Tra Calvino e Bauman: questo e altri amori di Blumosso

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Di Blumosso, ho già avuto modo di parlare a più riprese (e sempre con tono più che melenso, ma che devo farci: c’est l’amour!); l’ultima volta, è stata qualche mese fa, in occasione (se non vado errando) dell’uscita di “Vabeh”, secondo singolo di quella stessa trilogia che oggi, con “TG”, trova la quadratura di un cerchio magico importante, dal suggestivo titolo (“alla Calvino“, dirà lui) di “Di questo e d’altri amori“.

Inutile dirvi che, dopo l’assopimento di un’estate al vetriolo fatta di polemiche più o meno sterili, pandemie e collassi neuronali, conflitti e crisi mondiali e, per ultimo ma non ultimo, hit parade di scarsissimo gusto – come di consueto accade d’estate, stagione tormentata dai tormentoni – risvegliarsi con Blumosso nel primo venerdì di settembre ha tutta l’aria di essere un toccasana utile ad accettare l’incipiente autunno, che si porterà certo via ombrelloni e salsedine ma che, d’altra parte, ci libererà magari dall’ostinato morso di reggaeton e ormoni indomiti. O forse no, ma andrà bene lo stesso: torna la canzone d’autore, torna Blumosso e tanto basta.

E lo fa con una canzone che tutto è tranne che prevedibile, o poco adatta al momento: “TG” è un inno alle cose semplici e alla ricerca di una normalità che, oggi più che mai, pare davvero eccezionale. Il modo più adatto per dare la giusta circolarità ad un progetto discografico solo apparentemente anomalo, tutto intenzionato a dare una precisa contestualizzazione (quella, appunto, del mini-EP) a tre brani densi e sopratutto diversi da quello che potreste ascoltare oggi altrove. Una diversità da tutelare, capace di arricchire un catalogo musicale già denso e variegato come quello di Simone, che evidentemente non riesce proprio a smettere di trasformarsi, rimanendo sempre lo stesso ispirato e talentuoso Blumosso. Che ci devo fare, l’ho detto – è amore.

Per non farmi sfuggire l’occasione di scambiare di nuovo quattro chiacchiere con il musicista e autore pugliese, ho deciso di fargli qualche domanda che potrete leggere qui di seguito. Poi – o prima, vedete voi – correte ad ascoltare la sua musica: ne vale la pena.


Ciao Simone, bentornato su Indielife. L’ultima volta, abbiamo parlato di “Di questo e d’altri amori” introducendo in qualche modo un nostro nuovo appuntamento in occasione dell’uscita dell’EP, che oggi coincide con la pubblicazione di “TG”. Insomma, che momento è della tua vita e come stai vivendo questa nuova avventura consegnata già alla storia dell’etere?

Non è uno dei miei momenti migliori, nella vita. Sto vivendo molte difficoltà. Ma la mia corteccia è dura e come dice mia madre in certi momenti “ tu hai il ferro nel sangue!” … me la caverò. La musica mi aiuta sempre.

Devo dirti la verità, forse “TG” è il brano che ho preferito fra i tre del trittico: la semplicità della produzione – che comunque contraddistingue tutti e tre i brani, fatta eccezione forse per “Vabeh” – e la delicatezza della scrittura raggiungono qui un livello importante, diverso dal passato. Ti senti, in effetti, diverso dal Blumosso di “In un baule di personalità multiple”, il tuo primo disco?

In realtà tanto diverso dal mio passato musicale non mi sento. Ma la musica è una conseguenza della vita. E il Simone di ora è molto diverso dal Simone di tre anni fa. Quindi inconsciamente magari questo cambiamento si avverte. 
Ps: fa sempre piacere come alla fine, dopo sbattimenti vari, registrazioni di batterie bassi chitarre… rompimenti di palle vari dovuti… chi ascolta preferisce sempre le mie canzoni piano e voce (ride, ndr).

Come nasce l’esigenza di un trittico? La formula dei tre brani non è certo scontata, e anche il titolo del mini-ep è di per sé ben significativo…

Di base, c’è questa mia ossessione nel voler sempre contestualizzare tutto. Avevo questi tre brani, che mi raccontano bene e mi piacciono, ma non volevo inserirli nel mio prossimo disco. Allora insieme alla mia etichetta abbiamo inventato questa chiusa per raccoglierli e non tenerli “sparsi nell’etere. Questo titolo un po’ di stampo calviniano mi è venuto dal nulla in testa e mi è piaciuto. Buona. E il resto è quello che ascoltate oggi. 

“Nord-est” aveva già sparigliato le carte facendo intuire una direzione che in “Vabeh” si era arricchita di una giusta atmosfera battistiana. Come ti è venuto in mente, invece, di scrivere un pezzo sull’importanza del “TG”?! Ovviamente, la domanda è ironica… Cosa rappresenta, qui, il telegiornale serale?

Spesso io scrivo e basta. Poi il senso alle cose lo trovo dopo. Sono questi tre brani nati da impulsi diversi e accomunati solo da sentimenti. “Vabeh” è stato forse un po’ un azzardo, ma sticazzi, a me piace anche essere azzardato, non inscatolarmi. Volevo fare una cosa diversa e mi è venuto fuori. “TG” mi riporta sui miei lidi… ma come dici tu in modo diverso, non so se più maturo, forse con un focus più centrato. Come i racconti d’amore dei dementi nell’ora degli spettri. 

Come si fa, oggi, a ricordarci l’importanza delle cose “vere”, come si può distinguere con efficacia ciò che è reale da ciò che invece è solo una proiezione fittizia di una società sempre più liquida? Dopotutto, non è una domanda troppo lontana dalle riflessioni che fai sull’amore nel tuo ultimo EP…

Basta rallentare…

E senti, come hai vissuto invece quest’estate di polemiche, riaperture e Green Pass? Hai fatto anche qualche concerto, a quanto pare. Stai pensando ad una presentazione live del nuovo disco?

Non l’ho vissuta in realtà. Ho suonato sì, ma non sono uscito dalla mia zona confort. Non mi sentivo di farlo. Non è ancora il momento per me. Mi dispiace per i disagi dei colleghi e amici. Siamo in affanno, spero solo che questo pochetto di aria che siamo tornati a respirare non ci appanni i pensieri facendoci credere di essere tornati alla normalità. 

Salutaci dandoci un consiglio – anche se, conoscendoti un po’, posso prevedere che sia una cosa che non ami fare affatto…

Siate gentili e umili. Non abbiate l’arroganza di sentenziare sulle persone.

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