Flavio Zen (che non è un cognome), oriente ed occidente che si incontrano

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Oriente ed occidente, ascesi e catabasi, resurrezione e discesa agli inferi: questo, e molto altro – che lasciamo raccontare a lui – si nasconde in piena vista tra le rime e le barre giuste di Flavio Zen. Abbiamo fatto qualche domanda all’artista per scendere più in profondità negli abissi affascinanti della sua musica. Buona lettura!

Ciao Flavio, benvenuto su IndieLife. Ci piace molto il tuo stile che mescola più generi musicali e influenze orientali. É uscito da poco “Kotodama” che ha un inizio particolare. Come ti è venuta l’idea di aprire il brano con una “chiacchierata” con il produttore? Ci suona un po’ stile Machine Gun Kelly.

Ciao a tutti, grazie dell’invito. Vabbè Machine Gun Kelly idolo, nulla da aggiungere, mi ispiro anche molto al mood e allo stile di altri artisti come Post Malone, i compianti XXX Tentacion e Lil Peep ma soprattutto a Joji, l’ex Youtuber conosciuto come FIlty Frank.

Riguardo l’intro del brano mi fa molto ridere pensarci. La chiacchierata non è con il mio produttore, perché produco autonomamente i miei brani, ma ci siete andati vicini, Valerio, in arte Memory, è il mio fonico e ogni volta che gli passo un brano nuovo da mixare gli mando un audio WhatsApp in cui gli spiego alcune mie idee. Nel caso di Kotodama, un po’ per farlo ridere, non gli ho mandato un vocale ma ho registrato un messaggio direttamente col microfono dello studio e l’ho inserito nell’intro della canzone in modo che lui lo sentisse non appena aperto il progetto. L’idea era di toglierlo perché era un messaggio privato ma Valerio ha pensato che fosse figo lasciarlo.

L’oriente è diventato parte della tua musica recentemente, come è nato questo legame con la cultura orientale? 

É vero, recentemente ho implementato queste influenze, ma esse hanno sempre fatto parte della mia vita privata e della mia carriera artistica, ci sono ad esempio altri album datati con nomi e titoli che richiamano il buddhismo (ad esempio “Eterno Presente” e “Equilibrio Perfetto”).

Mi sento molto legato all’oriente, principalmente al Giappone, in primis per la quantità di anime che ho visto fin da piccolo un po’ per il fascino della cultura, della spiritualità e delle arti marziali, tramandatemi anche da mio padre che da giovane ha studiato karate presso Damiano Calò, uno dei maestri di karate più accreditati in Italia e all’estero.

Siamo in un momento storico in cui al musicista emergente è richiesto una produzione costante, mai un attimo di pausa. Tu cosa ne pensi? Sei il tipo che deve far uscire un singolo al mese o preferisci dividerli nel tempo?

Ci ho provato. Prima ero abituato a fare un disco ben ragionato e uscire ogni anno massimo due, l’anno più produttivo in assoluto è stato il 2013 ad esempio in cui sono uscito con 3 diversi album. Ad oggi invece il mio ultimo album è “Sì, Come No”, rilasciato nel 2018, da allora ho provato a lavorare costantemente sul singolo perfetto per capire man mano la direzione e da allora ho rilasciato vari progetti e lavori che mi hanno dato la giusta traiettoria, spero di poter presto rilasciare un progetto più succoso.

Molti emergenti sono convinti che affidarsi a dei professionisti sia uno spreco di tempo, tu invece sei seguito da un ufficio stampa. Questa collaborazione ha fatto la differenza nella tua carriera?

Lo credevo anch’io, mi spiego. Non ho mai pensato fosse uno spreco ma credevo di potercela fare da solo perché avevo tutte le carte in regola per farlo e per anni l’ho fatto, il problema non è tanto il talento di sapersi muovere ma il tempo! Da quando collaboro con Brainstorming ho molto più tempo da dedicare al mio lavoro e a confezionarlo meglio, ciò mi rende un artista più rilassato e deciso a voler continuare per questa strada.

Mando un messaggio a tutti gli artisti poliedrici che ci stanno leggendo: “lo so che sai fare tutto da te, e sei sicuramente eccellente nel farlo, ma iniziare a investire nella tua musica affidandoti a professionisti è il passo giusto che devi fare se vuoi davvero lavorare in questo settore. All’inizio mangerai pane e cipolla ma ben presto raccoglierai i frutti.”

Raccontaci una curiosità che nessuno ti ha mai chiesto.

Credo che nessuno mi abbia mai chiesto come mai mi chiamo Zen, e so anche il perché, non me lo chiedono perché pensano sia il mio cognome il ché mi rende orgoglioso di aver scelto un nome che sembra “vero”.

Ho letto queste tre lettere (Z E N) la prima volta in seconda media, sulla copertina del quaderno di un mio compagno di classe, sono stato da sempre appassionato di writing e di cultura Hip-Hop e scelsi questo nome poiché mi piaceva il lettering che ne veniva fuori. Ben presto ho iniziato a studiare la cultura zen e più passavano gli anni più mi rendevo conto che quel mondo era sempre stato inconsciamente mio.

Con gli anni sono diventato buddhista e ho iniziato a praticare la meditazione seduta avvicinandomi alla scuola dello zen soto, ho letto una valanga di libri che mi hanno avvicinato alla cultura e aiutato a superare dei momenti davvero molto difficili della mia vita. La meditazione zen unita alla musica sono stati i miei due maestri più grandi, lo zen mi ha aiutato a uscire da un lungo periodo di depressione durato 10 anni in cui non mangiavo e non uscivo, la musica invece mi ha aiutato a tirare tutto fuori e ad andare avanti, per me Zen non è solo il nome che ho scelto ma è ciò che mi ha salvato.

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