A tu per tu con Pierre, nell’acropoli del nuovo rap

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In occasione dell’uscita del videoclip del suo ultimo singolo abbiamo fatto qualche domanda a Pierre, rapper pugliese con il fuoco nelle rime. Uno che insomma di cose da dire ne ha, e sa come dirle.

Ciao Pierre, benvenuto su Indielife. Partiamo da chi sei: ti va di raccontarci da dove vieni, e sopratutto dove sei diretto?

Ciao Indielife, piacere di rivedervi. Il mio viaggio parte da Lecce nel ’91, dove sono nato e cresciuto. Da dieci anni vivo a Parma dove ho studiato e attualmente lavoro. Non so dove sono diretto, non ho piani, potenzialmente ovunque.

Come ti sei avvicinato alle barre del rap? Ricordi il tuo primo approccio con la musica?

A 12 anni ascoltai per caso alla radio “Lose your self” di Eminem e mi gasai un sacco, mi chiesi che cosa fosse quella roba e come fare a riascoltarla. Allora non c’era l’adsl ed era difficile pure guardare dei porno. Poi una sera dentro Lecce sentii la stessa canzone da un baracchino che vendeva CD masterizzati e comprai subito il mio primo disco rap, “8 mile”. La prima canzone l’ho scritta qualche mese dopo, ho fatto una band e ci siamo messi a provare e fare live. Il gruppo durò poco ma io ho continuato a scrivere.

Fin qui, hai pubblicato qualche singolo ma soprattutto un EP, “Smog”, che un anno fa incendiava la scena. Quanto sei cambiato in questi anni, tra “Meteoriti” e “Atene”, il tuo ultimo singolo?

Ogni volta che finisco un disco, un album, un qualcosa di complesso sono sempre diverso rispetto a quando l’ho iniziato. Imparo cose nuove, accumulo punti esperienza. Smog è il primo album ufficiale, la prima vera bandiera che pianto, sebbene sia il 4° disco che pubblico: i primi tre sono stati dei mixtape, firmati a nome Awes, con cui mi sono divertito a farmi le ossa. Comunque sia domani sarò diverso da oggi e Atene fa già parte del passato.

Ecco, parliamo proprio di “Atene”, il tuo singolo uscito un mese fa. Il pezzo è denso di riferimenti storici e anche biblici, e racconta una parte di te buia, oscura, ma ben decisa a restare in piedi come il Colosso di Rodi. Ci racconti il brano, come nasce?

Il brano in sé nasce da un suono, il campionamento che Player One ha fatto di quella vocina che si sente nella canzone Dilemma di Nelly, che poi ha elaborato quello stesso giorno, davanti a me, e mi ha evocato delle immagini legate ad un libro sui miti greci che stavo leggendo in quel periodo. Ho costruito la storia di Atene intorno a quella del Colosso di Rodi: dopo che il colosso crollò nel porto a causa di un terremoto, rimase sommerso per diversi secoli, rimanendo visibile da sotto lo specchio dell’acqua a tutte le imbarcazioni che passavano. Dopo la conquista araba di Rodi la statua venne smantellata e venduta in pezzi e frammenti di diverse misure su tutti i mercati del pianeta. Così si era creata la moda di ricevere in dono un pezzo di pietra, apparentemente senza valore ma che lo acquistava quando si diceva essere un pezzo del colosso di Rodi, una delle sette meraviglie del mondo antico. 

Tra l’altro, di “Atene” hai anche realizzato un videoclip… parlacene un po’.

Il video è stato concepito durante un periodo di zona rossa che abbiamo vissuto la scorso inverno. Si poteva entrare in pochi luoghi e uno di questi era la chiesa. Il brano parla di storia, miti, croci e chiodi. Era perfetto, così abbiamo deciso col video maker, di girare le scene in un’unica giornata in una chiesa di Parma ricca di affreschi ma poco frequentata. Abbiamo chiesto al sacrestano e ci ha dato il permesso. Volevo scrivere al papa ma non ho trovato il numero.

Fai parte di una scena, quella rap e hip hop, ormai sempre più affollata. Qual’è il tuo pensiero sul rap contemporaneo, e quali sono i nomi che trovi essere più interessanti, sul panorama nazionale?

Quella italiana è una scena rap/trap che sta crescendo sempre di più ed è diventata il mercato principale della musica discografica perché il rap, adesso, in Italia è main stream. Ho l’impressione però che sia un mercato piccolo dal quale vogliono mangiarci in tanti. La cosa che ho notato è che ci sono più produttori di talento che liricisti. Io sinceramente non mi sento parte di questa scena, tra l’altro fatta per lo più di ragazzini che dicono banalità e non mi trasmettono niente. Le basi contemporanee invece, come ho già detto, spingono tanto. Io voglio semplicemente scrivere e fare la mia musica e punto a collaborare con artisti che stimo come Salmo, Marracash, Murubutu, Cleaver Gold, Johnny Marsiglia e altri.

Salutaci facendoci una promessa che sai non manterrai.

Vi saluto e vi ringrazio per lo spazio. 

Vi prometto che resterò per sempre fedele a me stesso e non venderò mai la mia musica alla prima major che mi riempie di soldi. Amen.

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