”Per tutto il resto c’è Lvnar” è la frase con cui spesso il suo collega ed amico Mecna lo introduce durante le sue date live. Marco Ferrario, questo è il suo vero nome, è uno dei producer che con costanza e determinazione negli anni è riuscito a farsi strada nel nostro panorama musicale. Siamo riusciti ad intervistarlo questa estate prima di un live con Corrado, abbiamo parlato del rapporto con gli artisti, del suo metodo creativo, dei suoi dj set e di no ball games.
A proposito di quest’ultimo, se ieri vi siete trovati nei pressi di via Tortona a Milano, avrete avuto allora l’occasione di assistere ad un evento unico in Italia, il ”no ball games”, di cui Lvnar rappresenta uno dei protagonisti.
”No ball games” deriva da un cartello che Enrico Rassu aveva letto a Londra e che simboleggiava l’impossibilità di poter giocare a palla in quel luogo lì. Una regola che costringe ai ragazzini di non divertirsi insieme e quindi di non crescere in una situazione che favorisce il crearsi di una comunità.
Lvnar
La prima domanda è sul tuo nome d’arte, perché l’ho cercato ma non si trova. Lvnar da cosa nasce?
Nasce da una casualità in realtà, perché ai tempi di Facebook era il nome che avevo dato a una canzone, che avevo caricato su Soundcloud, e che poi avevo postato in un gruppo privato con altri miei amici producer. Quando l’ho postato aveva la preview un po’ corrotta, non si capiva bene quello che c’era scritto. E così tutti hanno pensato che avessi cambiato il nome in Lvnar visto che non si capiva che era il nome della canzone in realtà. Gli amici mi hanno detto che era bello come nuovo nome e quindi l’ho tenuto. Ma non c’era nessun significato.
Ma neanche nella canzone aveva un significato?
Sì aveva un significato: quella base strumentale aveva un’atmosfera un po’ spaziale. Ma non è un nome che mi sono scelto per qualcosa in particolare, è stato più una casualità che poi alla fine si è consolidata e adesso mi sono abituato.
No Ball Games
No Ball Games: ci racconti per chi non c’è mai stato come è strutturato tutta l’evento e come è nato? Tra l’altro per te è stata anche un’esperienza da direttore artistico, era la tua prima esperienza come tale?
In quel caso specifico abbiamo scelto di darmi questo ruolo per definirmici all’interno. No Ball Games nasce dal fatto che Enrico Rassu ha fatto un libro fotografico che porta questo nome e che esprime il concetto del “nessuna regola”. Io ed Enry, prima dell’uscita del libro, abbiamo iniziato a collaborare ed in amicizia abbiamo iniziato a trovarci facendo musica improvvisata.
Dato che lui voleva fare un evento per l’uscita del libro, non voleva fare una pubblicazione e basta, abbiamo deciso di fare un mixtape. Per darmi un ruolo all’interno abbiamo iniziato ad usare il nome di direttore artistico, ma in realtà l’ho anche già fatto su progetti di altri cantanti. A volte capita che ho il compito di dirigere un po’ tutta la parte artistica di un progetto. In questo caso specifico la qualifica esprimeva il fatto che non ero lì a fare le basi e basta, bensì a guidare un po’ tutta la parte musicale, e poi è consistito nel fatto che si trattava di un evento.
Il primo giorno in cui lo abbiamo fatto c’era la mostra con la presentazione del libro. I successivi due giorni nella galleria, affittata da Enrico per fare la mostra, al piano di sotto abbiamo messo un microfono al centro della stanza ed il computer con le casse. Chi veniva poteva suonare, cantare, improvvisare, fare delle strofe e dei ritornelli. Abbiamo registrato 35-40 tracce in due giorni, le ho sistemate tutte e messe insieme per dargli una forma e che poi hanno creato il mixtape.
Un evento punk
E tu non avevi idea di chi fossero gli artisti che venivano ?
Sì e no, sono venuti un po’ di amici a cantare che conoscevamo, anche tra quelli non professionisti, e poi altra gente completamente random. Il bello era che, continuando sempre un po’ sul concept del libro di Enry del non avere regole, è stato tutto completamente improvvisato: chi veniva poteva registrare, quindi l’ho fatto fare anche a delle persone che tutt’ora non so come si chiamino.
