Big Bang Music Fest: ecco cosa hanno da dirci alcuni degli organizzatori…
Big Bang Music Fest: ecco cosa dobbiamo aspettarci
Da domani, mercoledì 29 maggio, fino a domenica 2 giugno, l’area verde di Viale Papa Giovanni XXIII a Nerviano si colorerà di musica e divertimento grazie ai Giovani Nervianesi. Quest’anno la line up è molto ricca. Nove ore di music no stop al giorno con performance live di artisti emergenti italiani e uno straordinario djset internazionali. Sul palco saliranno infatti Ruggero de i Timidi e Auroro Borealo nella data di apertura, Colle der Fomento, Stokka & Madbuddy + djshokka e Pepito Rella il giorno seguente, venerdì 31 maggio suoneranno Cimini, Rovere, Margherita Vicario, Mox, Masamasa e Jurijgami, il primo giugno 2manydjs, Splendore e I Miei Migliori Complimenti, nella data di chiusura saliranno sul palco Derozer,Andead, Samo e Internazionale Trash Ribelle.
Non solo musica
Non solo musica però durante questi cinque giorni: grande novità sarà il torneo di “green volley” accompagnato dall’esibizione di wrestling sabato 1 giugno mentre domenica si terrà l’ormai consueta sfilata di auto d’epoca. In questi due giorni, sabato e domenica, i bambini di tutte le età potranno divertirsi in modo del tutto gratuito con gonfiabili, truccabimbi e bolle di sapone.
Come restare informati
Per aver informazioni sull’evento potete seguire la pagina Facebook ufficiale (cliccando qui) o sulla pagina Instagram (cliccando qui).
E’ uscito il 24 maggio dalla Glory Hole Records il nuovo lavoro di Claver Gold e i Kintsugi “Lupo di Hokkaido”, album, che racconta metaforicamente del lupo di Ero o di Hokkaido (specie giapponese estinta nel 1870).
Questo animale viene legato in modo allegorico allo stile rap, che nel corso del tempo ha subito cosi tante variazioni da non far più percepire ciò che si voleva fare un tempo, ovvero il raccontare da diversi punti di vista e sensazioni, della quotidianità affrontata.
Gli autori, grazie a testi impegnati e scritti in modo empatico, vogliono puntare il dito sul rap italiano, affermando che questa corrente artistica sta morendo lentamente proprio da chi la difendeva o da chi non è riuscito a viverla a pieno, proprio come il lupo giapponese.
Lupo di Hokkaido
L’ EP contiene sette tracce tra cui un “Intro” e un “Outro” e, alcuni brani come il primo singolo estratto “Calicanto”, sono introdotti volutamente da una voce narrante in lingua giapponese che racconta ciò che è accaduto al lupo di Hokkaido.
Qui sotto la tracklist dell’EP:
Intro( la prima traccia del disco racconta metaforicamente la morte dell’amore, l’estinzione del riuscirsi ancora ad amare, come la morte del lupo di Hokkaido);
Ikigai ( racconta una giornata tipo, quando tutti ti cercano ma tu non vuoi vedere nessuno, svegliarsi con i postumi e odiare il mondo ed avere bisogno solo di una persona al tuo fianco. Non è semplice fare un “traccia per traccia” di questo disco perché ogni pezzo non racconta soltanto una storia, ma più storie insieme)
La tana del lupo ( è un testo molto personale che però si riflette anche nella cultura rap italiana, in quello che sta succedendo ora alla scena Hip-Hop, c’è amarezza e delusione ma al contempo anche fierezza nell’aver fatto una scelta, che probabilmente è la scelta più difficile, quella di rimanere veri in un collettivo di apparenza)
Yuki ( in giapponese vuol dire Neve, anche qui c’è una metafora tra una storia d’amore e la neve… un amore effimero come la neve che prima o poi si scioglierà e rimarrà soltanto fango.)
Parte di me feat. Hyst ( ecco l’unico feat. del disco: chi se non Hyst, solo perché è giapponese? No, anche perché è un grandissimo scrittore ed interprete, ma il fatto che sia giapponese ha influito molto nella scelta. Questo è uno dei testi più complessi, un susseguirsi di immagini, metafore, rime di getto che si susseguono e rincorrono il tema principale che è la paura di sbagliare)
Calicanto ( Nasce dopo una notte di insonnia, un flusso di coscienza scritto di getto, senza pensarci troppo.)
