Montecreesto, il video di “Citazioni pop” è ispirato alla pop art

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Esce il video di “Citazioni pop”, il nuovo singolo di Montecreesto, pubblicato per Magma Music il 7 luglio scorso.


Il cantautore e polistrumentista napoletano classe 1994 racconta con molta ironia un amore immaginario che prende vita nella testa di un ragazzo afflitto dalla routine quotidiana. Nello stesso tempo, prende in seria considerazione la condizione sociale dei protagonisti della canzone.

“Citazioni pop”, il videoclip


Il video, con le illustrazioni di Simon TheGraphic e il motion graphic design di Frank Paciello, è ispirato alle opere dei rappresentanti più noti della pop art, racconta l’artista:

Si tratta di un lyric video e di fatto è un affresco pop art della mia colorata malinconia. È questo che credo dovremmo fare: colorare le nostre emozioni, per poterle vivere fino in fondo. Mesi fa sono stato ad una mostra di Warhol (tra i miei artisti preferiti). Mi ha folgorato la sua capacità di ricavare concetti così profondi da oggetti quotidiani così semplici. È quello che ho provato a fare con il brano, ovvero filtrare uno stato d’animo complesso, attraverso l’ironia e la semplicità lessicale, così che potessero riconoscersi tutti: pop art for pop people!”.

Chi è Montecreesto, la biografia


Arcangelo Curci, vero nome di Montecreesto, si avvicina concretamente alla musica nel 2008, suonando prima la batteria, poi il pianoforte e iniziando presto a comporre i primi testi. Nel 2015, senza troppa convinzione, si iscrive alla facoltà di biologia. Contemporaneamente parte per un tour, che durerà circa due anni e lo porterà in tutta Italia, insieme al rapper Francesco Paura.

Dal 2018, pur non abbandonando la musica, si dedica agli studi con più intensità fino a ottenere la laurea nel 2019 per poi iniziare a lavorare come informatore scientifico. Questa professione gli dà una sicurezza economica. La passione per la musica resta forte. Appena può, di notte e nei weekend, si dedica alla composizione di canzoni.

Tramite la musica, che oggi è la sua sola occupazione, Montecreesto sfida la stessa precarietà che lo ha privato di affetti e relazioni sentimentali. “Bene così” è il primo racconto di questa realtà vissuta in prima persona e “Citazioni pop”, a stretto giro, rilancia la questione con un nuovo punto di vista.

Pier: “Porta un po’ di te” è il nuovo singolo del cantautore pugliese

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Pier è il cantautore pugliese che dopo la pubblicazione del suo EP “Essenza”, torna con un nuovo singolo, dal titolo “Porta un po’ di te”. Il brano racconta in modo inedito il bisogno di spensieratezza, soprattutto a seguito del periodo pandemico universalmente trascorso.

L’artista afferma “È un brano che si discosta un po’ dai precedenti, ma ho sentito il bisogno di sperimentare con le parole con le sonorità. Sono soddisfatto del risultato e spero che gli ascoltatori si possano immedesimare”.

Il brano ha sonorità pop rock ma non rinuncia all’attitudine tipicamente cantautorale tanto cara al giovane artista pugliese, il quale mescola sapientemente passato e futuro nelle sue composizioni armoniche e testuali.

“Porta un po’ di te” di Pier è l’estate che reclama di essere vissuta.

Segui Pier su Instagram!

Dezabel pubblica il singolo estivo “With You”

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Dopo il successo di “Move”, arrivato nelle radio Italiane nei mesi scorsi e più volte in classifica nel circuito radio indipendenti, il produttore Svizzero Dezabel, conosciuto anche con il nome Bilgi Sakarya, propone il singolo estivo “With You” per FarMore Records facendo interpretare il singolo per la prima volta a un cantante Italiano. Se con “Move” un groove futuristico fatto da basso Phat e funky avvolgeva l’ascoltatore, il nuovo brano di Dezabel cattura e ammalia attraverso un tappeto sonoro che fonde la West Coast più classica a elementi synth-pop regalando un risultato Soul/RnB grandioso.

Guarda il video “With You”

Dezabel spiega: “La canzone racconta di una storia comune in cui chiunque può immedesimarsi. Quasi tutti hanno sicuramente avuto un’esperienza del genere in passato. Innamorarsi di qualcuno, provare qualcosa e non avere il coraggio di farglielo sapere. Con With You cerco di far passare il messaggio che invece non si dovrebbe mai mollare. Tengo molto a questo brano. Inoltre è la prima volta che collaboro con un cantante Italiano e molto probabilmente farò uscire anche la seconda versione proprio in lingua Italiana. Siamo in estate e volevo un pezzo fresco che fosse ascoltato da tutti globalmente. Spero che With You darà la carica e la spinta giusta a tutti gli innamorati che non osano abbastanza, ma anche a quelle persone che non credono molto in se stesse”.

Il singolo “With You”, disponibile in tutti gli store digitali e anche su Youtube, incoraggia ad amare, a mostrare i propri sentimenti, a lasciarsi andare e a non nascondersi. Il brano parla di amore e parte da una storia d’amore, ma il messaggio di Dezabel vuole essere più amplio andando a toccare anche l’amore per se stessi, il “self-love”.

With You”, già in rotazione in tantissime radio Italiane e Internazionali, è uno stimolo a seguire il proprio percorso e i propri sogni ed è inoltre un perfetto singolo estivo che vi farà ballare e rilassare. Immancabile in spiaggia e nei club più cool.

Biografia Dezabel aka Bilgi Sakarya

Bilgi Sakarya è un produttore, compositore, autore, ghost writer e tecnico del suono di San Gallo (Svizzera) della classe 1968 attivo da anni nel panorama musicale.

Conosciuto con il nome artistico Dezabel e residente ormai a Zurigo da oltre vent’anni, è noto per le numerose collaborazioni con artisti Usa, Canadesi e Britannici.

La sua formazione musicale inizia presso l’ex ACM (Accademia di Musica Contemporanea di Zurigo), ma solo nel 2014, dopo un tragico evento personale, l’artista decide di focalizzarsi sempre di più sulla musica per farne un vero e proprio lavoro. In quegli anni inizia infatti un percorso musicale al Berklee College of Music negli Stati Uniti, finito nel 2019. Proprio in quel periodo Bilgi prende il nome di Dezabel proponendo brani Pop/R&B con sfumature Jazz ed elettroniche.

“Quando Zurigo incontra Los Angeles”. Così molti media del settore amano descrivere lo stile dell’artista. Dezabel, artista poliedrico, è un cultore della musica. Le canzoni che propone sono ricercate ed attuali e sempre affiancate da cantanti di spessore che lo accompagnano nelle sue produzioni.

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E’ uscito il nuovo singolo “Il Principe della terra” di GIORS il poeta nascosto

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Il cantautore e poeta nascosto presenta Il Principe della terra, il nuovo singolo è disponibile dal 15 luglio 2022 in streaming digitale.