Immagino tu abbia dovuto registrare tanti generi musicali diversi
Sì, era proprio assolutamente senza regole.
Qual è stata la difficoltà maggiore nel farlo?
Ma per me non è assolutamente una difficoltà, anzi lì cercavo proprio l’imprevedibilità dell’essere con più persone che interagiscono senza sapere bene cosa si sta facendo. Come Enry con le foto deve rispettare degli standard per l’industria fotografica, e si è fatto il suo libro come ”sfogo”, anche io che faccio il produttore di lavoro, quando vado in studio la gente si aspetta che faccia determinate cose. Non dico che sia sempre prevedibile il risultato, ma ogni volta devo tenere conto di tutta una serie di parametri per portare a casa un risultato che abbia un senso all’interno della discografia. E lì invece era completamente punk. Per me non è stata una difficoltà l’idea di non sapere cosa stesse succedendo, perché andava bene tutto quanto.
Libertà
Ci dai la tua definizione di libertà visto che era un po’ lo slogan di No Ball Games? Cosa significa per te?
Beh, quello che significava per me questo evento e che possiamo associare al termine libertà è il fatto che, in questo caso specifico soprattutto, era tutto organizzato per passare un momento insieme, dove c’era come denominatore comune tra varie persone il linguaggio musicale, l’espressione attraverso quella forma d’arte. Senza però avere quel retro-pensiero, quel rumore di fondo di dover pensare alle playlist di Spotify o al fare un singolo/una hit o al fare una canzone che fosse associabile ad un certo genere. Il senso di libertà era proprio questo: nessuno veniva per andare in chissà quale classifica, almeno lo spero, bensì semplicemente per esprimersi senza pensare a cosa stesse facendo in un’ottica commerciale discografica.
Classifiche
Quando invece lavori ”normalmente” in percentuale quanto ti attieni a delle rigidità legate alle classifiche ed alla commerciabilità e quanto invece lasci più passare la libertà?
Questo dipende molto dall’artista con cui o per cui sto lavorando. Se una persona viene da me cercando di ottenere un certo risultato allora io penso al 100% a tutte le considerazioni che ho da fare relative al periodo storico, ai trend, alla comunicazione e infine all’estetica dell’artista. Penso molto in generale al cantante, a cosa ha fatto, cosa potrebbe fare, come potrebbe funzionare poi all’interno della sua carriera e tutto quanto. Infine anche a come potrebbe essere posizionato all’interno di una classifica. Quindi è una percentuale del 100% se quello che si aspetta l’artista che sta venendo da me è un risultato di un certo tipo discografico.
Se invece un artista viene da me dicendo: ”incontriamoci, vediamo quello che succede passando del tempo insieme” allora cambia completamente la dinamica e può essere anche una percentuale molto più bassa. Io non do troppo peso al posizionamento nelle classifiche, però quando è necessario per l’artista ci penso. Se non è necessario perché vogliamo esplorare degli altri mondi allora non ci ragiono in nessun modo e seguo il flusso che viene.
Visione
E non ti dà peso il fatto di dover comunque seguire quasi forzatamente dei trend? Oppure lo trovi stimolante?
Sì, per me è molto sfidante, mi diverte e non mi pesa assolutamente. Però sono io che me la vivo così, non è una regola.
Un’esperienza da producer che ti che ti ha cambiato un po’ la visione della musica o ti ha dato degli input che poi nessun altro ti ha dato?
In realtà non saprei dirtene una perché essendo un perenne divenire, un’evoluzione dell’evoluzione, degli incastri di azioni e di imprevedibilità, non saprei dirti un momento che mi ha cambiato la percezione in maniera specifica. Ogni volta cerco quel cambiamento.