È uscito lo scorso 17 maggio “Anime Impazzite”, il nuovo brano di CIMINI per Garrincha Dischi.
Federico Cimini, classe 88, è un cantautore calabrese trapiantato a Bologna. La sua fama è sicuramente legata al singolo “La legge di Murphy”, contenuto nell’album ANCORA MEGLIO, datato 2018. Non possiamo dimenticare inoltre il featuring con Lo Stato Sociale in “Canzone per l’estate”, contenuto nell’album Faber Nostrum (ve ne abbiamo parlato nel nostro articolo).
Con il nuovo brano “Anime Impazzite”, l’artista ci spiattella in faccia, tramite una musica molto allegra, un tema insieme duro e delicato, sicuramente molto importante e di grande attualità: quello dell’inquinamento ambientale.
CIMINI esorta l’uomo, causa principale di questo problema, del “buio che non fa respirare”, ad intervenire, proprio per poter tornare a “respirare bene come al mare”.
Per il nuovo singolo sono stati realizzati ben due videoclip ufficiali, girati a Palermo e Venezia. Il video che trovate di seguito è quindi una sorta di piccola anteprima, che permette allo spettatore di scegliere quale dei due video guardare.
Il tour “Ancora e Meglio” è già partito con le tappe di Lecce e San Salvo (CH), e proseguirà con le seguenti date:
30/05 Modena – EstatOFF
31/05 Nerviano (MI) – Big Bang Music Fest
07/06 Asti – Il Gulla
21/06 Padova – Sherwood Festival
27/06 Boltiere (BG) – MARC FEST
28/06 Abbadia di Montepulciano (PI) – Konca Music Fest
12/07 Bra (CN) – Bra Mon Amour
13/07 Pieve di Cento (BO) – IV Tempo Festival
06/09 Arezzo – Warehouse Decibel FEST
Non dimenticare di leggere il nostro articolo per scoprire i dieci artisti indie del momento.
Quante volte si sente dire che la scrittura fa bene o consigliano di scrivere una lettera, senza però spedirla. O, ancora, quante volte si vedono nei film o nelle serie tv persone che si sfogano grazie ad un diario personale? Questo perché è un luogo segreto dove annotare le proprie sensazioni in modo efficace e senza interferenze esterne. Nei tempi del digitale, poi, si è passati dallo scrivere su carta a confidare i propri segreti sui blog. È evidente, quindi, che mettere per iscritto le proprie emozioni possa curare dall’interno, mettendo in atto un vero e proprio processo di “riabilitazione”.
Scrivere fa bene: il caso de “Il Fu Mattia Pascal”
Sin dalla nascita della psicoanalisi, attribuita a Sigmund Freud nei primi anni del ‘900, si sono cercati diversi metodi per curare l’animo umano. Un libro tra tanti, ovvero “Il Fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello, inizia proprio con la premessa della scrittura; infatti, un suo amico gli ha consigliato di scrivere, come se fosse una terapia. Il narratore stesso descrive ciò che sta scrivendo come un manoscritto. Questo è solo un esempio di come anche in letteratura si è parlato della scrittura; infatti, affascina che un atto così naturale possa contenere al suo interno un aspetto terapeutico.
Secondo lo psicoterapeuta Sergio Stagnitta, l’effetto positivo della scrittura è quello di permettere alla mente di calmarsi; mettendo su carta le proprie sensazioni e fissando gli avvenimenti, gli si dà un ordine. Inoltre, soprattutto nei momenti più difficili e in cui serve un confidente, la scrittura può rivelarsi particolarmente utile; infatti, permette di dedicare del tempo solo a se stessi, focalizzandosi su cosa si prova nel profondo ed estraniandosi. Tutto ciò è fondamentale soprattutto nell’epoca attuale, dove si è costantemente connessi; per esempio, una chat su Whatsapp o la necessità di postare foto su Instagram per mostrare quanto ci si sta divertendo.
Quando si scrive si può essere se stessi, guardandosi dentro per trovare cosa ci turba. Ma non solo: il fatto di guardare ad un evento in maniera introspettiva, permette di analizzarlo da vicino, facendo emergere le sensazioni più profonde.
