La versione migliore di Marsali è un fiore profumatissimo

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Mi è molto piaciuto il nuovo disco di Marsali, e i motivi sono diversi: per prima cosa, mi piacciono eccome le cose profumate e di certo non può che essere odorosissimo un EP intitolato “Bouganville”; in effetti, ascoltare il disco d’esordio di Rebecca assomiglia davvero ad addentrarsi in un giardino variegato, di piccole dimensioni e quindi capace di farti muovere con leggerezza tra i filari di piante e petali. 

Non sono solo rose, certo, ma anche spine: non esiste leggerezza priva di giusta profondità, e credo che Marsali abbia un enorme talento nel sapersi mantenere sul filo sottilissimo che separa luci e ombre, senza scadere mai in retorica, cliché di genere o pose modaiole. E’ difficile, infatti, fare pop in maniera identitaria in un’epoca storica in cui la rincorsa al ritornello, alla hit e alla playlist di turno pare essere diventata l’unica bussola dell’emergente: lei, invece, sembra possedere un’intrinseca propensione alla melodia che le fa evitare come la peste sia la nicchia che il populismo più becero, mantenendo un timbro fortemente riconoscibile che allo stesso tempo non nasconde i suoi riferimenti più storici.

Ecco quindi, tornando alla metafora precedente, che in “Bouganville” le spine si fanno sentire eccome, tormenti che sanno calibrarsi, nei brani, a strategie di terapia personale che come principale farmaco individuano poche, piccole cose: amarsi, conoscersi, – perché no – annusarsi e cercare risposte che generino domande, che alimentino il dubbio e la fantasia. 

L’infanzia, l’odore della fiera di paese in “Smarties”, la cannella e il Natale dai nonni nell’intensissima title-track, l’odore (e la voglia) di futuro che aleggiano sui due singoli pubblicati: i capisaldi di “Bouganville” diventano indici di una poetica che rivela una penna ispirata, in crescita e (fatto ancor più sbalorditivo) esordiente.

Insomma, mi sento di dire che i margini ci siano tutti per godersi la prima gestazione di un progetto che sembra non volersi affatto far “consumare”, ma che reclama piuttosto quell’attenzione, essenziale, per dare corpo, spazio e fiducia alle cose belle. Sopratutto, quando si tratta di fragilissimi, e meravigliosi fiori come quelli di Marsali.

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