La figura del producer
Questa domanda l’ho fatta anche ad altri producer, secondo te perché in Italia la figura del produttore musicale è ancora sottovalutata? Premettendo che negli ultimi 5-6 anni, tra l’altro anche grazie ad artisti come Sick Luke, si è dato maggiormente peso a questa figura lavorativa, però per tantissimi anni, rispetto anche ad esempio all’America, da noi non si è dato valore a quella parte di operato nell’industria discografica
Ma guarda, è semplicemente una tendenza anche questa. Ora, che comunque la musica, soprattutto pop, è a un livello molto alto, la figura del producer intesa come la persona che ti crea il mondo intorno alla canzone e gli fornisce una quadra è diventata molto importante. Grazie a producer come Sick Luke, Charlie Charles o altri che avevano il producer tag, cioè quella vocina che c’è all’inizio, ha incominciato ad essere evidente il nostro lavoro.
Prima era semplicemente un interesse molto da addetti ai lavori, uno si andava a leggere i credits cercandoli, mentre adesso è quasi una parte integrante della canzone. Poi anche per il fatto che sotto molti aspetti ci stiamo allineando al mercato americano, questo concetto ha preso molto più piede. Secondo me adesso la figura del producer intorno alla musica pop è molto rilevante in realtà, perché il fatto di avere un nome e di aver fatto determinate cose è molto importante per gli artisti che ricercano una certa identità, un certo tipo di suono e di professionalità. Prima non so com’era, perché non ne facevo parte e magari era già così, ma non me ne rendevo conto.
Influenze
Secondo me, parlando in termini nazionale popolare, non venivano citati tantissimo.
No, no, assolutamente, una canzone di Tiziano Ferro o di Cremonini ad oggi non so da chi sia stata prodotta. Faceva anche parte del gioco della Trap, che è stata predominante per un bel po’ di anni, il richiamo al producer, e quindi di conseguenza adesso ha acquisito molta più rilevanza. Ci sono tanti produttori che sono praticamente dei front-man. L’esempio di Luke è specifico, ha scritto il suo disco solista. Insomma non ho un parere al riguardo, mi fa piacere e secondo me ci sta come cosa.
Producer, anche tra quelli esteri, che ti piace molto?
Ce ne sono moltissimi. Banalmente potrei dirti Mike Dean, che è un producer che è esploso con tutta la carriera di Kanye West, è venuto a lavorare con The Weeknd e in quasi tutto quello che ha fatto Travis Scott ci ha messo le mani. Anche Kanye West in sé come producer mi piace molto.
Artista e producer
E c’è qualcuno invece di piccolo in Italia che secondo te ha del potenziale per crescere?
Di producer ce ne sono in realtà, ultimamente sto conoscendo tanti ragazzi molto giovani, super talentuosi, di cui la mia età non mi ricordo neanche il nome e che magari sono passati al no ball games. C’è un sottobosco molto fluido, il problema è che deve avvenire la giusta simbiosi tra producer e artista che si innescano e creano un qualcosa di magico, secondo me. Perché i cantanti e i producer in sé da soli non vanno da nessuna parte se non c’è l’incastro. E poi trovare l’ingrediente segreto per il tag.
Comunque vedo un fiorire di giovani leve all’interno del panorama italiano musicale, e quello che sento è sempre tutto di livello molto alto effettivamente. Però appunto secondo me gira tutto molto intorno al fatto di trovare una combinazione tra l’artista ed il producer nel momento giusto delle loro carriere. I due si incontrano e per delle casualità si innesca un qualcosa che porta a creare un operato con un senso. Però non saprei neanche definirtela questa formula, perché è la magia della musica che è imprevedibile.
Le copertine dei dischi
A me aveva colpito molto il fatto che tu scegliessi i CD da comprare in base all’estetica della copertina.
Vabbè, certo, ma questo è un classico.
E accetti i consigli di terzi?
Consigli sì, però quando mi trovo a comprare i dischi ”al buio” e non so di cosa si stia parlando mi basta guardare la copertina. Dopo tanti anni che li compri riesci subito ad inquadrarli, banalmente anche soltanto guardando in che anno e dove è stato fatto. Dalla copertina sei già capace di capire se ci puoi trovare dentro qualcosa di interessante. In generale, quando un disco ha un’estetica molto curata, vuol dire che potenzialmente anche all’interno ha della musica di qualità. Si presuppone che sia curata e quindi interessante. Comunque la copertina, soprattutto in certe annate, ha un ruolo molto importante e, confrontandomi con molti amici e colleghi che collezionano, sono tutti abbastanza concordi. E’ difficile che un disco che ha dentro del materiale bello abbia una copertina brutta, soprattutto negli anni 70.