La scrittura fa bene perché è un atto intimo
La decisione di scrivere deve partire da dentro e non deve essere mossa dalla necessità di pubblicare tutto per guadagnare qualche like distratto. La scrittura è un atto intimo: un pensiero che abita la nostra mente in modo ossessivo trova finalmente la sua collocazione su una pagina. Quando si inizia a scrivere, il più delle volte non si sa dove si terminerà; questo perché si mette in atto un processo creativo che si sviluppa a mano a mano che si procede.
Scrivere significa distaccarsi da ciò che ci circonda
Usare le proprie parole per descrivere un evento positivo è spesso facile; lo stesso non si può dire degli eventi negativi che fanno più male. Focalizzarsi specialmente su questi ultimi può permettere alla mente di trovare una via d’uscita e magari di adottare il giusto distacco dalle situazioni dolorose. In un mondo globalizzato dove tutto si fonda sull’interconnessione, ritrovare un dialogo con il proprio Io più profondo può essere terapeutico. Le modalità di scrittura possono essere le più diverse, si può optare per la prosa o cimentarsi nella poesia, ma l’effetto curativo è assicurato.
Sartoria Volume è una band emergente originaria di Brescia che con il suo singolo Ballo Coi Serpenti ha appena fatto il suo ingresso ufficiale nella scena indie italiana.
Formatisi nel lontano marzo 2011, prima come Souls Collision, poi passati al nome di Vitanova, al momento i giovani bresciani hanno all’attivo già quasi un centinaio di concerti alle spalle, con ben due EP autoprodotti – uno (“Conflitti”) pubblicato nel 2014, mentre l’altro (“Controluce”) nel 2017.
All’improvviso, però, un cambio di rotta. La band non si trasforma a partire dai componenti (anche se con il tempo un elemento del gruppo si è perso), così come non viene cambiato neanche l’atteggiamento grintoso che l’ha sempre contraddistinta, quanto piuttosto vengono rivisitati il nome (di nuovo), il sound da portare in scena e il catalogo delle influenze musicali.
I componenti del dinamico gruppo sono quindi Alessio Busi, Federico Mariotto e Andreas Busi, eclettici artisti che fondono insieme indie, rock e alternative, senza nemmeno avere paura di attingere a generi quali pop ed elettronica.
Ballo Coi Serpenti
Disponibile dal 14 maggio scorso e accompagnato da uno stravagante video che vanta la regia di Nicola Belleri, Ballo Coi Serpenti è volto a far conoscere il rinnovato trio a un pubblico più ampio, precedendo non a caso l’uscita del primo disco omonimo.
La prima canzone dell’EP prossimo all’uscita si presenta come fresca, vivace, che attira per la sua evidente vena ironica, che pulsa un testo pronto a sfruttare il linguaggio comune per fargli dire qualcosa di diverso (“col giusto cattivo gusto”).
A differenza dei versi, che hanno subito un sostanziale capovolgimento per quanto riguarda tematiche e scelte narrative, la sonorità rock dei vecchi Vitanova è rimasta presente, la si percepisce (basta pensare aCome va o anche a Il giorno prima), ma è stata indubbiamente sfumata e abbassata nei toni, per essere fruttuosamente arricchita di (tanti) nuovi stimoli.
Un mix simpatico, questo, che funziona, è efficace, e riesce senz’altro a dare forma a un pezzo che risulta facile da fischiettare dopo averlo ascoltato anche solo la prima volta. In particolare il refrain, così ambiguo, leggero e divertente, piace sia all’orecchio nuovo che a quello che ripassa incuriosito per l’ennesima volta, tanto da ritrovarselo sulle labbra prima ancora di realizzare ciò che si sta insistentemente canticchiando.
Per ciò che riguarda il simpatico video musicale che accompagna il brano, esso è stato realizzato grazie alla raccolta fondi portata avanti con successo sul portale MusicRaiser, iniziativa che è stata indirizzata anche al finanziamento (oltre che al preordine) delle stampe dell’EP che conterrà al suo interno altre tre tracce.
