Taistoi e l’arte dell’impercettibile: “Vibrisse” raccontato dall’artista

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Dietro lo pseudonimo di Taistoi si nasconde un animo curioso e sensibile, capace di trasformare l’impercettibile in musica. Con il suo album di debutto Vibrisse, Andrea Esposito, moniker di Taistoi, ci invita a esplorare un universo sonoro ricco di sperimentazione, dove i suoni e le atmosfere catturano sensazioni spesso sfuggenti. Tra gatti e riflessioni esistenziali Taistoi si racconta, svelando il processo creativo e le ispirazioni che danno vita alla sua personale visione artistica.

Intervista a Taistoi su “Vibrisse”

La scelta del titolo “Vibrisse” ci ha incuriosito. Come sei arrivato a questa scelta, c’è un particolare legame con il mondo felino?

Ciao, sì io sono notoriamente un gran gattaro e pantofolaio, sfortunatamente non ho mai potuto avere dei gatti a causa dei miei genitori che sono allergici a ogni essere vivente, mentre adesso che vivo da solo son troppo povero e irresponsabile per pensare ad un’altra vita. 

Fortunatamente però ho avuto relazioni in cui l’altra persona aveva un gatto. Quindi tendenzialmente il gatto è sempre stato per me un prototipo comportamentale: sfuggente, menefreghista, opportunista, sentimentalmente ingrato e unicamente fedele al padrone. Nelle relazioni si ha sempre, chi più chi meno, un senso di “sudditanza” maggiore o minore rispetto al partner. 

Ci racconti della tua collaborazione con Bruno Germano per la produzione di “Vibrisse”?

Ti racconto della mia, o meglio della nostra, collaborazione con Bruno perché il disco non l’ho fatto da solo, ma in compagnia di Elia Notarandea, Leonardo Antinori, Claudio Brivio e Filippo Rabottini. 

Che oltre a essere i miei migliori amici e vicini di casa suonano con me e hanno contribuito integralmente al disco. Non appena Bruno ha conosciuto me, è entrato in contatto anche con loro. Io ed Elia (Notandrea ndr) poi siamo particolarmente fan dei suoi lavori di produzione insieme a Jacopo (iosonouncane) e siamo tutt’ora davvero felici di averci collaborato.

Ci ha guidati e raffinati, è stato un mentore e una guida per noi. Davvero poche volte in vita mia mi è capitato di conoscere e affezionarmi così ad una persona.

Dici che il gatto è un po’ la metafora del tuo modo di essere: discreto, attento e sensibile all’impercettibile. Credi che questa prospettiva riesca a riflettersi anche nella tua musica?

Intendi se mi sento paranoico e se nelle canzoni scritte fino ad ora si percepisce? 

Milano mi ha fatto uno strano effetto: ultimamente le situazioni sociali mi fanno soffrire, la noia ti fa soffermare sui dettagli e l’impercettibile diventa una fissa per chi non ha altro da fare che starsene lì, fermo a guardare. Di base credo che le sensazioni che voglio far passare dalle mie canzoni si percepiscano al di là del testo o delle parole che uso. Penso sia una partita che si gioca sul suono, quindi, a livello sinaptico, molto prima della comprensione verbale. 

Il tuo è un album ricco di sperimentazione. Quali sono gli artisti che ti hanno segnato maggiormente e come si inseriscono nel tuo stile personale?

È ricco di influenze, di base, perché le canzoni che ho scritto son state sviluppate poi in sala prove, come dicevo già prima, in quattro. Quindi suonando assieme agli altri abbiamo trovato un gusto comune nel disco. 

Come reference tra i gruppi ci sono Nick Cave, Morphine, Flaming Lips, Fishmans, Arctic Monkeys, Beach Bouse, Radiohead, Yura Yura Teikoku, Ogre You Asshole e mille altre cose.

Osservando la copertina, “Vibrisse” sembra raccontare il lato oscuro e nascosto delle cose, in maniera quasi…magica. Ti va di raccontarci cosa c’è dietro alla scelta di questo artwork?

L’idea della copertina è tutta merito di Vittorio Donà. È la bocca di un mostro (o anche un portale) che si apre al mondo delle sensazioni che abbiamo sperimentato nello scrivere il disco, mondo in cui vorremmo portare l’ascoltatore. 

L’impercettibile è un tema centrale. Come riesci a catturare e tradurre in musica ciò che sfugge agli occhi e alle orecchie più distratte?

Com’è che si dice? Gli occhi del gatto sono lo specchio dell’anima, boh non mi ricordo!

Comunque, considera che si percepisce con cinque sensi e il suono è una cosa fisica, quindi lo spostamento dell’aria produce il suono e forse il brivido è più una percezione tattile che uditiva. Penso solamente che musicare la propria visione delle cose sia un tentativo che può riuscire o fallire.  

Non è mai tutto in bella vista, quindi se le orecchie son distratte è bene che non lo siano la seconda volta se non si vogliono perdere dei pezzi.

Guardando indietro all’EP “Portamento”. In che modo il tuo approccio creativo è cambiato o maturato con “Vibrisse”?

Beh, è cambiato tutto. 

Prima ero senza esperienza e Enrico, la persona con cui è iniziato tutto, mi aiutava tantissimo e abbiamo prodotto assieme il primo EP in camera sua. 

La dimensione del live ha distrutto ogni mia concezione della musica. E il gruppo con cui portavo il progetto live è diventata la band con cui è nato il disco. Si sono aggiunte più mani e più teste. 

Il disco è stato impacchettato in sala prove e rifinito da Bruno.

Cosa possiamo aspettarci dal futuro di Taistoi? 

Cosa in realtà non lo so. Il progetto lo vedo molto slegato dalla mia persona, si svolge tutto in funzione della musica che andrò/ andremo a fare.

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