Mattia Caroli e i Fiori del Male sono dei musicisti eclettici. Il loro nuovo singolo si intitola “La mia generazione”. Il brano racconta come la televisione e i social network possano modificare la percezione della realtà. Il tutto con sonorità elettropop. In questa intervista scopriamo di più a riguardo.
Intervista a Mattia Caroli e i Fiori del Male
La mia generazione è il vostro primo singolo in italiano. A cosa è dovuta questa svolta?
Abbiamo deciso, in particolare per quanto riguarda i primi lavori, di usare la lingua inglese per avere un riscontro che superasse i confini nazionali e che ci permettesse così di portare la nostra musica in giro per il mondo. È stata una scelta naturale in quanto la maggior parte dei nostri artisti di riferimento provengono da oltre confine, inoltre tutti noi amiamo viaggiare; in quest’ultimo EP abbiamo sentito l’esigenza di apportare delle novità stilistiche.
Il brano racconta dei sentimenti che si vivono molto spesso tramite uno schermo. Secondo voi, i social network appiattiscono le distanze o le amplificano?
La mia generazione racconta di come televisione e social abbiamo appiattito e distorto sentimenti ed emozioni le quali diventano, appunto, fatte di televisione con la conseguenza che le nuove generazioni dimenticano amore e poesia. Da questa “terra desolata” emerge una Roma vissuta e usurata tra ricordi d’amore e sofferenze: gli sguardi spenti volgono al passato, dove ci si perde in storie di sesso ed amore e nella metropolitana non regna che l’indifferenza. Chi non si arrende, chi non vuole bruciare, sono due amanti che si baciano nel traffico fuggendo dall’individualismo metropolitano.
Qual è il messaggio complessivo che volete trasmettere? E a che generazione vi rivolgete?
Dal punto di vista del testo è un’ode molto negativa, un po’ decadente rispetto alle dinamiche della nostra generazione, che è quella degli anni ’90. Vi è una situazione molto individualistica, accentuata anche dai social e dalla televisione, un’immagine che genera freddezza, ma laddove allo stesso tempo rinascono sentimenti e valori, le persone riscoprono altri valori, altre possibilità, rispetto a quello che i social media ci hanno passato in questi anni.
Sonorità elettroniche e produzione di Leo Pari: com’è andato il processo creativo del brano?
A quattro anni di distanza dal nostro primo album, possiamo dire che il cambiamento nella nostra musica si è costruito col tempo, con i tour all’estero e con la curiosità verso nuovi stili: una volta deciso il genere su cui orientarci ci siamo affidati all’esperienza di Leo Pari che ci ha guidato verso una forma di elettro pop.
Non volevamo fare il classico karaoke all’italiana con la solita voce martellante e abbiamo preferito tenere le voci dentro mantenendo il nostro sound internazionale. Per le sonorità ci siamo ispirati ai Depeche Mode, agli Arcade Fire e ai Baustelle. Volevamo un sound forte per descrivere qualcosa di forte, il folk non ci bastava e grazie a Leo con le influenze di molti artisti che abbiamo incontrato on the road il sound è emerso spontaneamente.
Permettete la domanda, Mattia Caroli e I Fiori del Male: ma in tutto questo, Baudelaire c’entra qualcosa?
Come si evince dal nome, il gruppo trae ispirazione dai poeti maledetti dell’’800 per quanto riguarda i testi.
Il concept del nostro lavoro artistico può essere sintetizzato nell’amore per la letteratura e le arti visive che condividiamo: oltre al chiaro riferimento a Charles Baudelaire nel nome stesso del gruppo, il testo di molte canzoni è ispirato o adattato da poesie, come nel caso di La Fuite de la Lune, presente nel primo EP Every Giro Day, originariamente una poesia di Oscar Wilde, o in The song of the highest tower (Arthur Rimbaud) nell’album Fall from Grace.
Quali sono i vostri progetti per il futuro? Possiamo avere un piccolo spoiler?
Stiamo lavorando alla fuoriuscita del secondo singolo dell’EP Come non fossi qui prevista per l’inizio del prossimo anno.
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