«I pomodori non crescono / sugli scaffali dei supermarket / nemmeno l’insalata / né gli altri ortaggi di stagione. / Le patate non nascono / nelle cassette del negozio accanto / anche la frutta fa un po’ di strada / per arrivare fin qui.»

Giors

Succede che un giorno, un bambino, con i suoi occhi ingenui e i suoi pensieri freschi di vita, si stupisca che no, i frutti non nascono tra i corridoi del supermercato, e che sì, quei pomodori rossi e succosi non sono già “pronti”, ma costituiscono il risultato di mesi di lavoro, schiena piegata e dedizione.

Succede, allora, che una sensibilità come quella del cantautore senza volto Giors decida di rispondere in musica a quel bambino ingenuo, e che, dalle riflessioni maturate ripensando a quell’incontro, dia espressione alle proprie perplessità sul mondo contemporaneo e ai propri umori. Ciò che ne scaturisce è un brano denso di emozione, sudore e verità, in cui si incontrano le fatiche della terra, la vanità dei tempi odierni e la poesia dei campi.

Il principe della terra, il nuovo singolo del poeta nascosto dell’artista sconosciuto disponibile su tutte le piattaforme online a partire da venerdì 15 luglio, è proprio questo: un monito, severo ma dolce al contempo, a guardare sotto allo strato di polvere che la modernità ha posto sui nostri pensieri e le nostre azioni, alla scoperta dell’autenticità e della letizia.

Ascolta Il principe della Terra di GIORS

Non un modo per rifuggire dall’oggi e rincuorarsi nel passato, bensì un tentativo di porre in luce ciò che è davvero importante e sincero, ossia i nostri cuori, le nostre emozioni e ciò che la verità non filtrata dallo schermo blu dei cellulari ci offre ogni giorno.

Il cielo, i campi, i fiori, un acquazzone che «ti fa prender l’ombrello, abbracciare un amore, e fa bella musica, come in una canzone»: è questo il colore delle nostre esistenze, i dettagli impercettibili che il nostro occhio non sempre coglie, ma che, battito dopo battito, si depongono sulle nostre anime, a costruire i nostri sentimenti e i nostri desideri. Un elogio, cullato da una sonorità country che molto riecheggia le sfumature dei campi, a chi ancora fatica sulle colture, senza domeniche e festivi e con quei sapori che «sanno di lunedì».

Il “principe della terra” è, dunque, il contadino, ossia colui che è ancora ben saldo al terreno e sa cogliere la bellezza non solo nel cielo sereno e «bello» dei meteorologi, ma anche nel buio che accompagna le notti, negli elementi che costellano la natura – come rievoca la copertina dalle pennellate fortemente van goghiane – e nel tempo che passa e non ci dona ciò che desideriamo in modo subitaneo, ma ci fa pregustare ciò che giungerà facendo attendere le nostre ambizioni.

Per preservare la nostra Terra dobbiamo, infatti, rispettarne i ritmi e, per farlo, dobbiamo volgere lo sguardo indietro, a ciò che è stato e non è mediato da schermi o cellulari. Solo così potremo apprezzare il rosso di un pomodoro, il rito purificatorio di un acquazzone estivo e «sogni, zanzare e preghiera che danzano insieme, a far passare la notte per un’alba che viene»

Il singolo Il principe della terra di Giors è distribuito dall’etichetta Lo Studio Records sulle migliori piattaforme di streaming musicle.

CREDITI

  • Testi: Giors
  • Musica: Giors e Vincenzo Delli Carri

SOCIAL MEDIA

La Serendipity di rimanere autentici

Indiependenti dalla nascita: i Serendipity sanno esattamente come si crea musica all’improvviso e come quella scoperta possa far scaturire altrettante good vibes. Grazie alla preparazione – e produzione – homemade e alla loro accezione fatalista della vita da cui deriva il nome, il trio bergamasco composto da Alessandro Scandella, Andrea Angioletti e Lorenzo Giannelli, ha scalfito ogni barriera discografica e si è affacciata su Spotify con un’identità ben chiara e coerente, ottenendo numeri importanti – più di 2 milioni – e passaggi radiofonici su Radio Zeta. Dopo essersi auto-prodotti negli scorsi mesi “VBCM”, “Meno male” e “Ti compro l’estate”, i Serendipity ora raccontano la bella stagione attraverso “Una canzone che parla di noi” (ICONA/Warner Music Italy), mantenendo intatta la loro natura ambivalente fra spensieratezza e malinconia, sempre dosata dalla speranza. Noi li abbiamo incontrati virtualmente fra una tappa del tour e l’altro, certi che dalle promesse sonore di cui sono portavoci ne esca un vademecum interessante per i lettori.

Ciao ragazzi, felice di conoscervi. Innanzitutto, mi vien da chiedervi quanta ‘serendipity’ credete ci sia voluta pure per ottenere in poco tempo tutto questo successo e quanta ne potrebbe tornare utile per il futuro?

Ciao! Innanzitutto, è un piacere per noi essere qua e chiacchierare con voi perché ci piace veramente un sacco quello che fate e i contenuti che portate … Per rispondere alla tua domanda, sai SERENDIPITY per definizione è “la fortuna di fare felici scoperte” e nel nostro percorso molti dei nostri fan ci hanno scritto o detto di persona ai concerti che per loro siamo stati proprio questo: “una bella scoperta”, quindi di SERENDIPITY ce n’è stata tanta per il momento e non possiamo che sperare lo stesso per il futuro, ossia che SERENDIPITY non svanisca mai e che le piacevoli scoperte siano sempre di più.

Con quali aggettivi vi potreste descrivere a livello umano e artistico e quale etichetta cercate di evitare a tutti i costi?

Allora, per descriverci ti diciamo 2 aggettivi che rappresentano bene sia le persone che siamo che la musica che facciamo. Il primo è “APPASSIONATI”, perché la musica ci fa venire la pelle d’oca, siamo ascoltatori seriali da quando siamo piccoli, non potremmo vivere senza musica e scriviamo ogni giorno da anni ormai, quindi appassionati senza nessun dubbio. Poi come secondo ti diciamo “AMBIZIOSI” perché, ed è una costante nella nostra vita, ci mettiamo sempre il limite più alto nel senso che difficilmente ci sediamo su quello che abbiamo e vogliamo sempre fare e scoprire cose nuove; soprattutto nella musica vogliamo sempre cercare di migliorarci. Per quanto riguarda le etichette in realtà non ci abbiamo mai pensato, nel senso che la cosa non ci preoccupa: la nostra musica rappresenta al 100% chi siamo e questa è la cosa più importante.

In un mercato discografico sempre più competitivo ed esigente, qual è stato secondo voi il segreto per emergere in pochi mesi?