Pensare per immagini
Tu pensi anche per immagini o solo per suoni?
Il contrario, solo per immagini! Io, avendo avuto un percorso di formazione artistico-visivo, ho quell’impronta lì. Ho difatti studiato al liceo artistico e all’accademia di belle arti.
A Milano?
A Busto Arsizio. Di solito io applico il processo inverso, nel senso che penso ad una copertina e poi inizio a fare la base. Non si configura mai nella realtà, però ho bisogno di identificare visivamente come potrebbe diventare. Ad esempio me lo immagino dentro Spotify, e poi da lì posso iniziare a fare la base. Se no se mi metto lì e parto solo dai suoni mi riesce difficile.
E questo è stato un anello di congiunzione con Corrado?
Potrebbe essere, adesso che me lo hai chiesto ci stavo ragionando anch’io. Anche lui comunque credo abbia un’impostazione molto estetica e visiva, probabilmente ci siamo trovati inconsciamente anche per questo.
Amicizia e Lavoro
Adesso ti faccio una domanda che ho fatto anche ad Alessandro (chitarrista nel tour di Mecna), così avrò anche il tuo punto di vista. Come riuscite a gestire l’amicizia ed il lavoro?
Io non la gestisco, nel senso è semplicemente così com’è. Nello specifico con Corrado abbiamo un grosso rapporto di amicizia che si è costruito in tanti anni. Ed è passato dall’essere un po’ ”sfigatini” ad arrivare a fare cose grosse. Il nostro legame è cresciuto col tempo e si è consolidato. Gli ”scazzi” ci sono sempre, a volte ci si scontra. Però proprio perché c’è dietro una passione per la musica e un’amicizia si trova sempre una quadra. Sicuramente ci sono delle volte in cui magari il rapporto amicale è stato preponderante rispetto a quello lavorativo o viceversa, ma si è sempre trovato una soluzione in maniera anche abbastanza pacifica. Questo perché siamo tutte delle persone abbastanza tranquille, quindi avviene tutto molto spontaneo.
Tutti ti hanno già chiesto come è nata l’amicizia con Corrado, io invece ti chiedo quella con Seife
Con Seife è nata in maniera completamente random, se non sbaglio in tempi non sospetti ci sentivamo su Facebook. Sia io che lui facevamo le basi e forse ad uno era piaciuto una base dell’altro, oggi un qualcosa del genere potrebbe nascere su Instagram. Dopo esserci scritti su Facebook ci eravamo visti di persona e sono rimasto a casa sua a dormire. Ci siamo presi subito bene e poi da lì è nata l’amicizia.
Trend e creatività
Domanda cattiva: non ti sembra che i trend ti limitino un pochino la creatività?
No assolutamente, per me è al contrario. E’ molto più creativo il fatto di essere limitato all’interno di un reticolo in cui io mi posso muovere. Con la musica hai delle possibilità infinite dove puoi esplorare qualsiasi mondo. Però quando tu parti da un sample sei invece vincolato ad una tonalità, ad un giro o a dei suoni. Sei tu lì che devi trovare l’incastro perfetto. Per me è molto più stimolante rispetto ad essere completamente libero e sciolto.
Sample, copiatura del passato o no?
Però non ti sembra un po’ di copiare il passato quando vai a ripescare dai pezzi di altri?
Sì però il sample, cioè la canzone che campioni, a sua volta non è che è stata creata guardando fuori dalla finestra: è sempre un rimettere mano a delle cose pre-esistenti, prendere ispirazioni e ricontestualizzarle in altre. La musica è sempre stato uno step evolutivo su quello che c’era già aggiungendo del nuovo o cambiando i linguaggi. Prendi qualcosa che è stata fatta 50 anni fa e che ricontestualizzata oggi diventa completamente diversa e contemporanea. Ed è stato così anche per la persona che 50 anni fa ha ascoltato una musica di 4 anni prima e l’ha riformulata.
