L’importante è stare bene (se si può): l’esordio di Giuseppe Fava

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L’importante è stare bene è l’album d’esordio di Giuseppe Fava

Un disco per andare oltre le apparenze, intenzione di merleaupontiana memoria forse (anche se il francese parlava di pittura), e criticare una realtà in cui la felicità è troppo spesso kitsch e raramente reale. L’importante è stare bene, debutto del cantante siciliano Giuseppe Fava unisce queste due istanze e lo fa cercando una soluzione alternativa al normale standard cantautorale. Sette tracce di voce e musica elettronica a tratti quasi techno che restituiscono il desiderio di un’esistenza più vera.

Un album di riscoperte

Il concept di L’importante è stare bene è chiaro: entrare nel quotidiano e criticarne il lato ripetitivo e conformista. Welcome to the talk show, il primo brano, è un manifesto del disco. Fin dal titolo (che rimanda un po’ ai Pink Floyd) è chiaro che la realtà in cui viviamo verrà rovesciata e sviscerata nelle sue contraddizioni. Il parlare tanto per parlare, la spettacolarizzazione delle opinioni infondate da un lato; shopping, palestra, ludopatia, sesso come nuove droghe socialmente accettate dall’altro sono i due piani su cui si muove la pars destruens del cantautore.
Ma il capovolgimento si completa in quella riscoperta di cui lo stesso Fava parla:

Ricordarsi che c’è una via di salvezza e forse risiede nella riscoperta e nel ritorno del noi, del gruppo

Un ritorno a sé che passa dal riconoscimento della società (questo il messaggio della title track, L’importante è stare bene), ma anche dall’apprezzamento del silenzio, della dimensione più opaca e notturna dell’esistenza, e della lentezza stessa. Non a caso, il brano conclusivo è Il silenzio può aiutare.
Preceduto dal singolo Aspetto che ritorni, l’esordio di Giuseppe Fava è un album coerente e che trova nella sezione strumentale il suo punto d’interesse maggiore, testimonianza chiara di una conoscenza musicale più che avanzata. Il disco si accoda agli album “critici”, ormai un vero e proprio filone, e lo fa accentuando la dimensione dell’io calato nella frenesia della società capitalistica.
Il messaggio che passa è chiaro: l’importante è stare bene, ma stare bene non è adattarsi, ma mettere in discussione il mondo che ci opprime.

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