Non c’è stato un vero e proprio segreto, nel senso che non abbiamo nessuna pozione magica o nessun ingrediente segreto nella ricetta, però se proprio ci chiedi di analizzare nel nostro percorso la cosa che ha funzionato di più, ti diciamo che è stato probabilmente il nostro “assetto” atipico che mescola una scrittura prettamente Indie a un modo di cantare diverso dal canone del genere”

Nostalgia vezzeggiata da spensieratezza e ironia: “Una canzone che parla di noi” è un attestato di continuità (e resistenza) ai vostri dogmi indie oppure è un tentativo più marcato per avvicinarvi alla sfera più pop? A prescindere, quanta distanza credete ci sia ancora nel 2022 fra questi due mondi?

Guarda, questa domanda si collega benissimo alla risposta di prima, nel senso che una canzone che parla di noi è nata da un giro di chitarra di Lorenzo, su cui Ale ha scritto subito la strofa buttandoci dentro le esperienze di quel momento della nostra vita ed essendoci piaciuto subito il connubio lo abbiamo portato  in studio da Gianmarco Grande che come sempre è stato fantastico nello sgrezzare il tutto; poi sono venuti ritornello e tutto il resto ma senza pensare “vogliamo fare una canzone indie o una canzone pop” abbiamo scritto ciò che volevamo trasmettere come ci veniva da trasmetterlo e questo per noi è importantissimo e forse, in realtà, non c’è cosa più indie di tutto ciò. Poi, al giorno d’oggi, come dici tu separare l’indie dal pop suona un po’ anacronistico in quanto la musica pop è la musica “popolare” e oggi molti si identificato nell’indie, di conseguenza l’indie diviene più “popolare” e questo in realtà non può che beneficiare il tutto.

Hit periodiche ma ancora 0 album: quando rilascerete la prima raccolta?

Per ora hit periodiche, si, ed è una proprio una scelta nostra perché nel mondo musicale di oggi ci sembra che lavorando a singoli si riesca a dare più attenzioni ad ogni singola canzone, quindi ai contenuti che portiamo, a ciò che vogliamo trasmettere e far capire meglio alle persone chi siamo, che per noi è la cosa più importante. Poi l’album resta l’opera di consacrazione del percorso musicale di un’artista e per questo arriverà un album SERENDIPITY, sicuramente, aspettatelo; per il breve periodo però l’idea è ancora quella del singolo come viaggio, esperienza a sé, quindi godiamoci ogni piccolo viaggio


Avrete modo di ascoltare i Serendipity in questi 3 appuntamenti organizzati da OTR Live e Monksta:

3 agosto, Laos Fest – Scalea (CS)
4 agosto, Light Blue Fest – Porto Empedocle (AG)
11 agostoCinquanta – Pagani (SA)

Link utili: INSTAGRAM , SPOTIFY


Piotta festeggia con Lo Stato Sociale i vent’anni de “La Grande Onda”

La Grande Onda – 20th Rework” è il titolo del nuovo singolo di Piotta feat. Lo Stato Sociale, disponibile in tutte le piattaforme digitali da venerdì 15 luglio. La canzone uscita nel 2002 festeggia proprio quest’estate i suoi primi vent’anni, e dopo il successo dell’epoca, ha continuato a rinnovarsi di generazione in generazione.

Pur essendo un brano autobiografico, è riuscito a scavalcare più di due decenni, cantato e ballato da tutti, complice oltre al testo anche la sperimentazione compositiva e produttiva di mescolare tonalità maggiori e minori, Hip-Hop e surf music. Scelto come inno dai ragazzi del movimento studentesco dell’Onda nel 2008, fino al recente utilizzo per la pubblicità di una nota bibita italiana, “La Grande Onda” continua il suo viaggio sonoro tra DJ set, club, spiagge, stereo e playlist.

Il brano fa parte de “La Grande Onda – 20th EP”, dove oltre alla versione originale sono presenti tre remix. Quello con Lo Stato Sociale consacra l’amicizia di Piotta con la band bolognese, che già nel 2014 lo chiamò come ospite nel singolo “Questo è un grande paese”. Il sodalizio artistico si rinnova oggi con questa pubblicazione che li vede sia in veste di remixer sia di featuring, in un mood nuovo ma comunque a cavallo tra indie, rap ed elettronica.

Il secondo con il produttore multiplatino Ice One, conferma una lunga collaborazione che affonda le radici nella storia dell’Hip-Hop italiano. Piotta e Ice One, infatti, assieme a Danno e Masito furono i fondatori della crew Taverna VIII Colle, dalla quale poi nacque la storica formazione rap Colle der Fomento. Per finire la versione baile funk con i Touch The Wood, giovane trascinante duo composto dai DJ romani Marco G e Mr Kite.

Dopo le prime cinque date, Piotta prosegue il suo tour nelle principali città italiane:

30 luglio – Castel Del Piano (GR) – Gora Summer Festival

06 agosto – Torre Santa Susanna (BR) – Festa del Peperoncino

21 agosto – Fiumicino (RM) – Karma Beach Park

28 agosto – Piancavallo (PN) – Kilometrozero Summer Edition

10 settembre – Roma – Festival Servizio Civile

24 settembre – Taranto – Mercato Nuovo

Il profilo dell’altra è il profilo di noi millennial

Creator, Influencer, Digital Strategist, Social Media Manager, Image Consultant, Online Coach… Sono solo alcuni dei nuovi lavori di cui sentiamo sempre più parlare da quando il mondo digitale è entrato a gamba tesa in quello reale, creandone uno nuovo, fusione di entrambi. Ed è proprio questa compenetrazione che racconta Irene Graziosi ne Il profilo dell’altra, suo romanzo d’esordio, uscito per Edizioni e/o.

Colonna sonora di questo articolo un po’ social-e

La giovane autrice riporta, alterandola, la sua esperienza di trentenne alle prese con il mondo delle influencer e dell’influencer marketing, con il quale si è scontrata iniziando a lavorare insieme a Sofia Viscardi al progetto Venti, sviluppato in un account Instagram e in un canale YouTube, di cui oggi Graziosi è autrice e responsabile editoriale. È stato, infatti, proprio il suo lavoro a permetterle di conoscere così a fondo certi meccanismi e certe dinamiche, che viste da fuori possono essere giudicate con superficialità, e a raccontarle in modo così efficace.

“Da quando le pubblicità hanno cominciato a martellare le consumatrici con il concetto di autostima e non più con quello di bellezza i due termini sembrano diventati equivalenti, solo che uno, l’autostima, è socialmente accettato, l’altro no”.

Il libro

Il profilo dell’altra parla di Maia, ventisette anni e nessuna prospettiva, la quale dopo aver subito un lutto importante lascia l’università e passa le sue giornate nell’appartamento del compagno tra una puntata di Law & Order e un pacco di caramelle gommose. L’unico slancio delle sue giornate sono i turni al pub dove lavora part-time, Il galeone, microcosmo di uomini in crisi di mezza età, commenti machisti e studentesse fuorisede che cercano di mantenersi lontane da casa.