Però da qualche parte deve avere avuto un inizio
Ma è come se un scienziato dovesse sentirsi in colpa nel partire dalla formula della tachipirina per sviluppare un nuovo farmaco. E questo solo perché l’ha inventato qualcun altro, non mi sembra sensato. Se desidero fare una casa devo reinventare un modo per costruirla ogni volta da zero?
Okay mi hai convinta.
Tour e Youtube
Ti piace più andare in tour o stare in studio?
Ultimamente andare in tour, perché comunque tra di noi ci divertiamo molto. E’ come essere in vacanza con gli amici e in più mangiamo in giro a ”scrocco”, quindi è bellissimo ahah
Nei video di Youtube che hai caricato con Fritto Fm ci sono tre versioni di te, come mai questa scelta? Come sei riuscito a crearle?
Quello di Fritto fM è nato per ridere. Ho iniziato a fare i dj set lì e poi a un certo punto è subentrato un green screen dietro. Inizialmente mettevo delle immagini, dopo però ho pensato un po’ a cosa potesse essere divertente ed interessante. Ho quindi deciso di mettere il mio show precedente come visual cosicchè si potesse creare una sorta di galleria degli altri miei show.
Mi divertiva molto l’idea, ho chiesto ad Andrea Cippo se si potesse fare e mi ha risposto che avrei potuto aprire la porta dell’inferno ma che comunque andava bene. E’ stato anche affascinante per me vedere il modo in cui mi muovo; ho scoperto che lo faccio sempre nello stesso modo in base a quello che sto pensando in quel momento. Vedere quattro me di fila mi ha fatto rendere conto di ciò, però fondamentalmente non ho nessuna volenza artistica,se non essere simpatico.
Carriera da solista
Nel tuo percorso da solista dove vorresti arrivare?
In realtà io non ho proprio un percorso da solista. Ho iniziato a fare musica perché i miei amici cantavano, fin da subito non facevo musica soltanto per me con me stesso come priorità. Di brano mio solo strumentale o solo musicale ho pubblicato un unico pezzo tanti anni fa e basta. Per me la musica è un linguaggio di condivisione, un momento che si crea con una o con più persone. Ci ho riflettuto proprio recentemente, però no, non ho affatto lo stimolo di farlo. Se non c’è di mezzo un’altra persona con cui lo faccio, con cui parlo e che ha voglia di farlo con me è come se perdesse completamente di valore.
La musica è sempre nata insieme ad altre persone per me quindi un qualcosa completamente mio non ce lo vedo. Mi piacerebbe di più trovare dei nuovi artisti con cui collaborare, con cui magari crescere insieme o a cui stare dietro nel percorso. Poi magari la settimana prossima cambierò idea.
DJ set e colori
E i tuoi dj set invece?
Mi piace molto fare i dj set: selezionare la musica mi diverte. Anche quello è un modo comunque di esprimermi, quindi quando riesco li faccio.
Se dovessi scegliere un colore per descrivere la tua musica?
Io mi percepisco molto dark come colore, quindi forse ti direi un blu molto scuro, il più scuro che ci sia. Vicino al nero.
Collaborazioni
Un artista con cui vorresti ri-collaborare con cui hai già collaborato? Ed uno con cui magari non l’hai ancora fatto e vorresti un giorno?
Non so, anche lì un’infinità, soprattutto se parliamo al mondo internazionale. Non voglio neanche ”bufarmela”, quindi meglio non dirlo. Con cui ho collaborato e mi piacerebbe ri-collaborare direi assolutamente Mahmood: è uno degli artisti che mi è piaciuto di più e spero di rifarlo prossimamente. Adesso è uscito il nuovo disco quindi bisogna aspettare un po’.
Con questa domanda abbiamo finito l’intervista anche perchè gli stavamo per far ritardare il suo ingresso sul palco, meno male che è stato gentile ed è rimasto con noi fino a che ha potuto. Se volete rimanere aggiornati sulle prossime date in cui Lvnar sarà presente con la console allora non vi resta che seguirlo sui suoi social e su quelli di no ball games.
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