Click Boom: il mondo fotografico di Simone Biavati – l’intervista

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Durante una campagna di Woolrich

Riprende la rubrica che vuole indagare un pochino di più i lavoratori del dietro alle quinte del mondo musicale. Questa volta però, invece di un produttore o di un manager, abbiamo intervistato un fotografo che, seppur molto giovane, bazzica ormai da diversi anni nell’industria.

Complice il matrimonio di una nostra conoscente e ad una stories ironica, sono riuscita a contattare sui social Simone Biavati e a proporgli un’intervista. Simone Biavati è un fotografo che dal 2017 ha iniziato la sua carriera all’interno della musica emergente italiana, ritraendo i volti che sono diventati ad oggi i più afferamati nel panorama. Oltre a questo e ai diversi shooting per brand di moda, ha da poco avviato un progetto di stampe con scritte da lui pensate e disegni realizzati da Benedetta Ferrari, il che ci consente di poterlo definire artista.

Sì, gliele ha fatte le foto.

L’intervista

Ci siamo seduti al Colibrì, in mezzo un po’ al caos milanese, motivo per il quale nella registrazione alcune parti non si sentono benissimo e certe domande ho dovuto rifarle perché io stessa non sentivo alcuni pezzi di risposta. Per cui se ascoltando vi sembro disattenta alle sue parole la realtà é che forse sono sorda, il che è anche peggio.

In altri frangenti invece siamo stati interrotti dai suoi amici che passavano a salutarlo, momenti in cui io e la mia timidezza ci volevamo soltanto sotterrare. Detto così sembra sia stata un’intervista disastrosa, ma in realtà é andata bene ed é stata molto fluida, tant’è che per non interrompere il flusso del discorso ho persino perso il mio pullman di ritorno.

Abbiamo parlato della sua formazione, dell’industria musicale odierna, di cosa funziona e di cosa no, del rapporto che c’è tra l’arte ed i social media, in particolare Instagram, e di cosa potrebbe fare un/a fotografo/a che si vuole addentrare in questo mondo della musica live.

Purtroppo per problemi tecnici (aka mia madre che non si ricordava avessi un’intervista e mi ha chiamata) abbiamo perso metà dell’intervista registrata, per cui da un certo punto in avanti le risposte non sono le esatte parole di Simone ma sono frutto della mia memoria. Qui di seguito si sono poi salvati gli ultimi dieci minuti di conversazione, grazie mamma.

Iter

Partendo dalla tua formazione fotografica: in passato hai già parlato della figura di tuo nonno (anch’esso fotografo) e dei primi scatti ai tuoi compagni del liceo. Aggiungeresti qualcosa?

Adesso, in base anche alle cose che sono successe dopo che ho detto ciò, nell’iter ci metto anche l’aver fatto la fatidica e famosa gavetta a tutti i live per cinque anni, discorso a parte abbastanza ostico. Quella mi ha aiutato a crescere sia da un punto di vista fotografico che da un punto di vista personale. Ti permette di capire che il 99% delle cose non vanno come pensi che vadano e che non hai mai sotto controllo quello che succede, nella fotografia che tratto io.

Un fotografo chiaramente di studio che fa still life chiaramente ha le luci e tutto il resto settato, ha il suo tempo. Per quello che mi é richiesto di norma scattare e la modalità in cui scatto io, il 90% delle volte é tutto molto arrangiato. Devi avere tutto quanto così tanto pronto e che devi già a priori conoscere il problema che arriverà.

Sbagliare

Agli inizi, quando non sapevi appunto tutte queste cose, tu andavi lì e fotografavi un po’ a “fortuna“?

All’inizio non ho mai avuto il timore di sbagliare, studiando molto al liceo la materia che mi piaceva di più era storia dell’arte. Lì e soprattutto leggendo da piccolo avevo visto come anche certi artisti, persone o scrittori, parlavano del fatto che sbagliando più che “si impara”, si da vita ad una idea. C’è una frase bellissima di Munari che dice che adesso é più un “sbagliando si crea, si inventa“.