Un giorno, una ex compagna di università le propone di presentarsi a un colloquio: dove lavora lei c’è una posizione aperta per fare l’Image consultant di una giovanissima influencer, Gloria. Il colloquio va nel modo peggiore possibile, ma Maia viene richiamata e assunta direttamente da Gloria, colpita subito dalla sua autenticità e dall’impressione di essere l’unica persona sincera con cui rapportarsi.

Inizia così il rapporto tra le due, che finiscono per legare sempre di più e diventare amiche, Gloria pura e di una gentilezza disarmante, Maia cinica e crudele. Con il tempo, i tratti di una e dell’altra si confondono sempre di più e le rispettive caratteristiche si mescolano, fino a un punto in cui il filo, troppo tirato, si spezza.

Copertina Il profilo dell'altra
Il profilo dell’altra, Irene Graziosi – Edizioni e/o

I temi del romanzo: tra social network e corpi

Tra i temi che Irene Graziosi porta così bene alla luce ci sono senza dubbio quelli legati a una certa patina di perfezione che siamo abituati a vedere sui social, e su Instagram in particolare, dove l’apparire premia più dell’essere. Ma cosa si cela dietro a questa patina noi utenti non lo sappiamo mai davvero. I falsi sorrisi, la voglia di essere diversi e la rassegnazione ormai a quella maschera cucita addosso, il bisogno di doversi mostrare a mille anche quando si vorrebbe solo spegnere e disconnettersi da tutto, l’obbligo a performare in un certo modo fino a perdere di vista la propria identità.

Altro tema molto interessante che emerge è quello dei corpi, del rapporto con i corpi e della trasformazione di essi. Il corpo di Maia viene abusato, è un corpo che non le appartiene più, lei non lo nutre, è svuotato delle sue caratteristiche ed è il mero contenitore della sua personalità, ferita e incattivita dalle esperienze e dai traumi subiti. Il corpo di Gloria è apparentemente perfetto, Gloria è in forma, ha una bellissima pelle e splendidi capelli biondi, finché non cambia. Diventa magro, sempre più somigliante a quello di Maia, forse specchio del cambiamento di Gloria stessa, sempre più incastrata nel dover tenere il passo con l’immagine che di sé riflette.

Ed è sempre il corpo protagonista dei discorsi sulla bellezza, sulla body positivity, sul consenso, sul revenge porn, sull’abuso di sostanze, che emergono durante la lettura del romanzo.

Uno sguardo disincantato

Il tutto viene raccontato in prima persona da Maia, e la scrittura di Irene Graziosi dà voce in modo perfetto al personaggio, una protagonista che non vuole essere simpatica o empatica, che si mostra in tutte le sue crepe, nella sua cattiveria e nel suo cinismo. Come lei, la scrittura di Graziosi è pungente, non infiocchetta niente, ma nemmeno giudica, la protagonista è una spettatrice di questo mondo, e ce lo riporta con tutte le sue crepe.

Un romanzo d’esordio sicuramente non perfetto, ma di cui c’era bisogno per uno sguardo reale e disincantato sull’universo dei social e su tutto ciò che nasconde.

“Maca”, il nuovo singolo di Prhome in un crime film con l’attore Matteo Tosi

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Dopo il singolo primaverile Ghetto River, un soul dedicato al grande fiume Po e alla sua gente, e al singolo Locos uscito a fine Giugno con la collaborazione di Soker e prodotto da John Solinas, il Rapper di Rovigo Prhome continua a rivendicare il suo ritorno avvenuto nel 2020 con “El Regreso” e il suo stile proponendo un nuovo singolo dal nome Maca.

La produzione è firmata da Promo L’Inverso, già disco d’oro per “Tree Roots and Crown” di Mezzosangue e uno dei producer di Laioung. Il video è diretto da Andrea Artioli, regista scelto dall’artista per Frank Sinatra e Ghetto River.

Prhome spiega: «La maca è una pianta erbacea che viene dalla Bolivia e dal Perù. La sua radice ha diverse proprietà e si usa come ricostituente naturale. Si tratta di una pianta potente che non potevo non citare in un pezzo come questo. Volevo un simbolismo e un richiamo alla forza interiore, all’auto realizzazione, allo studio costante. Nel pezzo dico che se vuoi vedere la plata, devi finire la maca. Quello che intendo dire è che se vuoi vedere il denaro o un risultato devi finire la strada che hai intrapreso, devi finire la gavetta».

Il brano Maca, oltre al tema centrale riferito alla ricerca interiore e al potenziamento di se stessi, è una forte rivendicazione di stile per il rapper che ha coniato un nuovo termine parlando di “BlackXican”: sonorità latine fuse alla trap più classica.

L’artista, volendosi avvicinare il più possibile ai giovani per condividere le sue esperienze e i valori in cui crede, si affaccia a nuove sonorità mantenendo integro lo stile west coast-chicano che da sempre lo contraddistingue con una scrittura ancora più alla portata di tutti e senza gli stereotipi della trap Italiana. 

Una menzione speciale va al video, pensato per essere come un “crime” film. Nel cast anche Matteo Tosi, attore di Rovigo, noto per i ruoli in “L’Ispettore Coliandro” e “Incantesimo 10”. Il video miscela un’interessante trama che parte con una telefonata misteriosa, intersecandosi a scene di vita quotidiane fino al momento di un interrogatorio in una location da finale Noir.

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Bra(v)oboy

Era più o meno l’una di notte, mi trovavo con la mia amica Arianna fuori dall’Off Topic di Torino dopo l’Hanami Festival in cui avevano suonato Galea, ElasiMissey e Plastica.zip, quando ad un tavolo con altra gente vediamo Emanuele Tosoni, in arte Braoboy. Decido di approfittarne, prendo un pezzo di carta stropicciato al fondo della borsa, mi siedo sulle scale e butto giù un paio di domande da porgli.

Batterista impegnato, da qualche giorno venticinquenne, ha fatto e fa tutt’ora tour con alcuni degli artisti emergenti più promettenti del panorama musicale odierno. Irrequieto e creativo sul palco, come d’altronde le sue numerose scelte di capigliatura (fortunatamente però ha smesso da anni con il caschetto nero), gentile e disponibile nella realtà, ha accettato di conversare con noi fino alle due e mezza di notte sulla situazione musicale attuale e sul suo percorso. Vi lasciamo qui la chiacchierata interessante che ne é venuta fuori, tra consigli di funk e riflessioni sul lavoro da musicisti.