L’album d’esordio dei Sartoria Volume, prodotto sotto la guida di Michele Guberti, Massimiliano Lambertini e con l’attenta collaborazione di Manuele Fusaroli(The Zen Circus, Tre Allegri Ragazzi Morti, Nada, Luca Carboni, Motta, Nobraino, Le luci della centrale elettrica), sarà presto pubblicato sotto l’etichetta ferrarese Alka Record Label.
Ricordiamo, infine, che se volete supportare questo dinamico trio, potete sostenerlo seguendone gli sviluppi e gli aggiornamenti attraverso i canali social ufficiali, quali Facebook e Instagram.
L’intervista alla giovane poetessa Irene Pellegrini ha inizio di notte dopo il tramonto.Il momento migliore per parlare di “Albe Crepuscolari”.
Irene Pellegrini è una giovane laureata in Giurisprudenza appassionata di letteratura e poesia che, tra le dolci colline toscane, ha dato vita ad una raccolta di poesie a mio avviso degna di nota. Non capita spesso di cogliere, in autori emergenti, una vena comunicativa tanto viscerale e, allo stesso tempo, diretta, un linguaggio equilibrato e delle immagini così vive da sembrare proiettate.
Giusto il tempo di riempire un calice di buon vino rosso e inizio subito, senza troppi giri di parole.
– Ciao, Irene. Essendo questo un magazine che tratta anche di musica, la prima domanda riguarda proprio quest’ultima: che musica ascolta una poetessa emergente?
– Io ascolto davvero di tutto, dalla musica classica alla sigla di “Naruto” (Ride).
– E se, invece, ti chiedessi qual è il tuo poeta preferito, cosa mi risponderesti?
– Ti risponderei con un nome: Giacomo Leopardi. Quello che le sue poesie hanno saputo trasmettere alla ragazzina che ero al liceo è un qualcosa di inspiegabile. Mi rivedo, emozionata e coi lacrimoni, leggendo i suoi testi. Poi, ce ne sono molti altri: John Keats, Guillaume Apollinaire, Michele Mari …
– Partiamo dalla tua opera, dunque, e dalle sue prime pagine. In apertura, troviamo una bellissima citazione di Italo Calvino: “Che pena. Sperare, intendo. E’ la pena di chi non sa rinunciare”. Tu, in cosa speri?
– Innanzitutto, premetto che, quando si toccano i grandi argomenti della vita, si corre sempre il rischio di risultare abbastanza banali. Detto questo, io spero nella felicità. Se mi è capitato di scrivere questa raccolta, è proprio per costruirmi un modo per provare ad esserlo … del resto, se lo fossi stata, molto probabilmente le mie “Albe crepuscolari” non avrebbero mai visto la luce.
– A tal proposito, quali sono le zone di luce ed ombra che formano il tuo crepuscolo?
– La mia zona di luce è, appunto, la speranza: io ho trovato la poesia, come mezzo di ricerca, ma ognuno può trovare il suo e così aspirare ad essere felice. Per quel che riguarda l’ombra … (Ci pensa qualche minuto) … l’ombra, per me, è l’esatto opposto: una malinconia latente, che condiziona il tempo che passa. L’ombra è il tempo sprecato …
– Il tempo, in effetti, è un tema molto ricorrente in “Albe crepuscolari”: leggendo, l’ho avvertito quasi come un’entità viva. Che rapporto hai, con esso?
– Bella domanda (Sorride pensierosa). Ho un particolare legame affettivo con il tempo passato: conservo dei dolci ricordi della mia infanzia e adolescenza. Paradossalmente, però, spesso mi ritrovo a viverlo come un’agonia, mentre lo avverto scorrere inesorabile … mentre gli avvenimenti si succedono e io non sono in grado di venirne a capo, di esserne protagonista. Insomma, ho una relazione davvero complicata con il tempo.
– Da queste poesie, sembri una persona che si biasima molto: a tratti, ho colto quasi una frustrazione per la tua “immobilità”. Forse viene da lì, l’immagine dei treni quali una boccata d’ossigeno. Che consigli daresti a chi si sente di star vivendo una vita immobile?
– Di aspettare il treno giusto per lui (o lei). Non si deve aver paura di restare immobili, se serve. Piuttosto, si dovrebbe temere di non avere il coraggio di salire sul treno, quando arriva in stazione.
