Runaway Horses esordisce con Blacksmith
Musica elettronica a cavallo tra trip-hop, downtempo e distorsori: è questo l’album d’esordio di Runaway Horses, al secolo Andrea Morana.
Blacksmith sono 13 tracce di campionamenti, sintetizzatori e distorsori in cui riecheggiano Depeche Mode, Velvet Condom e tutta la tradizione dei maestri del genere.
Atmosfere cupe e suoni artificiali
Il clima del disco è evidente subito dalla prima traccia, Keep on dreaming, in cui il tema di sintetizzatore la fa da padrone, prima di essere circondato da un crescendo rossignano di percussioni ed altri effetti. Il risultato è una introduzione onirica ed ondivaga, in cui ci si perde e si resta piacevolmente spaesati per poi venire trascinati in un accenno di techno nella coda conclusiva.
Per ogni brano è annotato il genere di riferimento: dopo l’inizio trip-hop si apre una finestra downtempo, dove il carattere trasognato resta, lasciando però spazio a sonorità più articolate, definite e “luminose”, come nel caso di Triangles are shapes, in cui fa la comparsa anche una buona (e gradita) quantità di scratches.
Faraday Corpses è un brano drum ‘n’ bass: la batteria sostituisce la cassa in quarti con la triade cassa-rullante-charleston sintetizzati, e un basso quasi liquido si innesta su di essa creando la base per gli effetti e i suoni che variano a completare il pezzo.
La traccia successiva è marcata come “electro”; Pour benzene into the kids’ pool è un brano tenebroso, quasi angosciante, stridente, arricchito da un violino sintetico e da campionamenti vocali cupi ed inquietanti.
Manca l’apertura della batteria campionata e il ritmo della cassa dritta: siamo davanti ad un brano oscillante, la cui direzione non è chiara, ma anzi sembra quasi portare nel nulla. Cosa assolutamente affascinante.
Downtempo e trip-hop si dividono l’egemonia dell’album di Runaway horses (molto interessante Bleach for your soul soprattutto) fino alla traccia conclusiva, etichettata come “downtempo/liquid”: Dusk energy. Il lato liquid emerge fin dall’intro di basso, appoggiato su un tappeto di sintetizzatori. L’andamento chill del downtempo è reso irrequieto dagli elementi elettronici, dal loro rincorrersi in echi e dalle loro variazioni.
Blacksmith è insomma un debutto di tutto rispetto, convincente ed identitario. L’elettronica lascia molta libertà e, agli appassionati, questo disco di Runaway Horses non può che risultare gradito.