ma poi dovevo dare ovviamente un senso alle vicende. E così ha iniziato a emergere la riflessione sulla ricerca dell’io, che viene vissuta pienamente dalla protagonista Luna. Dunque, la tematica è sorta abbastanza spontaneamente e mi ci ritrovo molto in questa idea di ricerca personale.

Sono sempre stato definito eclettico, che sia un difetto o no, io da sempre mi sento di vestire diverse personalità artistiche. Nel romanzo ho esasperato l’idea di eclettismo trasferendo le spersonalizzazioni alla protagonista …

Dalla trama in sé si percepisce come spesso viaggiare nel tempo possa implicare anche viaggiare nello spazio, a determinare una “geografia delle infinite possibilità”. Domanda difficile: in fase di elaborazione della trama, hai mai temuto di disperderti tra le infinite possibilità temporali e spaziali? O hai avuto la trama ben chiara sin da subito?

Scrivere un libro che riguarda anche il tema del viaggio nello spazio e nel tempo è un’impresa ben difficile. Ho cercato di stare attento ai dettagli storici, di contesto. Lisbona come ambientazione è stata ben chiara dall’inizio. Poi ho pensato che sarebbe stato interessante far incontrare la protagonista con lo scrittore Fernando Pessoa.

“Luna, ovvero Nessuno”. Parte 2 ?

E dunque, si può sperare in un seguito di questo romanzo?

Sì, preso dal flusso creativo del primo libro ho iniziato a scrivere il seguito e non so ancora se questo secondo capitolo possa chiudere definitivamente la storia. Potrebbe anche essere una trilogia. (Ride ndr). Scrivo per istinto creativo.

Ponendo che l’io sia un microcosmo, e che ognuno sia un micro-cosmonauta, tu, saresti comunque uno di quelli che si siede vicino al finestrino?

Bello. Sì, per osservare quello che è il proprio microcosmo e anche gli altri microcosmi. Ecco, da sempre sono un osservatore e un curioso. E credo anche che la curiosità sia uno dei motori della creatività.

Quindi sì, credo che mi sederei vicino al finestrino per godermi il viaggio.

Grazie.

Intervista a cura di Michela Moramarco

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Rivoluzione Artistica di Davide Pagnini

Davide Pagnini, artista nato a Pesaro, presenta per PMS Studio il suo nuovo singolo “Rivoluzione Artistica”. Pagnini è già noto al pubblico per vari lavori di pregevole fattura e che hanno già ottenuto degli ottimi riscontri tra i quali citiamo gli album “Schizzi” e “Maschere” e I singoli “Chiedersi Perché” e “Alla Follia” (sempre con PMS Studio), vantando anche premi e riconoscimenti a manifestazioni come il “Tour Music Fest” (tra i 15 finalisti, vincitore come “high quality artist”)  e alla rassegna “Bologna, una città per cantare” (miglior testo per “Ballerino di Jazz”).

Ma veniamo a questo nuovo singolo “Rivoluzione Artistica”. È un pezzo da 6 minuti e già questa è una rivoluzione viste le produzioni attuali sempre più brevi ed usa e getta. Il pianoforte, l’orchestra e la voce morbida di Davide Pagnini si incontrano durante la canzone e quando si uniscono è davvero poesia. Ma la poesia vera è il testo di questa canzone, che unito ad un arrangiamento struggente ed emozionante non possono far altro che affascinare ed abbracciare l’ascoltatore, portandolo totalmente dentro al messaggio di questo brano. “Rivoluzione Artistica” è un manifesto alla bellezza in musica, al credere in noi stessi senza temere il giudizio della gente. Dobbiamo ripartire da noi e dalla nostra veste più intima e vera, avendo la certezza di ciò che siamo di quanto valiamo per evolvere la nostra anima con autenticità. Opera d’arte davvero profonda, emozionante e coinvolgente.

Thomas Libero

Attraverso le brecce nel muro di Caravelle, l’intervista

Il 20 marzo è uscito un brano particolarmente interessante intitolato “Muro di Berlino”: l’artista in questione è CARAVELLE, il brano è stato prodotto da Zafa e distribuito da Artist First e noi di Indielife, da semper più che attenti all’emergente in emergenza, non potevamo non intervistarlo. Eccone il risultato: 

Descrivi “Muro di Berlino” in tre parole

Istintiva; per come è nata. Le emozioni/sensazioni provate dopo aver incontrato una persona importante sono uscite liberamente al ritorno in macchina e nel mix di felicità, consapevolezza, tristezza, cose dette, non dette, dette diversamente dal voluto ecc… già era presente all’interno “Muro di Berlino”.