– Parole bellissime … se tu potessi leggere a una giuria solamente una delle poesie di questa raccolta, quale sceglieresti? E perché?
– “Autunno”. Perché, banalmente, la trovo una delle più significative.
– Ogni tanto menzioni Dio, nelle tue poesie. Cosa rappresentava per te, quando hai scelto di menzionarlo?
– L’ho menzionato attribuendogli un significato diverso dall’accezione comune, quasi fosse una sorta di “limite di paragone insuperabile”. Diciamo che ho semplicemente cercato di ironizzare su questo dogma, nei limiti di quanto mi è sembrato giusto e necessario.
– “Stelle e coriandoli” (pag. 60) è una poesia che mi ha catturato. Oltre all’atmosfera parigina, c’è qualcos’altro che volevi trasmettere, nello scriverla?
– In quella poesia ho cercato proprio di ricreare quell’atmosfera per smuovere emozioni. Faccio un esempio: lo stesso luogo è sicuramente legato a ricordi diversi a seconda di ognuno di noi, ricordi che potrebbero far scaturire differenti stati d’animo. Io, con “Stelle e coriandoli”, ho provato a portarvi in un certo luogo, a voi il resto …
– Cos’è per te Parigi, dunque?
– Per me, Parigi è una città che racchiude un universo. Lì si può incontrare ogni sfaccettatura dell’animo umano. A Parigi, la Gioconda sorride tanto al turista, quanto al clochard che dorme in metropolitana, i ragazzi danzano e suonano per le strade e i parchi profumano di aria buona. Parigi è tutto.
– Irene, io ti ringrazio e ti lascio con questo sapore sognante che aleggia nell’aria come profumo di baguette. Ti auguro di scollarti presto l’antipatico appellativo di “emergente”. Intanto, buona scrittura e alla prossima poesia!
È uscito lo scorso 12 aprile “La primavera”, il nuovo brano dell’emergente Flemma, self producer & songwriter from Napoli.
“Introspezione pop e maschine, basi elettroniche e testi cantautorali. Flemma, dopo l’esperienza rock dei Due Minuti D’Odio, e prima ancora dei Peacebreakers, è un nuovo progetto homemade di Napoli che si muove nell’internet”, così parla di sé il giovane cantautore.
La primavera è un brano dove la base elettronica e il suono della batteria si legano perfettamente ad un testo semplice ed intimo, ma efficace.
Assieme al singolo è stato rilasciato anche il video ufficiale, “un video pieno di vita e ricco di colpi di scena, soprattutto sul finale”.
Flemma è un artista emergente all’interno del panorama indie italiano, ma assolutamente molto interessante e da tenere d’occhio; potrebbe infatti rivelare altre sorprese.
Il loro cammino nella corrente indie è stato veloce ma efficace; iniziato nel 2017 con una serie di Ep come Pakistan e Anima Lattina, ma è il video/singolo Post Concerto a portarli nelle cuffie dei veri indie addicted.
Consacrazione al grande pubblico del duo milanese è stato il Primo Maggio Roma, che li portati davanti alla platea televisiva dopo aver conquistato quella radiofonica con il singolo Granata.
È con questa fase che i Coma_Cose annunciano le nuove date dei live estivi, le prime ma non le definitive per tutto lo stivale.
California e Fausto lama
I Coma_Cose mettono musica e stile allo stesso piano, un visual chiaro e preciso che accompagna tutte le loro mosse. Queste nuove date live sono state lanciate con un arancione carico e potente come le loro tracce di Hype Aura e l’estate che verrà.
Ecco
le nuove date in continuo aggiornamento:
-24.05 Segrate (MI), MI AMI Festival
-18.06 Padova, Sherwood Festival
-13.07 Bologna, Indimenticabile Festival c/o Bologna Sonic Park
-19.07 Grugliasco (TO), Gru Village
-20.07 Roma, Villa Ada
-03.08 San Severino (PZ), Pollino Music Festival
-04.08 Patti Marina (ME), Indigeno Festival
-10.08 Budapest (Ungheria), Sziget Festival
-07.09 Palma Campania (NA), Ecosuoni Festival
L’esperienza live
dei Coma_Cose è davvero completa, rap, melodie e una grande musica live, una
scarica di adrenalina.
