In questa intervista, Fidelio racconta “La Svolta”, il nuovo singolo che affronta con lucidità e delicatezza una delle illusioni più comuni della contemporaneità: quella di poter cambiare vita da un momento all’altro. Il brano – tra synth-pop ipnotico, suggestioni indie e aperture alternative rock – descrive la tensione silenziosa di chi continua a muoversi senza mai davvero andare da nessuna parte. Una marcia esistenziale fatta di routine, ambizioni disattese e rassegnazione mascherata da ottimismo.
Ambientato in una Chicago maestosa e indifferente, il videoclip diretto da Andrea Aniello amplifica il senso di spaesamento del protagonista, mentre la canzone si fa specchio empatico di chi ha imparato ad accettare una vita non pienamente scelta. “La Svolta” è uno dei tasselli centrali del concept album “Solo i borghesi sopravvivono”, in uscita a novembre 2025, un lavoro che alterna sarcasmo e introspezione per raccontare, senza filtri, l’inquietudine di una generazione borghese in cerca di senso.
Il vostro nuovo singolo, “La Svolta”, esplora il tema dell’illusione del cambiamento personale e della routine borghese. Qual è stata l’ispirazione dietro questo brano e come avete sviluppato il concetto di Solo i borghesi sopravvivono?
Con Solo i borghesi sopravvivono volevamo raccontare in modo onesto e senza filtri la borghesia che ci circonda e di cui, volenti o nolenti, facciamo parte. Un mondo fatto di piccole routine, desideri rinviati, adattamenti graduali. La Svolta nasce da una riflessione che abbiamo sentito pronunciare spesso da persone anche teoricamente realizzate: “ci serve una svolta”. È un pensiero che contiene speranza, ma anche sintomi di insoddisfazione e tanta illusione. Abbiamo voluto restituire questa tensione interiore, questa ricerca continua di un cambiamento che sembra sempre vicino, ma non arriva mai. Il concept dell’album, invece, si allarga e racconta un percorso più complesso, quasi narrativo: dal rifiuto snobistico iniziale all’accettazione consapevole della vita borghese. La Svolta è un passaggio avanzato ma ancora intermedio, una tappa di resa passiva e non del tutto lucida.
Il sound del brano combina elementi di synth-pop, indie-pop e alternative rock, creando una tensione emotiva palpabile. Come avete scelto questo mix sonoro per rappresentare il tema della disillusione moderna?
La scelta sonora nasce sempre dal testo. In questo caso, volevamo evocare una condizione di immobilità mascherata da movimento: la vita che scorre, piena di impegni e obiettivi, ma che in realtà ruota su se stessa. Le strofe hanno quindi un andamento cantilenante e ipnotico, quasi anestetizzante. Poi, nel ritornello, la musica si apre e diventa più malinconica, più fragile, con sfumature di alternative rock. Abbiamo cercato di riflettere musicalmente questa dualità: il tentativo di convincersi che “va tutto bene” e, subito sotto, l’inquietudine di sapere che non è così.
Il videoclip diretto da Andrea Aniello e ambientato a Chicago mostra un protagonista immerso in una camminata incessante tra luoghi iconici della città. Qual è il messaggio visivo che volevate trasmettere e come si collega alla storia raccontata dalla canzone?
L’ambientazione a Chicago non ha un significato geografico preciso: volevamo che il protagonista si muovesse in uno spazio urbano bello, riconoscibile, quasi maestoso, per accentuare il contrasto con il suo totale disinteresse verso tutto ciò che lo circonda. Il personaggio cammina a testa bassa, senza fermarsi mai, muovendosi incessantemente verso qualcosa che però forse non esiste neanche. Il video è una metafora visiva della condizione raccontata nel brano: essere circondati da stimoli, possibilità, bellezza… eppure non riuscire a vederli, perché prigionieri di una incessante routine.
“La Svolta” sembra offrire un ritratto empatico di chi si trova a vivere una vita non pienamente scelta, ma accettata con la speranza di un cambiamento. Come avete trovato il giusto equilibrio tra empatia e critica nel testo del brano?
La chiave è stata proprio l’empatia. Non volevamo giudicare nessuno, né tantomeno prenderci gioco di una condizione così comune. La speranza di un cambiamento, anche se illusoria, è profondamente umana. E spesso non è colpa nostra se ci adattiamo a vite che non abbiamo scelto del tutto. Il testo è più uno specchio che una critica: abbiamo provato a guardarci dentro con tenerezza e comprensione, senza alcun giudizio.
Nel vostro processo creativo, come avete affrontato la sfida di rappresentare l’angoscia e la malinconia attraverso la musica senza cadere nel sarcasmo o nella critica diretta?
In realtà nel concept Solo i borghesi sopravvivono convivono approcci diversi: ci sono brani in cui ironia e sarcasmo emergono in modo evidente e altri, come La Svolta, più intimi ed empatici. Abbiamo cercato di ascoltare con attenzione la voce del protagonista. È lui a parlare, non siamo noi a parlare di lui. Questo ci ha aiutato a non forzare il tono, a non esagerare con la cupezza. L’angoscia e la malinconia emergono naturalmente, perché fanno parte della storia. Il trucco, forse, è stato lasciarle fluire senza commentarle troppo: vorremmo che l’ascoltatore si sentisse parte di questa storia, non messo in discussione o addirittura preso in giro.
Quali sono i vostri prossimi passi dopo il lancio di “La Svolta”? Avete altri progetti in cantiere che possiamo anticipare?
Nei prossimi mesi usciranno altri singoli tratti da Solo i borghesi sopravvivono, fino alla pubblicazione completa dell’album, prevista entro novembre 2025. A dicembre faremo i primi live in Italia, e sinceramente non vediamo l’ora. Intanto stiamo già lavorando al secondo album, che uscirà nel 2026: un nuovo concept, con una visione diversa, ma sempre coerente con la nostra identità.