Effemme – “Colpevoli” di un folk in evoluzione

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Un’accusa o una dichiarazione di intenti? Con il loro nuovo album Colpevoli, gli Effemme si addentrano in un viaggio sonoro che mescola radici folk e sperimentazioni moderne, restituendo un’opera che è al tempo stesso un tributo e una sfida ai canoni del genere.

La title track, impreziosita dalla collaborazione con Il Cile, delinea il profilo di chi, oggi, osa rallentare in un mondo che impone di correre senza sosta. Un’idea di colpa che diventa espressione di resistenza e ricerca di autenticità, anche attraverso la musica.

Abbiamo parlato con la band di questo nuovo capitolo della loro carriera: dalla costruzione di un sound che evita i cliché alla capacità del folk di raccontare ancora il presente, fino all’energia del live, dove le canzoni prendono una forma nuova e imprevedibile.

Ecco cosa ci hanno raccontato.

Cosa significa per voi essere “colpevoli” oggi e come questo concetto si riflette nei testi dell’album?

 I “colpevoli” sono tutti quelli che cercano un mondo diverso, come canta il nostro ospite Lorenzo Cilembrini in arte “Il Cile” nella title track del nostro disco.
I colpevoli, nei frenetici giorni odierni, sembrano essere tutti quelli che credono che si possa fare un passo indietro rispetto a questo mondo che ci spinge sempre, per usare una metafora, a premere fino in fondo il pedale dell’acceleratore.

Come avete lavorato per creare un sound che fonde la tradizione folk con un approccio moderno e minimale?

È stata la scommessa del disco e spero sia riuscita.
Volevamo abbracciare il territorio folk ma tenerci lontano dai soliti stilemi e cliché.
Ci confrontiamo molto e ci consigliamo reciprocamente ascolti musicali.
In più, siamo due personaggi curiosi e in studio abbiamo cercato anche di sperimentare con dei piccoli innesti di elettronica minimale.
Siamo sempre in evoluzione, ecco.

Quali influenze, anche inaspettate, hanno contribuito alla costruzione dell’identità sonora di “Colpevoli”?

Ah, credo una marea! 😀
Sia io che Mud siamo due bulimici di musica.
Io poi sono in tour tutto l’anno e mi capita spesso che arrivino ragazzi con dei CD autoprodotti da farmi sentire.
Non tutto è oro colato, ovvio, ma ho trovato tanti stimoli da ragazzi che suonano in progetti misconosciuti!
Progetti freschi e stimolanti.
“Colpevoli” di sicuro palesa degli influssi di tanti nuovi folksinger inglesi e irlandesi: Glen Hansard, Damien Rice, Paolo Nutini.
Anche Jack Savoretti non è male.
Io poi trovo sempre stimolante, quando voglio arrangiare un brano con un vestito folk, riascoltarmi “Led Zeppelin III”, ad esempio.

Pensate che il folk abbia ancora oggi la stessa forza di protesta e narrazione collettiva che aveva in passato?

Mah, sono un po’ disilluso da quel punto di vista.
Ho vissuto nella pelle gli anni in cui si credeva davvero che un brano “could change the world”, ma ora ci sono solo piccole luci in una notte troppo buia.

Come cambia l’essenza di “Colpevoli” quando lo portate sul palco?

Cerchiamo di rispecchiare fedelmente il mood e i suoni del disco, ma nel contempo siamo anche più propensi ad “aprire le strutture”, ad esempio se voglio fare un assolo più lungo o se Mud vuole cambiare un intro.

Ci si diverte! 😀

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