Aspettando il nuovo video clip, ancora ignoto ma che molti fan attribuiscono al singolo Squali, ecco la recensione di Hype Aura.
15 giorni on the road, attraverso quella che dagli antichi era chiamata Albione. Una nazione dai mille nomi e dalle altrettante identità. Partendo dagli epici panorami scozzesi al profumo torbato di whisky, fino alla vibrante ed inclusiva Londra, questo itinerario va percorso con la giusta colonna sonora, sempre ed esclusivamente Made in UK o almeno correlata a qualcosa di tipicamente British.
1. Edimburgo
Capitale della Scozia, un regno ricco di storia, orgoglio e gentilezza. Una città fatta di sfumature, ma comunque a misura d’uomo, incoronata dalle sue colline tra cui spicca l’Arthur’s Seat che rappresenta una vera e propria scalata in centro città, alla fine della quale potrete ammirare i tetti scuri della città, che come lame di un coltello tagliano il cielo e la sua spina dorsale, il Royal Mile che conduce l’avventore ai piedi del maestoso Castello, passando attraverso i suoi vicoli detti “close”, ognuno dei quali ha una storia da raccontare.
Da Princess Street invece, lo scorcio reso celebre dal film cult che a me ricorda Edimburgo più di ogni cosa, Trainspotting, da cui la prima canzone della soundtrack di questo viaggio.
Lasciandosi alle spalle la magnetica Edimburgo, bisogna entrare nel vivo della Scozia, ovvero gli scenari iconici incastonati da chiese diroccate, castelli e naturalmente dalle distillerie di Whisky, che per gli scozzesi rappresenta uno stile di vita più che un semplice distillato. St. Andrews offre un complesso abbaziale da cartolina a ridosso del mare e intorno a Dufftown gravitano decide di distillerie della regione dello Speyside.
Con dolcezza sfumiamo dal rock di Iggy Pop verso le sonorità retrò di Petula Clark, famosa cantante inglese degli anni ‘60, a ricordare un po’ l’atmosfera della cittadina di Dufftown
Castello di Dunnottar, sulla strada verso Dufftown – ph. credits Gabriele Farronato
3. Elgin e Lochness
Percorrendo una strada panoramica si arriva ad un altro punto davvero suggestivo, grazie ai resti di una cattedrale arricchita da un antico cimitero di tombe che, come fiori spontanei su un prato verde, regalano un’atmosfera gotica e misteriosa alla città di Elgin. Non si può non passare da un’altra tappa iconica della Scozia, altrettanto ricca di mistero e avventura, ovvero il Lago di Loch ness. Nel caso il mostro Nessie non si facesse vedere, è sempre possibile consolarsi con la visita al Castello di Urquhart per scoprire che in Scozia ogni rovina ha qualcosa di unico. Consigliabile pernottare vicino alle sponde del lago per godere di un placido risveglio.
Il clima epico attraverso una regione ricca di laghi e fortezze abbandonate, necessità una virata verso sonorità celtiche con le immancabili cornamuse.
Un posto incantato che meriterebbe un viaggio solo per poterlo scoprire in ogni suo angolo, come avventurieri in esplorazione, alla ricerca di folletti, spiriti del bosco, di antichi canti e leggende e anche ovviamente, come sempre, di Whisky. Il Fairy Glenn e le Fairy Pool vi faranno ricredere sull’esistenza della fate e le meravigliose scogliere a picco sul mare blu saranno la ricompensa per tutti i km percorsi, mentre lo Storr, la montagna più alta dell’isola, vi osserverà dalla sua punta aguzza. Un bicchiere di Whisky alla distilleria della Talisker, vi darà le energie per proseguire le escursioni e poi farsi una bella dormita in un minuscolo paese come Ardvasar, sperduto tra le coste frastagliate. E’ d’obbligo rimanere sul tema epico, a ridosso delle Highlands, con la colonna sonora di un altro film simbolo della cultura scozzese, Braveheart.
