Conosco Alessandro da sufficiente tempo da aver capito che nulla si può davvero capire di Alessandro, se non che la profondità di certe anime spesso apre scorci e squarci su tuffi abissali, senza paracadute, verso un’autenticità che cambia forma ma mai sostanza.
Un prisma di rifrazione che s’illumina ogni volta di un nuovo immenso, alla ricerca di un centro di gravita (semi)permanente – Alessandro non è uno che ama lo stagnamento tranquillo della definizione di sé stesso – che possa dare ai suoi piedi e alla sua testa, abituata ad abitare l’empireo con la leggerezza del pallone aerostatico, il giusto terreno e slancio: “Fantasmi a metà” è l’ultimo passo prima del lancio, la spelonca che divide Millepiani dalla pubblicazione di un nuovo disco, laddove l’acqua è più blu e il fondale rischia di perdersi nelle tonalità profonde della costante ricerca subacquea.
Una ricognizione in superficie, quella di Alessandro, necessaria per prendere il giusto fiato prima di una solenne e prolungata immersione: questo è “Fantasmi a metà”, forse il brano più pop della produzione di Millepiani, aperto e sorretto da una chitarra ostinata che non lascia mai scendere il battito cardiaco di un vero intervento a “penna aperta”. La sincerità di scrittura rimane pregevole, ma la cosa che colpisce è davvero il sound del brano: una rete a fitte maglie che aggroviglia cuore e orecchie, liberandoci allo stesso tempo da tanta saturazione musicale.
Un ritorno di fuoco, utile a ricordarci di tenere accesa la fiamma: fra poco, un incendio coi fiocchi.