Anche per esempio il fatto che si dica che il primo quadro di Kandinsky astratto é avvenuto perché lui rientrando in studio vide un quadro che aveva dipinto che per qualche motivo era stato messo al contrario e da lì gli era venuto il pallino. Io, soprattutto ai tempi, ero molto in ”fissa” con questo concetto di sbagliare. Ho sempre sbagliato, ho fatto una quantità infinita di sbagli nella mia vita, ma non vedevo questo grande difetto nel farlo. Per cui mi sono sempre buttato.

Imparare

Anche una delle domande che mi viene più posta dai ragazzi che vogliono iniziare é proprio il non sapere come iniziare se non si sa fare. Ma nemmeno io le sapevo. Io conoscevo quelle due o tre nozioni che impari guardando un tutorial su YouTube di fotografia. E va bene così, poi vai e impari facendo. Quindi sì, ho sbagliato chiaramente, non é che uscivano tutte bellissime, quelle più sbagliate erano poi quelle che mi piacevano di più, anche perché quelle giuste le fanno tutti oramai.

Foto dalla campagna pubblicitaria di Woolrich

“La perfezione è bella ma è stupida. Bisogna conoscerla ma romperla. La regola non deve uccidere la fantasia. La combinazione tra regola e caso è la vita, è l’arte, è la fantasia, è l’equilibrio”. Bruno Munari

Gli inizi

E tuo nonno non ti ha passato nessuna conoscenza invece?

Mio nonno purtroppo é morto quando ero molto piccolo. Non ci ha lasciato qualcosa come otto corpi macchina e dodici obiettivi, come invece a volte mi capita di sentire da amici e amiche che magari hanno ereditato attrezzature da diecimila euro. Non so nemmeno se ho ereditato l’attitudine o il voler semplicemente fare quel mestiere lì. Però per quanto riguarda la parte tecnica sicuro no, va beh che quella ormai con il digitale é diventata così tanto automatizzata che é quasi più difficile sbagliare, motivo per cui é quasi più difficile fare le foto sbagliate.

Io comunque, sempre parlando dell’iter iniziale che ho percorso, proprio per questo discorso qui una cosa che mi ha sempre “triggerato” é il fatto che ho in mano il cellulare e non ho idea di come funzioni. Invece questo tavolo so che é retto da delle gambe, quindi mi é molto più chiaro come funziona. Stessa cosa volevo fare con la macchina fotografica, motivo per cui i primi anni quel poco che guadagnavo l’ho sempre subito reinvestito, grazie assolutamente anche ai mie genitori, nello scattare in analogico.

Almeno in questo modo io scattavo in pellicola, avevo 36 o 24 scatti, li sviluppavo a casa con la tecnica del bianco e nero. E così riuscivo proprio capire dalla A alla Z tutto quello che dovevo fare: scattare i tempi cosa significa, il diaframma cosa significa, gli ISO cosa significano, tutte cose più tecniche per poi capire effettivamente con il digitale come e dove poter sbagliare, dove poter stressare o meno.

Digitale o analogico?

Adesso cosa preferisci tra i due?

Eh tosta. L’analogico é assurdo, perché gira che ti rigira qualsiasi foto che fai viene quasi sempre bene. In termini di DS e di colore, soprattutto se fai bianco e nero e se lo fai da solo e te lo sviluppi da solo, scannerizzi da solo, post-produci esce una cosa che con il digitale ci metti davvero tanto, paradossalmente quasi di più. Però il digitale ti fornisce una possibilità di lavoro che anche banalmente é completamente diversa. E sto imparando pian piano, sette/otto anni ormai da quando ho iniziato, essendo stato io molto fissato con la parte della colorazione, il come viene colorata una foto.

L’ultimo lavoro per esempio a Sanremo, pensavano io l’avessi fatta in analogica, perché mi hanno proprio chiesto che pellicola avessi usato. E questa cosa chiaramente a me scaldava il cuore, però la realtà delle cose é che arrivavano i vari musicisti uno dopo l’altro e non si aveva il tempo di scattare tutto in pellicola, sarei dovuto tornare a casa, svilupparli ecc… . Quei commenti mi hanno fatto capire che forse mi stavo riuscendo ad avvicinare a quell’effetto lì. Anche se nella realtà delle cose non lo sarà mai perché c’é un discorso anche proprio di formato di macchina fotografica.