Cittadina affacciata sul mare nata e cresciuta intorno alla distilleria. Dopo le fatiche sui sentieri dell’Isola di Skye fermarsi a degustare il Whisky che conferisce il nome ad Oban è un’esperienza rilassante, non da meno il poter mangiare degli ottimi piatti di pesce direttamente affacciati sul porto illuminato. Se non sarete ancora soddisfatti, a breve distanza, al Loch Fyne Oyster Bar, potete togliervi lo sfizio di gustare ostriche succulente prese nel fiordo a pochi metri dal ristorante, oltre ad un’ampia scelta di pesce fresco e frutti di mare. Per appagare gli occhi e il palato. Con un po’ di malinconia, conciliata dal clima nuvoloso, bisogna cominciare a pensare ad un ambiente decisamente più cittadino della prossima tappa, Glasgow, con una band che arriva proprio da lì, una delle tante.
Si torna in un ambiente più urbano, ricco di movimento e apparentemente di una folta comunità italiana, visti gli incalcolabili ristoranti tricolore sparsi per la città. Tanto numerosi quanto le band musicali che arrivano da Glasgow, a testimoniare che probabilmente le fondamenta di questa brusca città scozzese sono fatte rock n roll. Franz Ferdinand, Belle and Sebastian, Primal Scream, Mogwai, the Fratellis..giusto per dirne alcuni. Una vera perla: il pub Oran Mòr, sfarzo puro in una chiesa sconsacrata, ottimi drink e il solito clima conviviale tipico degli anglosassoni nel loro habitat. A scaldare l’atmosfera ci penseranno i Franz Ferdinand
Se la musica è la vostra passione ma anche il cinema rientra tra i vostri interessi, questo è l’articolo che fa per voi. I film ispirati al mondo della musica sono tantissimi. Ecco una piccola guida per restare sempre aggiornati.
Film in uscita
1) Yesterday – (2019)
Cominciamo con una vera novità. Yesterday è atteso per il 28 giugno negli Stati Uniti, mentre debutterrà in Italia il 4 luglio, con ben due mesi di anticipo rispetto alle previsioni iniziali. Il film presenterà, con tutta probabilità, caratteristiche diverse rispetto ai prossimi che vi mostreremo.
Pare, infatti, che il regista Danny Boyle abbia adottato un prospettiva insolita per un film dedicato alla storia di un gruppo musicale: si tratta di un film sui Beatles, senza Beatles! Come è possibile? La storia comincia con un ragazzo che, in seguito ad un apparentemente innocuo incidente e ad un blackout mondiale, si risveglia in mondo in cui lui è l’unico a conoscere le canzoni dei quattro musicisti. Naturalmente, sarà l’occasione per ottenere la fama, riproponendo e spacciando per proprie le canzoni della band inglese. In breve tempo diventerà una vera e propria star mondiale, ma si sa bene che tutto ha un prezzo e questa volta il costo potrebbe essere il legame con la sua vita precedente.
2) Io sono Mia (2019)
Il film è stato distribuito sul grande schermo tra il 14 e il 16 gennaio e trasmesso in prima visione, su Rai 1, il 12 febbraio. È certo che la pellicola rimane maggiormente adatta al piccolo schermo, mentre sono numerosi gli episodi rilevanti della vita dell’artista che sono stati tagliati, come l’esperienza del carcere, i rapporti tesi con i famigliari, il sodalizio con Fossati o l’amicizia con Renato Zero. Tuttavia, l’interpretazione di Serena Rossi e la biografia stessa di Mia Martini rendono il film meritevole di essere visto, soprattutto per la proposta di un modello femminile indipendente e anticonvenzionale, sebbene appena accennato.
3) Rocketman (2019)
Il film apparirà nelle sale dei cinema a breve, il 29 maggio negli Stati Uniti. Il protagonista è un giovane e timido pianista Reginald Kenneth Dwight che da ragazzo di provincia, attraverso una storia incredibile, riesce a diventare una figura iconica della musica pop, meglio noto come Elton John.
I grandi classici
4) Amadeus (1984)
Siamo nella Vienna del 1823 per raccontare la vita di uno dei musicisti più grandi di sempre: Amadeus Mozart. La storia è rivissuta attraverso un lungo flashback di un ormai anziano Antonio Salieri, anch’egli musicista apprezzato, che trenta anni dopo i fatti narrati tenta il suicidio invocando il perdono di Mozart, della cui morte di autoaccusa. Il film ripercorre tutta la breve e difficile vita del musicista, un po’ sfacciato e rozzo ma dal talento straordinario. Ben presto quel ragazzino riesce ad ottenere una grande fame, tanto da oscurare lo stesso Salieri che comincerà a provare un sentimento di astio e invidia. Nonostante ciò, un profondo legame di odio e amicizia legherà i due sino alla fine, tra solitudine e povertà.