Nome d’arte

Braoboy

Prima domanda, la più classica di tutte, come mai hai scelto il nome d’arte braoboy? Se anche voi musicisti iniziate ad avere nomi d’arte per noi giornalisti diventa difficilissimo (scherzo)

Hai ragione, però secondo me il musicista nel 2022 deve essere uno che non si limita solo al suo strumento, quindi al solo ed esclusivo suonare, ma deve creare, utilizzando anche  altri strumenti, e deve vedere la musica a più tutto tondo possibile, almeno questo é il mio pensiero per cui il fatto che anche i musicisti abbiano un nome d’arte ha senso, anche perché si devono aprire veramente anche a tutto quello che ci sta intorno. Per esempio l’estetica: il modo in cui monto la batteria non é canonico ma lo faccio perché da una parte mi é comodo così, dall’altra cerco di fare una ricerca stilistica ed estetica per quanto riguarda il montaggio dello strumento. Sembra una idiozia, però non lo é alla fine.

Braoboy perché suonavo con dei ragazzi che si chiamano Typo Clan, più grandi di me, i quali mi hanno affibbiato questo nome e a me é piaciuto fin da subito. Ho un po’ la paura che la gente pensi che io mi dica bravo da solo (io manco lo avevo collegato per dire), ma in realtà non é un “essere bravo” nell’accezione di “spacco il sedere a tutti” ma per me é un promemoria del ricordati di comportarti bene perché ti chiami Braoboy, per cui cerca di fare il bravo ragazzo.

Un po’ chi mi conosce sa che ho la faccia da bravo ragazzo

Live

Confermiamo dai. Cos’è la cosa che ti piace di più del fare i live?

L’adrenalina, perché quando sali sul palco hai le famose farfalle nello stomaco. Le senti in amore, in amicizia e anche sul palco. Poi la batteria é uno strumento molto figo con cui riesco a buttare fuori tutto. Penso che sia da quando ho undici anni che voglio fare questo nella vita, dai miei primi live scendevo giù che mi sentivo proprio contento

Il palco dei tuoi sogni?

Credo proprio quello del festival di Glastonbury. Molto ambiziosa come cosa, però se devo proprio dire il mio big dream é proprio questo qui

Batteria e stile

Batterista preferito? Stai attento a questa domanda perché siamo a Torino ti ricordo…

Vinnie Colaiuta assolutamente. Ma in realtà sono tantissimi, difficile anche solo fare una classifica. E sì, anche Enrico Matta mi piace molto!

Ahahah meno male che lo hai detto perché qui c’è un certo legame di parentela


Ah ahahahah ecco ad esempio Ninja é a mio parere un artista a tutto tondo, inoltre ha anche lui ha un nome d’arte. E la sua batteria non se la monta in modo classico, ed é quello che a me piace, non tanto uno che arriva, si monta i suoi tamburi e fa “il compitino”. Poi va bene anche quello ovviamente, ma se fai ricerca sonora, aggiunge elementi, ecc… lo apprezzo molto di più. Poi nel 2022 c’è veramente un sacco di roba che puoi aggiungere al tuo set a livello di elettronica, ma anche di “piattini” ed altre “cavolatine” con cui ti puoi veramente sbizzarrire. Ecco il non accontentarsi mai

E a te piace quindi sperimentare nel suono?

Sì, sì

La batteria elettronica ti permette di fare più cose rispetto a quella classica?

Allora quella acustica ha il suo timbro che è largamente modificabile ma quello di una batteria acustica rimane. Quella elettronica invece ha un più ampio range di possibilità. Aggiungi qualsiasi tipo di suono tu voglia e lei te lo riprodurrà, anche il verso di una mucca se vuoi. Poi dipende ovviamente da cosa devi fare. Per quanto riguarda la musica di oggi è molto importante secondo me che il batterista se ne intenda di elettronica, perché ci sono sempre più suoni elettronici. Se lo vuoi fare di lavoro devi accontentare l’artista e devi andare incontro a quelle che sono le sue esigenze sonore; quindi anche lì la ricerca dell’elettronica piuttosto che dell’acustica é essenziale. In sostanza: bisogna essere curiosi.

La base é acustica?

In realtà dipende da cosa devi fare. Per esempio nel pezzo di Elasi XXL che é super clubbing, suonando con la batteria acustica non so quanto possa rendere. Avrebbe senso su un palco gigantesco triggerandola. I trigger sono dei sensori che tu metti sui tamburi collegati ad una centralina elettronica con dei samples. Tu da vicino la batteria acustica senti il suono della batteria ma da fuori senti il suono dei samples. Quindi tu batterista puoi suonare quella acustica perché poi tanto si sente quella elettronica. Qui all’Off Topic ad esempio non ha molto senso perché la gente é molto vicina alla batteria acustica e sentirebbe più quella che l’elettronica. Per questo i pezzi clubbing preferisco farlo su quella elettronica, che più che essere una batteria elettronica è un sample pad.

Stare in band

Secondo te, dopo l’effetto Måneskin, il trend di formare delle band sta tornando?

Guarda io penso che se vuoi fare musica devi saper suonare. E secondo me la cosa più bella é trovarsi in sala prove o in studio e buttare giù le idee. Poi chiaramente bisogna sempre produrre, però se le partorisci in un momento in cui sei preso dalla foga é proprio un’altra cosa cavolo. Poi vanno bene tutti i modi, se uno trova un paradigma suo che funziona va bene, però da musicista ti dico che jammare, trovarsi, improvvisare e poi fare uscire cose fighe ti dà il triplo della soddisfazione. Anche perché ti dici accipicchia, l’ho fatto in quel momento lì in una nuvola di idee, eravamo sincronizzati e ed é uscita quella roba lì, pensi proprio che é stata una soddisfazione

Sì ma se poi ti capita di non registrarle? (Chiede Ary che ha una gran fobia in merito, temeva che nemmeno le mie registrazioni partissero)

Hai ragione, bisogna essere preparati. Io personalmente quando mi trovo in situazioni in cui devo jammare così la prima cosa che faccio é prendo il telefono e registro. Poi tanto anche se esce qualcosa di brutto lo cancello

Devi avere una mega memoria (continua Arianna)…

Sì sul telefono assolutamente sì, anche perché capita che andiamo avanti per dieci minuti per un pezzo, poi ci fermiamo un attimo, mi dimentico di fermare la registrazione e mi accorgo che stavo registrando per quaranta minuti/un’ora. Però per fortuna ci sono tutti i vari software di montaggio sonoro, per cui prendi la traccia, la spezzetti e via

Artisti: amici e collaboratori

Collabori con tanti artisti, cosa ti piace di loro?

Facciamo a livello cronologico. La prima artista con cui ho iniziato a lavorare é Hån (che casualmente io avevo intervistato proprio il giorno prima). Di lei mi piace il fatto che sia estremamente sincera in quello che fa e poi ha obiettivamente una bella voce (lo penso anche io), una gran capacità creativa e soprattutto ha una visione bella chiara del suo progetto. Collegandomi al discorso dell’artista lei lo incarna proprio a tutto tondo: oltre alla musica tutto l’immaginario che ha costruito intorno é coerente. Non é semplice avere dee belle idee così legate tra loro. E poi il suo ultimo disco, è molto valido. Il mio pezzo preferito é Sonic96, ma tutti i brani sono belli

A me piace tantissimo Leave me!

