Primo Maggio 2025, un sibilo d’impegno in una piazza ideologicamente vuota

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Ricordate l’impegno e il mordente del Primo Maggio di qualche anno fa? Ecco, in questa edizione si è sempre più sciolto sotto un imprevedibile estate romana, figlia di una platea giovanile sempre piú attenta ai suoni che ai contenuti. Non ce ne voglia Vincenzo Schettini, l’audace professore di fisica, che ha provato a lanciare la sua battaglia educativa in prime time verso le nuove generazioni, ma la sconfitta l’ha ricevuta in presa diretta, davanti a un pubblico giovanile piú trepidante per l’arrivo della “bonazza” che ad argomenti più pertinenti a questa giornata.

A noi però non ci sorprende affatto, vista pure la line-up prescelta dagli organizzatori per raggiungere tale scopo, e fieri di quegli altrettanti volti così “sconosciuti” al grande pubblico, abbiamo potuto notare con soddisfazione come ognuno abbia superato la prova musicale egregiamente, lasciando furbescamente alle spalle qualsiasi “sbattimento” ideologico oltre l’esibizione.

Giá dall’opening del Primo Maggio riservato ai presenti, abbiamo gustato la grinta di chi aveva l’opportunità di sognare a occhi aperti, su un palco così imponente. Lo ha fatto Cyrus Young col suo inedito “Sete”, poi i Cosmonauti Borghesi con quel tocco glamour da anni 80, fino all’adrenalinico Vincenzo Capua che si è preso gli abbracci della prima fila. Emozioni forti, quasi da “Saranno Famosi” di qualche anno fa, che non hanno compromesso le performance, ma anzi le hanno rese a loro modo originali, senza nessuna deriva sociale.

E quella sensazione di gioia artistica è trasparsa anche dietro le quinte del Concertone del Primo Maggio , a caccia di quei flash che immortalavano ancora di più quel momento fatidico appena trascorso. Quelli che in un certo senso ha cercato sin da subito a sorpresa lo stesso Carl Brave, in un bagno di folla volutamente continuo per il suo rilancio artistico, nella sua casa anagrafica. Quel che e’ mancato peró e’ stato quel repertorio amarcord che avrebbe attirato su di sè ancor piú clamore durante il live set, un po’ come è riuscito con grande facilitá agli altri due figli di Roma: Gazzelle e Achille Lauro. Se il primo si può ritenere davvero il filo rosso di San Giovanni per la sua crescita professionale e per quell’alone “Gallaghiano” che lo ha sempre contraddistinto, l’altro sta acquisendo sempre piú una dimensione da popstar internazionale che forse in pochi, all’inizio, avrebbero ipotizzato.

Tra slogan, outfit e performance sempre più attente, Achille Lauro stadisegnando un’altra storia musicale, in uno spazio antitetico a quello piú indie dove riescono a stazionare ancora bene figure come il folgorante Lucio Corsi, il sempreverde Fulminacci e la sorprendente Joan Thiele, alla prova del sold out serale. Dirompenti, semplici e competenti: i figli dell’indie sono riusciti a portare a casa nel loro stile un egregio feedback dalla platea, evitando discorsi impegnati che avrebbero smosso sbadigli…o critiche miopi.

Perché in fin dei conti, la libertá di espressione esiste finché non supera determinati paletti, com’è capitato coi Patagarri, che hanno sforato il politically correct – a differenza dell’ironia di un inedito showman Brunori SAS – per rilanciare in maniera provocatoria la questione palestinese. Un fulmine dialettico a ciel sereno nell’assolato pomeriggio, dove son giunti sporadiche oasi di impegno, tramite un “Bella ciao” cantato da Leo Gassmann con una piazza ancora da riempire, i video denuncia del Papa e frasi sparse dei conduttori su sicurezza (era davvero il tema trattato?), hating (con altrettanto rewatch di BigMama) e precarietá che non hanno lasciato un minimo ricordo, se non con il ricordo commuovente di Paolo Benvegnù

Anche la stessa campagna #ilmioverso, il tema di questa edizione per portare in scena la frase musicale rimasta impressa nella vita di ogni partecipante del concertone, non ha portato alla luce grandi solchi ideologici, se non evidenti differenze tra icone e possibili meteore.

Insomma il Concertone del Primo Maggio continua sempre più a prendere la deriva intrattenitiva, a discapito di una dimensione più impegnata che ormai si respira sempre piú in zone piú a Sud… tipo Taranto!

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