Era una tranquilla e soleggiata mattina di maggio. Carlo, dopo aver svolto qualche commissione, decise di fare una passeggiata.
Percorse una lunga strada all’ombra di alcuni vecchi palazzi industriali e oltrepassato un grosso incrocio giunse in un parco. Era un luogo al riparo dal caos cittadino. Non proprio silenzioso, ma di certo preferiva vedere allegre famigliole e cani scodinzolare in giro piuttosto che rimanere avviluppato nei tentacoli della metropoli.
Stare al sole era piacevole. Girovagò senza meta per i sentieri in terra battuta del giardino, scelse una panchina e si sedette. Alzò gli occhiali da sole sulla fronte per godere di quell’aria frizzante. Accese una sigaretta e allargò le braccia sullo schienale della panchina. Il sole gli accarezzava il viso, portava il precoce odore dell’estate e gli sembrò quasi di essere seduto sul lungo mare.
Il momento di tranquillità che Carlo si era ritagliato gli stava donando nuova energia. Si sentiva meglio da quando era entrato in quella delicata oasi di pace racchiusa nella frenetica città. Improvvisamente un’ombra lo schermò dai raggi del sole. Scosso dal leggero torpore in cui era Carlo impiegò qualche istante per capire che la figura piantata a qualche metro da lui era quella di un’anziana e che lo stava fissando. La donna si accorse di essere stata notata e iniziò a camminare verso la panchina.
-Non mi piace vedere un uomo. Solo. In un giardino pubblico-
Scandì quando fu a pochi passi da Carlo.
-Mi scusi? Credo di non capire- fece stupito.
-Senta è un po’ che la osservo sa; non ha fatto altro che fumare e guardarsi intorno sfogliando chissà quale rivista. Le mie amiche portano qui i nipoti! Quelli come lei non li vogliamo di certo.-
La vecchia aveva preso a puntare una delle sue dita raggrinzite contro Carlo. Era un inverosimile quanto tremendo schianto con la realtà. Aveva distrutto quel momento di pace.
-Come si permette! Credo proprio che abbia frainteso mia cara signora.- Era saltato in piedi sbalordito ed infuriato per le accuse che l’anziana gli aveva lanciato. -Dica, quale legge mi vieta di fumare o leggere al parco senza figli? Se ne vada vecchia pazza.-
-Può metterla come le pare, ma a me sembra sospetto perciò…-
L’anziana riprese a camminare e Carlo, che non aveva per nulla digerito la questione, si mise a inseguirla.
-Venga qui. Non abbiamo finito.-
Carlo allungò una mano. Voleva agguantare il braccio della donna ma gli riuscì solo di afferrare la borsa. Uno strattone e tutto il suo contenuto cadde al suolo.
-Mi scusi- disse Carlo mentre l’anziana raccoglieva i suoi effetti personali.
-Guardi stava dimenticando questa-
Raccolse una chiave poco più grande del palmo della sua mano. Dalla forma il gingillo sembrava una salamandra; era d’oro, con due rubini al posto degli occhi e la coda affilata. Carlo rimase ad osservarlo e d’un tratto gli parve che si muovesse. L’uomo sgranò lo sguardo ed effettivamente il piccolo rettile iniziò a spostarsi intorno al suo braccio. Non sapeva che fare. Si guardò attorno ma ormai il parco era deserto.
La vecchia era in piedi, più interessata al volto terrorizzato di Carlo che alle accuse che gli aveva mosso, o alla sua borsa. Le labbra piegate in un ghigno.
-E’ inutile sei spacciato.- esplose in una risata. -Tu mio caro sei il mio passe-partout, mi darai altro tempo.-
La salamandra dorata prese a muoversi più velocemente salendo verso il collo. Invano Carlo cercava di levarsela di dosso.
Un momento. Un singolo colpo di quella coda acuminata e il sangue usciva copioso dalla gola dell’uomo. Con un balzo la vecchia gli fu addosso e iniziò a bere, non voleva sprecare neanche una goccia di quella linfa vitale. Si fermò solo quando fu sazia.
Quando si alzò non era più una vecchia piena di rughe. Una donna bionda e sinuosa ripulì i residui di sangue col dorso della mano, e raccolta la sua chiave uscì dal parco.
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