Ho un rapporto d’amore e stima che continua ormai da anni con Antonio e i ragazzi de La Preghiera di Jonah, progetto campano che a due anni dal proprio debutto pubblica finalmente un disco che, a suo modo, racconta un po’ anche me.
Mi sono perso e ritrovato nelle otto tracce di “E così sia“, l’ultima (finora) preghiera di Jonah, ultimo tassello di un percorso iniziato in un momento storico ben diverso ma che ha saputo attraversare, negli ultimi ventiquattro mesi, la furia della tempesta rivelando l’immanente attualità di un lavoro denso, che mescola rock, canzone d’autore e pop elettronico nella fusione riuscita di un melpot capace di restituire la frastagliata immagine di anime turbate, quali siamo.
Nella tracklist del disco, di sorprese e piccole (o grandi) chicche ce ne sono eccome: a volte, il linguaggio di Antonio si fa così duro, così tagliante che non sentirsi a pezzi, o nudo e imbarazzato, diventa davvero difficile; almeno quanto lo è far sì che l’ascoltatore non rimanga chiuso nella sua bolla, senza farsi domande, senza essere mossa da emozione alcuna. Ecco, a me La Preghiera ha sempre mosso qualcosa nel profondo, e per me fargli un paio di domande non poteva che essere cosa necessaria.
La Preghiera di Jonah, benvenuti sulle nostre colonne. Subito ci attrae il vostro nome; da dove deriva la scelta di un nome simile? Ricordate il momento in cui l’avete scelto?
Ciao amici di Indielife!! Il nome La preghiera di Jonah nasce in tempo non sospetti, quando il progetto non era ancora quello di oggi, eravamo un duo chitarra e voce, io ero appena uscito dalla lettura di questo libro del profeta Giona, e ne restai incantato, innamorato. Questo uomo, che ha paura, scappa, poi ritorna, sbaglia poi si redime, ed io mi sentivo esattamente come lui.
Avete cominciato ormai anni fa: ricordate il primo vostro incontro?
Ovviamente sì, è stato un po’ per caso, o forse il destino che ha messo le nostre vite in condivisione. E da subito si è creato un feeling intenso che ci ha permesso di scrivere, comporre ed arrivare a quello che siamo oggi. Le cose nel tempo sono variate, qualcuno è partito, qualcuno invece e restato ed ora eccoci qua.
Nel corso degli anni, avete tirato fuori diversi singoli: nel vostro percorso, avete incontrato più produttori che hanno lavorato a più mani sui brani, al punto che oggi i primi brani pubblicati assumono connotati diversi rispetto a quelli che compongono il disco, certamente arricchendo la varietà di un disco solido nei suoi contenuti e nel suo messaggio. Perché questa scelta di “dividere” la produzione?
In realtà inizialmente non è stata una scelta ponderata, ma è stata più una necessita, una voglia di creare più e diversi ambienti.
Passiamo al disco. Ci incuriosisce il titolo, “E così sia”: abbiamo anche pensato che dal vostro debutto sono passati ormai diversi mesi, e che forse questo titolo serva anche a suggerire un moto “liberatorio”, come a dire “e così sia, pubblichiamo finalmente il nostro disco d’esordio”: è stata una gestazione difficile, quella di “E così sia”?
Beh come tutte le gravidanza più che gestazione difficile, gestazione lunga. E beh sì, “E così sia” che nei riti liturgici è tradotto con Amen, viene utilizzato come chiusura di riti/preghiere. E così sia, Amen, In verità, che nel tempo nel linguaccia comune ha assunto una connotazione conclusiva ad esempio di un lungo e logorante progetto, che ha impiegati mesi a prendere forma. Dietro al “E così sia” di questo album c’è la voglia di annunciare la verità, la realtà che ci circonda, esplorandone tutti gli angoli.
Per tutto l’ascolto del disco, ci siamo detti che la sensazione di “fede” in un futuro migliore, per quanto annebbiata, non smetta mai di pulsare attraverso i testi. Certo, gli scenari disegnati dalla vostra scrittura sono spesso cinici, crudi e disagiati: ma sembra che allo stesso tempo proprio questo “cinismo” rappresenti un punto di partenza, di autoconsapevolezza verso il futuro. E’ così?
Ovviamente sì, questo disco vuole raccontare la verità, nuda e cruda senza fronzoli, ma di certo non vuole rappresentare un arrendersi a questa “realtà” che spesso puzza.
La violenza, poi, pare essere il tema portante di questo disco: pensiamo a “Mario”, alla violenza per “amore” (come se esistesse un amore che ammetto violenza), o alla “violenza dei natali” in “Case Popolari”. O ancora, alla “violenza” che contraddistingue, in generale, il vostro stile di scrittura. Ecco, che rapporto avete con la “violenza”?
La violenza non è mai giustificata, qualunque essa sia. Ma siamo umani, e commettiamo sbagli. In “Mario” si racconta una storia, che si vive ancora oggi e cioè quello del femminicidio. E lì si racconta solo una storia punto, nessun giudizio, nessuna comprensione o giustificazione.
A fare da contraltare, l’amore. Anche l’amore assume un ruolo da protagonista nel vostro nuovo disco: l’amore, seppur martoriato da precarietà e dolore della perdita, sembra l’unico viatico alla riscoperta di sé stessi, all’accettazione del proprio corpo addolorato. Abbiamo detto qualcosa di “sensato”?
E così sia vuole raccontare la realtà, non quella dei film, libri o delle fiabe, ma semplicemente la verità. Che sia Amore, Violenza, voglia di riscatto, riscoperta di sé, senza alcun fronzolo o abbellimento così come è nella vita di tutti i giorni.
A questo punto, non resta che invitare i nostri lettori ad ascoltare “E così sia”, il disco d’esordio di La Preghiera di Jonah. E per scoprirvi dal vivo, invece? Avremo occasione in futuro?
Ovviamente sì.