Il digitale mi permette anche di lavorare su un disturbo che ha anche una componente concettuale che mi interessa molto. Tutte le cose più sperimentali che sto facendo o che ho fatto sono molto incentrate sul disturbo digitale e sul fatto che vengano prese direttamente magari dal cellulare attraverso uno screen. Per cui per adesso ti dico digitale.

Il digitale ti permette di sperimentare di più?

Mmh no, ma in modo diverso e nel modo in cui mi interessa maggiormente.

Formazione accademica

Ripercorrendo il tuo iter di studi, che cosa avevi scelto di studiare nel triennio?

Feci multimediale, che tra l’altro era un indirizzo che avevano creato un anno prima che io iniziassi, quindi era ancora alle prime armi. E quelli che venivano prima di noi erano considerate persone che volevano stare davanti al computer e non fare nulla, alcuni di loro degli zarri incredibili, però molto carini, alcuni di essi ora lavorano in ambito. Multimediale era un modo per dire proviamo a mettere anche la parte dell’illustrazione, del montaggio, ecc…, un’infarinatura totale rispetto ad Adobe e tutto il resto, da Illustrator a InDesign, Photoshop e così via.

Beh ma utile! Io ancora adesso fatico con quei programmi

Sì molto, poi oltre alla parte tecnica c’era anche una parte teorica comunque buona. Nel quinto anno, che é il più bello che puoi fare al liceo, io lo rifarei altre quattro volte (l’unico al mondo credo, ndr), c’era tutta la parte di cinema. E si partiva a vedere dall’inizio, da Lumiére fino a Fellini.

Foto di Alex Giuliano

Musica

Okay chiusa parentesi formazione fotografia. La passione per la musica invece come é nata?

Mi é sempre piaciuta molto, sia ascoltarla che suonarla. Da dodici anni suono la chitarra, però in modo abbastanza segreto perché alla fine facendo le foto e vivendo in un momento “Instagram” é già molto difficile far capire che io magari faccio sì le foto di musica, ma non solo. Per esempio adesso ho scattato per una campagna di Oakley, poi adesso faccio dei poster con dei copy che scrivo io, é molto difficile questa cosa.

Mi sono persa, la musica quindi?

Mi spiego meglio: soprattutto nel mondo Instagram, quando tu fai una cosa tu fai quella cosa punto. Se io faccio le foto mosse colorate, io faccio quella cosa lì e basta. Nel mio profilo tu ti aspetti che io ti faccia vedere foto mosse e colorate. Funziona così IG in generale e funziona così come un individuo poi pensa quando va sul profilo di una persona.

C’è un artista che a me piaceva, piace ancora ma non più come tantissimi anni fa, CBHOYO, che é uno che aveva predetto totalmente tutto quello che sarebbe andato adesso ed é anche molto seguito. Lui faceva queste scritte un po’ colorate, però le faceva sei anni fa. Poi é successo che ha avuto successo ed ha continuato a farle, e adesso sono sei anni che fa questa cosa, ad un certo punto ha anche un po’ rotto. Però adesso il ragazzo sta nelle gallerie, sta benissimo e fa quello che vuole. Io l’ho anche scattato, però appunto lui fa quella roba là e fine.

Foto di Simone

Fotografia e musica

Se domani lui dicesse che ha un progetto in cui canta, non potrebbe metterlo su quel profilo. O comunque se lo facesse inizierebbe a diventare una cosa un po’ edgy, strana, che dovrebbe comunicare diecimila volte. E dovrebbe far capire che comunque é una cosa parallela, quindi aprire un nuovo profilo solo su quello. E poi magari succede che in quello principale hai 400.000 followers e nell’altro fai una fatica mortale ad averne mille. Questo per dire che anche io su Instagram mi sto barcamenando nel provare a far capire che sì, faccio foto colorate, però ho fatto tre foto in bianco e nero in analogico, però faccio anche le cose in studio, però faccio anche le cose di moda, però faccio dei poster miei in cui scrivo delle robine.