Anche quella é bella, ma batteristicamente parlando Sonic96 mi piace di più perché ha un groove che prende molto.
Purtroppo dopo 4 anni di live insieme le nostre strade si sono divise, ma non troppo perché si da il caso sia anche la mia coinquilina eheh

Poi ho iniziato a suonare con Giungla, con la quale quest’estate non abbiamo concerti in programma. Lei essendo più grande di me mi fa molto da “chioccia”, nel senso che mi dà molte dritte. Ed io, che cerco di ascoltare molto le persone che hanno più esperienza di me, perché lo reputo molto importante, mi fa sempre molto piacere quando mi regala i suoi consigli. In più io cercavo una situazione un po’ più peso nella quale suonare, perché con Giulia (Hån) devo stare molto “tranquillo” diciamo. Io vengo da generi meno soft del pop, i batteristi tendenzialmente iniziano con il rock o con il Metal, generi con i quali iniziai io 13/14 anni fa. Infatti i miei ascolti prevedevano solo AC/DCRolling Stones, Beatles, Queen, Muse…

Poi Chiamamifaro, con molta umiltà ti dico che io e Pierfrancesco (Pasini, tastierista di Chiamamifaro e Mecna) inizialmente abbiamo fatto ad Angelica e ad Alessandro un po’ da chioccia per quanto riguarda i live, perché appunto alle prime armi in materia. La cosa bella è l’ambiente che si é creato. Anche loro super bravi a fare quello che fanno, hanno belle idee ed un bel team che li sta supportando (Astarteagency Nigiri Label e Sony), di sicuro una delle realtà più promettenti del panorama musicale. Nella band suona anche un mio carissimo amico di vecchia data, che in questa formazione ho piacevolmente ritrovato: Filippo Caretti

Poi c’è Elasi. Spaziale, ama il funk e la disco come me, quindi a livello musicale ci siamo intesi molto fin da subito. E poi é veramente una persona di un’ umanità incredibile, ti mette sempre a tuo agio, proprio top del top. Artisticamente parlando ha le idee molto chiare anche lei, e questo la porta a fare della musica veramente personale e particolare, anche lei senza dubbio da annoverare negli artisti più promettenti del panorama.

Infine, da poco, ho iniziato a suonare con DARRN, progetto che conobbi prima della pandemia e con il quale mai mi sarei aspettato di suonare anni dopo. Dario è super amichevole ed ha l’attitudine da leader, sa avere il polso giusto per prendere le decisioni ma allo stesso tempo ha l’umiltà di ascoltarti. Lui lavora tanto con Christian e Dennis, in arte Stanza a Sx, che suonano con lui anche ai live. Anche loro sono due persone splendide e due bravissimi artisti. Spero proprio di continuare a lavorarci per un bel po’!

Sono molto fortunato perché lavoro con artisti che mi piacciono, che spaccano e che sono soprattutto belle persone, che secondo me é la cosa importante. Perché se suonate con delle situazioni, e mi é capitato, a livello personale un po’ sgradevoli, la musica poi ne risente.

Se c’è coesione tutto funziona meglio, empatia prima di tutto. Deve esserci affinità. Poi certo se mi chiamano a fare un lavoro per qualcuno con delle persone, sto lì tre giorni che devo suonare e va bene. Se invece devo farlo per tanto tempo, farvi i tour ecc… deve esserci un buon rapporto interpersonale. Anche perché star con delle persone tanto tempo che magari non sopporti e tu non vai a genio a loro é veramente pesante dopo un po’

Con Giulia avevi fatto il tour europeo anche?

Sì, una delle esperienze più belle. Tantissimi aneddoti divertenti, che non vi racconterò ovviamente

Va bene, ne terrò conto (scherzo)

Ahahaha Frodo direbbe e va bene tieniti pure i tuoi segreti

Visto che abbiamo appena citato Hån, che é anche la tua coinquilina, pro e contro di due artisti che convivono?

Ahaha allora io sono un gran cagaca**o, lei é una casinara, e viceversa. Le due cose unite a volte creano battibecchi. Però alla fine sappiamo che ci vogliamo bene quindi magari ci mandiamo anche a quel paese, ma il giorno dopo amici come prima. Ma é il bello dell’amicizia per me. E per questo che ce la viviamo anche tranquillamente, io a volte torno ed ho la luna storta e me la prendo un po’ con lei, lei giustamente risponde ma tutto normale, persone che convivono e che sono amiche penso si comportino così normalmente

Funk, Post Funk e Future Funk

Molti batteristi amano il Funk, come mai secondo te?

Il Groove. A me personalmente il funk piace proprio tanto. Anche se in Italia non é un genere che si riesce a definire main, però quando vai agli eventi o scorri le varie playlist un pezzo mezzo funk lo trovi spesso. Ad esempio “Ciao Ciao” della Rappresentante di lista, é funk ed é un super pezzone. Non so cosa c’è che attrae così tanto, forse perché fa muovere “il piedino”

Chi ti piace come artista Funk?

Allora al momento io sono molto in fissa con un artista che si chiama Yung Bae. Lui fa Future Funk, che é praticamente un misto tra EDM, il synth pop giapponese anni ’80 da cui deriva anche la vaporwave. Sono praticamente i pezzi funk anni 70’/80′ con la botta EDM. Poi mi piace molto la scena francese, AKA il French Touch quindi Daft Punk, Justice, M83, Yuksek, Breakbot, L’impératrice. Internazionali invece i Vulf Peck, JafunkJungleFlamingosis, gli Chic, i Nu Genea (italianissimi e li amo un sacco), Purple Disco Machine ed infine mi piacciono tanto anche gli Oliver che sono magari un po’ meno funk, un po’ più elettronici.

Produzioni

Ho visto che stai intraprendendo la strada del producer…

Non da moltissimo. Diciamo che il COVID e la quarantena mi ha dato l’opportunità di mettermi al computer e provare a fare qualcosa. Sono partito con cose funk e low-fi, ho pubblicato un Ep low-fi con factoryflaws. Ho delle cose in cantiere che usciranno prossimamente. Adesso mi sto concentrando più sull’aspetto live perché per il momento creare musica la vedo ancora una cosa che faccio per me, cioè lo faccio senza ambizioni

Ti piacerebbe diventasse anche quello un lavoro?

Sì però con calma. Voglio fare il mio percorso, diventare un po’ più skillato. Perché la batteria per esempio la suono da diversi anni e ancora non mi basta imparare, nel senso che non mi sentirò mai bravo abbastanza. É sempre una rincorsa al migliorarsi. Poi ovviamente in 14 anni riconosco che ci sia stata una crescita mia personale a livello batteristico. Ed avendoci messo 14 anni a diventare così, non dico che ce ne devo mettere lo stesso lasso di tempo anche nella produzione però un po’ si. E soprattutto tanta dedizione. Insomma ci vuole tempo

C’è qualcuno nella scena musicale magari tuo/a amico/a che ti sta aiutando in questo nuovo percorso?

