Intervista a Samuele Riccobene per “Al di fuori di me”

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In questa intervista esploreremo il cuore pulsante di “Al di fuori di me”, il nuovo singolo di Samuele Riccobene, un brano dance elettronico con un’impronta decisa dal testo introspettivo che affronta il tema della mancata accettazione di sé stessi nei panni di una giovane ragazza, dove quest’ultima è in parte sia narratrice sia protagonista della sua stessa storia.

Il singolo si presenta come un vero e proprio manifesto, una finestra aperta sulle dinamiche interne di chi lotta con la propria identità in un mondo che spesso sembra non ascoltare. Durante la nostra conversazione, Samuele ci guiderà attraverso il processo creativo dietro a questo potente brano e ci parlerà delle ispirazioni e delle aspirazioni che animano la sua musica.

Ciao Samuele, benvenuto su Indie Life. Partiamo dal tuo ultimo brano, “Al di fuori di me”. Puoi raccontarci come è nato e quale messaggio vuoi trasmettere?

L’idea nasce da un modo di raccontare un tema come l’alienazione dalla società in età adolescenziale attraverso delle sonorità dance-elettroniche che ti portino a chiudere gli occhi, e a compiere un vero e proprio viaggio.

La tua carriera è ricca e variegata, dalla partecipazione a teatro fino alle tecnologie musicali. Come pensi che queste esperienze abbiano influenzato il tuo approccio alla musica?

Il teatro è una palestra per conoscere a fondo se stessi, capendo cosa si riesce a raccontare e in che modo. Essendo sempre stato legato alla sperimentazione musicale, legata principalmente ad un amore incondizionato verso i synth e arpeggiatori Anni 80, i remix e le fusioni di genere, tutto ciò mi ha portato a voler parlare di determinati argomenti ma trasmettendo un mood in cui puoi muoverti e scatenarti.

Hai avuto modo di esibirti e collaborare con grandi nomi della musica. C’è un’esperienza o un incontro che ricordi con particolare affetto?

Sono pochi frame, ma estremamente vividi: il primo è un “face to face” avuto con Manuel Agnelli, post serata di semifinale di XFactor, dove ho ricevuto parole dolci dopo avermi messo in croce per il remix creato sulla base di “Zitti e buoni” celebrando l’aspetto accattivante di quel brano, ma con un tocco personale. Mentre il secondo ricordo è legato alla figura di Clementino, quando dopo aver cantato sul palco a Roma per “Villaggio per la terra” ho ricevuto una pacca sulla spalla, insieme al mio chitarrista del vecchio progetto, sentendo le parole tradotte dal suo simpatico napoletano “avete fatto ballare quel pubblico per 5 minuti con una roba inaspettata”.

Quali sono state le sfide più grandi che hai affrontato nella tua carriera musicale e come le hai superate?

Sicuramente l’uscita poco prima dei bootcamp da XFactor, ha portato gioie e dolori causati da una viralità incontrollata, dovuta al remix portato sul palco: da una parte parole di assoluta sorpresa e stima, dall’altra hating sui social a tutto spiano, che mi hanno portato non poche emozioni negative. Per non parlare della scommessa del primo album autoprodotto in era covid, investendo su di me e sull’idea più di tutti coloro che non potevano immaginarne una riuscita.

Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti?

Senza dubbio riunire le energie per un album che sia il punto di congiunzione finale per il viaggio compiuto finora, dalle origini nella mia madre-terra, la Sicilia, fino al mio viaggio a Milano, dove ho raccolto e scritto canzoni che sono nel cassetto, pronte a prendere vita e a raccontare il nuovo me.

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