Romantica; il testo accompagnato dalla produzione crea un’atmosfera molto romantica, soprattutto nelle strofe, dove la linea melodica riesce ad evocare anche un velo di malinconia.

Pazza; musicalmente parlando è una canzone un po’ pazza, nel senso che parte in un modo molto sospeso, quasi non si capisce dove vuole andare a parare; dopodiché prende forma e sembra stabilizzarsi su un ritmo soft, ma proprio quando pensi si sia stabilizzata che arriva il ritornello, invece molto più ritmato. Discorso analogo per quando subentra nella seconda strofa una parte più parlata. Insomma è caratterizzata da continui e non previsti cambi di ritmo.

Ci racconti la collaborazione con Zafa, produttore del brano, per questo singolo?

Con Giovanni ormai ci conosciamo bene, abbiamo lavorato insieme su diversi brani e con lui sento di potermi esprimere come voglio, perché c’è una grande intesa che parte dal mondo musicale e arriva a quella quotidiana. Per “Muro di Berlino” è stato comico il momento in cui abbiamo avuto l’idea di mettere la cassa dritta nel ritornello, perché eravamo completamente proiettati su un’altra tipo di canzone. Partendo appunto da un’idea e facendo piccoli cambiamenti abbiamo pian piano intravisto un’altra strada, cosi abbiamo iniziato a strafare per divertirci e fomentarci allo stesso tempo, solo che più lo facevamo per scherzo e più realizzavamo che non ci stava male. Così è nata “Muro di Berlino”. 

Un artista con cui senti di avere affinità?

In realtà spero che si senta, con il passare del tempo e in modo sempre più marcato, il mio stile, una mia “impronta digitale”. Delle affinità le vedo con Franco126 e Peter White, ma stiamo parlando di due mostri sacri per ora inavvicinabili. 

Secondo te la musica può aiutare davvero ad “evadere” da questo lockdown?

Ricordo una vecchia intervista dove mi veniva chiesto un consiglio da dare ai lettori, risposi: “Fatevi accompagnare sempre dalla musica, perché è il miglior modo per tenersi costantemente in contatto con la propria intimità”. Non credo sia una frase riconducibile ad un momento specifico, ma oggi più che mai, credo sia utile sfuggire per qualche minuto alla realtà e stare bene con se stessi…e la Musica è maestra nel farlo.

E ora cosa possiamo aspettarci da Caravelle?

Prossimamente usciranno altri due singoli, il primo rappresenterà un’introduzione all’estate, mentre il secondo l’estate inoltrata, o meglio l’estate nella sua pienezza. Dopodiché ragionerò su un possibile album, ma il percorso è ancora molto lungo. Grazie per le domande, un abbraccio a tutti!

Leonardo Angelucci. L’esordio letterario con “Luna, ovvero Nessuno” – Recensione

Leonardo Angelucci è un artista, un musicista poliedrico. Ma oggi vi raccontiamo un’altra storia, quella del suo esordio letterario.

Leonardo Angelucci scrittore

Luna, ovvero nessuno” è il libro che segna l’esordio letterario di Leonardo.

Si tratta di un romanzo scorrevole, un po’ come il tempo, entità che si potrebbe leggere come vera protagonista della storia.

Di fatto, la narrazione è estremamente agile nel movimento sinuoso fra i diversi piani temporali.

E la protagonista effettiva della vicenda, Luna, dovrà sapersi orientare nelle vicende che si rivelano via via sorprendenti.

Queste turbolenze temporali non sono solo espedienti letterari, bensì modi per vivere un’altra dimensione dell’irreale.

Luna, si ritroverà quindi catapultata in un’altra epoca. Ebbene, l’epoca giusta per incontrare Fernando Pessoa. Personaggio immaginario, ma non troppo, con cui non mancano dialoghi velatamente ironici.

Effettivamente, i riferimenti allo scrittore portoghese rendono la trama avvincente, colta e mai banale.

A fare sfondo a gran parte della trama, infatti, c’è una Lisbona degli anni ’20 del Novecento.

Dunque, a metà fra epica fanta-scientifica e romanzo di formazione, l’intrigante trama di “Luna, ovvero Nessuno” non rinuncia al gioco dello scambio di persona. La protagonista sarà abile nella strategia del cambio di nome, a creare un fitto tessuto di intrighi.

Irresistibile quindi la corsa al capitolo successivo.

Si tratta complessivamente di un racconto avventuroso dell’inquietudine del vivere un tempo che si percepisce a sé stessi sbagliato: il romanzo è un’opera che rende impossibile non desiderare un seguito.

A cura di Michela Moramarco

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Leggi anche l’intervista all’autore Stefano Pomes.