Fortunatamente ho avuto diverse occasioni per chiedere dritte e consigli. Mi é servita molto l’esperienza fatta con Giorgio Pesenti degli Iside.  Lui penso sia molto bravo. Giulia cercava un produttore e dopo averlo visto lavorare con un altro artista che gli ho presentato, Ytam, ho pensato che avrebbe potuto valorizzare al meglio le idee di Giulia. Eravamo a casa di Michele, il chitarrista, e lì sono nate bombette come Leave me!  o Flights (che all’inizio aveva un beat quasi trap). Tra uno scambio di opinioni e l’altro, osservavo meticolosamente cercando di capire ciò che faceva e di rubargli anche qualche ingrediente segreto.

Poi ovviamente Matilde, la mia ragazza, in arte Plastica, é la persona che più di tutte mi ha aiutato e dato più dritte in assoluto. Adesso stiamo anche lavorando insieme per produrre delle cose.

Sto lavorando anche con Mofw, un ragazzo di Vigevano, che produce e fa cosa sue un po’ sulla low-fi, non proprio classica ma più post la chiamerei, anche se non mi piace tanto dare etichette ai generi. Per me l’etichetta é l’artista che la fa. Ad esempio i Jungle, che musica diresti che fanno? Alternative ma non ha molto senso, fanno i Jungle. I Måneskin cosa fanno? Fanno rock ma fanno i Måneskin. Elasi idem, fa pop ma fa Elasi. Mofw, Tommaso Alfano, é veramente bravo e faremo uscire alcune cose con molta calma sempre

Musica Generless

Possiamo definire questa l’epoca del generless della musica? Ci sono state delle basi nel passato ed ora tutto é contaminato da tutto.

Argomento interessante, secondo me é giusto dire generless perché uno che adesso fa musica fa la sua, per cui anche il fatto di etichettare tutto come indie così mi sta un po’ stretto. Uno fa il suo percorso e basta, perché dare etichette?

Sì siamo noi che scriviamo che lo facciamo, una volta che uno o più simili emergono con un certo stile cerchiamo di creare un recipiente con tutti gli artisti simili. Lo diceva anche proprio Francesco Prisco, giornalista musicale del Sole 24 ore, lo facciamo anche perché poi diventa più facile per noi.

Ma infatti li capisco, ma io da musicista ed artista con molta umiltà non apprezzo molto. Se vado a sentire Elasi é perché voglio ascoltare lei. Un po’ é dato anche dalla massa, che quando riesci a raggiungerla ti incanala per forza. Però io penso che le etichette ci saranno sempre

Io però non so se sono d’accordo con questa ultima affermazione…

Eh ma il cambiamento dovrebbe partire da noi ascoltatori. Dovremmo essere noi che andiamo ad ascoltare certi artisti per quello che fanno loro e non per il genere musicale. Prendiamo di nuovo il funk, che cosa intendiamo? I Tower of Power? funk si ma con degli accenni fusion. Gli Chic? i re del Disco Funk. I Calibro35 che sono un po’ funk, però direi un funk poliziesco ma allora lì si ritorna a dire che loro sono semplicemente i Calibro35. Un po’ come i colori.


Per me hanno solo senso le macro etichette, tipo pop, jazz, ecc… poi più si va avanti con la storia dell’umanità, e di conseguenza con quella della musica, più generi da cui attingere dal passato diventano tanti. Quindi é proprio anche difficile trovare un genere in cui identificarsi. Io vorrei infatti trasportarmi avanti di 300 anni e vedere chi si parlerà nel 2322

Ahahaha ci saranno ancora i Beatles nella memoria? Domandona

Io credo che i Beatles per un bel bel bel po’ non ce li dimenticheremo. In conservatorio si studiano Perotino e Leonino che sono quelli che hanno dato il via alla polifonia ecclesiastica. Una volta in Chiesa si cantava ad una sola voce. A noi adesso sembra la cosa più normale del mondo avere due linee vocali che si intersecano e vanno avanti, ai tempi invece non ci pensavano. E così hanno avuto l’idea di provarci e siamo arrivati ai canti Gregoriani che arrivano a nove linee e dici wow

Musica

Visto che li abbiamo nominati, se tu potessi scegliere un colore che descriva le emozioni che vorresti che la tua musica scaturisse negli ascoltatori, quale sarebbe?


Il blu (ha risposto in tempo record). Perché é un po’ malinconico

Ary: Sul palco però sembri molto energico, un blu elettrico

Grazie! A me poi piacciono tutte le sfaccettature del blu, poi é anche un po’ il colore del blues, del jazz, dell’essere un po’ “presi male”. Non che io lo sia, però nella mia esperienza di vita e musicale riesco ad attingere di più nei momenti in pochino più cupi. Anche perché normalmente quando sono gasato é perché sto suonando, quindi sono felice perché sto facendo la cosa che amo di più fare. Quando invece sono più giù, e lo sperimentato bene l’anno scorso, lì mi veniva proprio più idee. Riesco a prenderne di più dalla sofferenza

Processed with VSCO with q7 preset

Sì lo diceva anche Luigi Tenco...

Beh sì certo, di sicuro non ho scoperto l’acqua calda eheh

No però per dire che molti artisti si rivedono in questo assioma. Io fossi un’artista mi preoccuperei un po’ però, cioè vuol dire che per avere buone idee devo per forza stare male?

Eh bella domanda, non lo so. Ho fatto anche cose che ho fatto di cui sono fiero e che non sono ancora uscite scritte in momenti “presi bene”. Ecco in quei momenti faccio però più Future Funk

Amore

Visto che hai nominato la tua fidanzata, lungi da me fare gossip (scherzo), pro e contro di fare tappe di tour insieme o comunque di essere nella stessa industria

Allora sarò paraculo ma di contro nessuno, siamo entrambi persone molto affettuose. Poi ovviamente da parte di entrambi c’è la maturità di dire l’altro sta lavorando per cui sono meno ‘’appiccicoso’’ rispetto a quando siamo in giro insieme

C’è un rispetto artistico

Quello da parte mia tantissimo. Secondo me Matilde ha messo su delle cose meravigliose, é una ragazza che ha tanta personalità anche e soprattutto artistica, le cose che fa piacciono tanto. Le auguro veramente tutto il bene, anche se un giorno dovessimo prendere strade diverse, perché se lo merita. Penso che avrò sempre un legame con lei perché é stata per me molto molto importante. Lo é tutt’ora ed io sono molto felice di essere il suo ragazzo

Percorso batteristico

Ultima domanda: non so quanti anni tu abbia

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Okay quindi hai iniziato a suonare a 11. Hai voglia di raccontarci come ti sei approcciato alla batteria?