5) La vie en rose (2007)
Il film vanta la brillante interpretazione dell’attrice francese Marion Cotillard nei panni di Edith Piaf. Dalla fama alla disperazione, la sua vita è ripercorsa sino all’ultima apparizione pubblica, dove ormai la cantante è irriconoscibile se non fosse per la sua grandiosa e splendida voce.
6) Bird (1988)
Il film racconta la vita di uno dei più famosi jazzisti della storia: il sassofonista Charlie Parker. Dal talento straordinario, inventore del bebop, capace di far emozionare tutti con la sua musica nella quale riportava la sua personalità complessa e i suoi tormenti, il giovane musicista cadde nel baratro dell’alcol e della droga. Interessante in questo film è anche la sceneggiatura, che privilegia ambientazioni notturne, e la fotografia di Jack N. Green, ricca di contrasti che ben rendono il carattere drammatico del film.
Gli imperdibili
7) Bohemian Rhapsody (2018)
Apparso sul grande schermo a fine novembre 2018, la pellicola ripercorre la vita di Freddie Mercury, attraverso le sue iconiche canzoni, compreso il concerto Live Aid del 1985. In questa occasione Freddie conduce la sua band in una delle performance più grandiose della storia del rock, nonostante sia afflitto da una gravissima malattia che da lì a breve sarebbe degenerata.
8) Florence (2016)
Chi ha detto che bisogna essere intonati per diventare una cantante famosa? È la storia incredibile di Florence Foster Jekins, una ricca donna che si ritiene portata per il canto. Il marito e l’entourage decidono di tacere sui “difetti” canori e la donna assume persino un maestro per perfezionare il suo grande “talento” in vista del debutto sul palcoscenico. Meryl Streep riesce ad interpretare grandiosamente la parte, rendendo il desiderio bruciante della donna di diventare cantante, la sua incapacità, il lavoro accanito per perfezionare la tecnica, il silenzio del marito sino al concerto fallimentare. Eppure per Florence il canto non è un capriccio, ma una cura per l’anima che le permette di vivere pienamente e di allontanare le paure e quella malattia che nasconde perfettamente dietro ad un trucco accurato e alla sua collana di perle ma che emerge con grande forza nella penombra della sua stanza.
9) 8 Mile (2002)
La pellicola porta in scena una vera e propria icona musicale, un giovane ragazzo bianco con il sogno di diventare un grande rapper: Eminem. Tra la speranza di una svolta, la difficile situazione famigliare, il rapporto con la complicata Alex e la paura del palcoscenico, lui e i suoi amici continuano a nutrire la speranza di diventare qualcuno nei club di Detroit dove i migliori rapper cercano di ottenere il rispetto dei loro pari.
10) Straight Outta Compton (2015)
Dal ghetto al successo, il film racconta la storia di un gruppo rap formato da tre ragazzi di Compton, nella contea di Los Angeles: i N. W.A., celebre gruppo degli anni ’80-’90. Ispirati dalla sofferenza a cui assistono quotidianamente, tra droga, violenza e criminalità, i ragazzi danno vita alle loro canzoni che presto li condurranno al successo. Eppure, i loro problemi non sembrano risolversi così facilmente. La pellicola tenta di dare una forma cinematografica compiuta a quel fenomeno che ha cambiato lo stile, il modo di pensare e di comunicare di più di una generazione, anche al di fuori dal ghetto, cercando di analizzare questo fenomeno per capire cosa lo ha generato e alimentato, nel tentativo di creare un racconto veritiero.
Certamente, i film sui cantanti e sulle band più famose non sono l’unico legame tra cinema e musica. Un altro punto in comune sono sicuramente le colonne sonore legate ad un film, anzi spesso la fama di questo è associato proprio ad una canzone, che spesso ha conosciuto una fortuna duratura anche al di là del film stesso. (Alcuni esempi sono ricordati in questo articolo: https://indielife.it/2019/03/28/i-film-che-hanno-ispirato-le-canzoni-piu-belle/ )