Premessa: da piccolo ero infatuato dalla batteria, ma già a 4/5 anni. Mia madre aveva un amico batterista. Lei faceva la catechista insieme alla madre di questo suo amico, quindi lei ogni tanto andava da questa signora, Lina (stesso nome della mia insegnante di musica alle elementari, incredibile) e una volta ci ha portato anche me e mi hanno fatto vedere la batteria. Io non ci ho capito più niente

È stato così amore a prima vista?

Sì, non ci ho proprio capito più niente. Tant’è che mi sono fatto regalare più e più batterie giocattoli. Però utilizzavo bacchette vere, per cui sfasciavo sempre questi giochi. Poi giunto alle elementari è sparito tutto questo interesse, mi stava anche antipatico l’insegnante di musica delle elementari. Poi a 11 anni non lo avrei mai detto, la professoressa di musica chiese in classe chi volesse fare un beat di musica su un tamburo. Io mi sono offerto, nemmeno troppo convinto, e lì il professore mi disse che avevo senso del ritmo e mi consigliò di iniziare a prendere lezioni di batteria. Ho iniziato e non ho più finito

Un po’ di talento ci vuole secondo te?

Dipende da cosa vuoi fare. Per il lavoro un po’ di talento ci vuole, però c’è anche da dire talento non coltivato, talento annullato. Molto spesso chi ha talento ma marcia solo su quello poi alla fine non combina nulla rispetto a chi magari parte svantaggiato ma si fa un mazzo quadrato e poi spacca tutto

Arianna interviene: è anche vero però che se non hai una persona che ti sprona a dovere, anche se sei bravo tu non coltivi. Magari se tu non avessi avuto quel professore non sarebbe andata così la tua vita

È vero, è assolutamente vero. Dipende però anche un po’ da come sei fatto tu. Se nessuno ti dice mai che sei bravo le strade sono due: o smetti o sei talmente ostinato che vuoi diventare sempre più bravo. Quindi alla fine sta a te decidere. Vero che sei condizionato dagli altri ma alla fine sei tu che decidi per te. Io guardando indietro ho sempre avuto tante persone che mi hanno incoraggiato su questa strada e questo mi ha aiutato tanto. Però allo stesso tempo io non mi reputo tanto bravo e non lo dico per poi sentirmi dire che in realtà lo sono. Per fare un esempio stasera è andata bene, ma io di mio ho trovato dei peli nell’uovo che mi fanno dire è andata bene ma poteva andare meglio. Al Covo a Bologna però invece sono uscito super soddisfatto, quindi ogni tanto capita

Il tuo club preferito in cui suonare a Brescia (luogo d’origine)?

Lio Bar. Ovviamente anche la Latteria Molloy, però il mio preferito rimane quello

A quel punto si era fatto veramente tardi e l’abbiamo lasciato andare con la sua dolce metà. Seguitelo il ragazzo che sta facendo uscire un sacco di musica nuova e interessante, tra cui il nuovo pezzo Dark Dragonite di Plastica Missey!

Bianca Cela con il supporto di Arianna Arillotta

https://soundcloud.com/braoboy
https://www.instagram.com/braoboy/

Targhe Tenco 2022, svelati i vincitori

Sono stati decretati i vincitori delle Targhe Tenco 2022, il riconoscimento assegnato dal 1984 ai migliori dischi italiani di canzone d’autore usciti nel corso dell’anno trascorso. A convincere l’ampia giuria nazionale, composta da giornalisti e critici musicali, ci hanno pensato Marracash con “Noi, loro, gli altri , Ditonellapiaga con “Camouflage” , Simona Molinari con “Petali”, Elisa Toffoli e Davide Petrella con “O forse sei tu”, gli A67 conJastemma”  e il progettoThe Gathering” prodotto da Ferdinando Arnò.

Nel dettaglio il cantautore rap MARRACASH, con il progetto “Noi, loro, gli altri” (Island Records/ Universal Music Italia) si è aggiudicato la Targa Tenco per il Miglior Album in assoluto con 53 voti. Gli altri finalisti, in ordine di preferenze ottenute, sono stati: Cristina Donà con “DeSidera” (47 preferenze); Giovanni Caccamo con “Parola” (42); Max Manfredi con “Il grido della fata” (38); Erica Boschiero con “Respira” (20), Federico Sirianni con “Maqroll” (20). 

Per la sezione Opera Prima la vittoria è andata a DITONELLAPIAGA con l’album Camouflage (Dischi Belli/BMG Italy) con 51 preferenzeFacevano parte delle nomination: Djelem Di Mar / Voci oltre (50 voti); Blanco / Blu Celeste (45); Isotta / Romantic Dark (28); Ariete / Specchio (27). 

“O forse sei tu” (Island Records/Universal Music Italia) scritta da ELISA TOFFOLI e DAVIDE PETRELLA e cantata da Elisa ha ottenuto il maggior numero di voti (53) aggiudicandosi la Targa per la Miglior Canzone, che, ricordiamo, va agli autori dei brani e non agli interpreti. A contendersi il primo posto sono stati:Tiritera delle canzoni che volano” cantata da Alessandro D’Alessandro con Elio & David Riondino (43); “Ok Boomer” cantata da The Zen Circus feat. Brunori Sas (41);  “Desiderio” cantata da Cristina Donà (34); “In fondo al ‘900” da Andrea Tarquini (26); “Freccia” da Rancore (18). 

Petali (BMG Rights Management) di SIMONA MOLINARI è risultato l’album più apprezzato per la categoria Interpreti di canzoni (53 voti). Tra i finalisti: Olden / Questi anni – Dieci brani inediti di Gianni Siviero (43); Peppe Barra / Cipria e caffè (42); Cristina Zavalloni / Parlami di me – Le canzoni di Nino Rota (41); Mario Venuti / Tropitalia (40). 

Per la targa Miglior album in dialetto, l’opera più apprezzata è stata quella degli ‘A67 (con 54 voti), Jastemma (Squilibri editore). Gli altri candidati erano: James Senese / James is back (53); Nino D’Angelo / Il Poeta che non sa parlare (48); Davide Van De Sfroos / Maader Folk (46); Manutsa / Parru cu tia (La voce delle donne) (19).  

Per la Targa Tenco Album collettivo a progetto (che ricordiamo, va al produttore) ha ottenuto maggiori consensi The Gathering (Quiet) prodotto da FERDINANDO ARNÒ con 54 voti. A seguire: Parole liberate (52 voti); Lella per sempre (29); Capo Verde, Terra d’Amore. Il Vinile (26); Music for Change #21 (26).  

I suddetti riconoscimenti, al momento, sono stati formalizzati dall’associazione, ma verranno consegnati fisicamente durante Rassegna della Canzone d’autore (Premio Tenco), in programma al Teatro Ariston di Sanremo il 20, 21 e 22 ottobre.

Ulteriori informazioni sul sito www.clubtenco.it