Quindi sì, la passione per la musica la tengo segreta, soprattutto perché nel mondo musica é sempre un attimo che poi magari sembra il “ma tu non facevi le foto? Adesso stai suonando, cosa vuoi?”. Io ormai sono tranquillo perché mi conoscono. Detto ciò io avevo la passione per quello ed ho provato a convogliare musica a fotografia. Un po’ perché volevo andarmi a vedere i live gratis ed uno dei modi per farlo era andare a fare le foto. Ho capito poi che comunque gratis non era, perché dopo dovevi dare delle foto, ovvero lavorare, quindi lavoravi gratis di base.

Foto dagli Hypno

Instagram

Hai paura di essere troppo “categorizzato”?

No, ma l’ho avuta e per un periodo più che categorizzato mi sono fatto un discorso che é molto legato al social di per sé. Provo a spiegarmi, con Instagram adesso ho fatto pace, però per diversi anni sono stato a pubblicare un post ogni quattro mesi e ad ognuno di loro ci tenevo tanto quanto la mia vita. E mi impegnavo a fare anche il carosello stupendo. Però poi la realtà delle cose é che quella roba là è effimera.

Se tu vai sul profilo di una persona, andiamo per esempio sul profilo di Alessandro Cianci, anche se non lo conosco dico ”ah bello, è uno che fa musica”, e con una sola ”scrollata” del suo profilo sono già al 2019. Ed é passato il niente, quindi dopo che ho fatto pace con ciò mi sono detto che fosse una follia il fatto di mettere un post ogni quattro mesi. Perché poi da fuori sembra che magari tu lavori poco, e subito sembra sinonimo di “ah lavori poco=che brutto”, poi in realtà fai dei lavori molto specifici e sono quelli che posti. Io però anche lavorando tanto mi chiedevo come fosse possibile questa cosa qui. Per cui da un anno a questa parte ho iniziato a pubblicare molto più frequentemente quasi tutto quello che faccio, perché é il modo in cui Instagram funziona.

Arte e social

Qui ritorna il discorso della paura del categorizzato, facciamo un esempio: sono Picasso e sono su Instagram. Io non posso fare dieci quadri del mio periodo blu, perché io se metto il mio periodo blu in uno scroll di dieci quadri allora Picasso avrebbe nove quadratini e finita la sua carriera così, non ha senso ovviamente. Oggi cosa farebbe? Ne metterebbe uno, poi metterebbe magari un dettaglio, e così facendo riuscirebbe a riempire almeno due scroll, che ormai é diventato l’unità di misura di IG. In più Picasso esposto in una galleria fa un certo effetto, il quadratino su Instagram é minuscolo e non ti reca di certo lo stesso effetto “wow”. La morale della favola é semplicemente il fatto che non temo l’essere categorizzato nel mondo musica ma nel discorso del “quale post metti e come” invece sì.

Vetrina

Però Instagram non lo vedi più come un mero mezzo pubblicitario che come summa della tua arte? Non penso che nessuno pretenda che sul feed di un artista ci sia il portfolio di tutta la sua vita…

Ni, e te lo dico che mi capita di avere clienti che guardano solo quello. Instagram va pensato sì come bolla, perché lo é ovviamente, come tutto, ma comunque é così tanto aperta a così tante persone che lo leggono in modo così tanto diverso che bisogna stare veramente attenti. Anche se sì, é molto usato come metodo di auto-promozione. Tant’è che io ho dismesso il mio sito perché lo trovo praticamente inutile, per quanto fosse bellissimo. Però da una parte era un po’ faticoso doverlo aggiornare costantemente, me lo devo rifare perché ci sta farlo, però anche nei lavori più grossi che mi sono capitati io ho mandato il mio portfolio ed il mio IG.

Io ne sono conscio che sia una cosa anche molto generazionale, il mio datore di lavoro se accetta un qualcosa del genere non può avere più di 50 anni. O se ne ha di più allora si fida molto delle persone che stanno sotto di lui e che gli hanno consigliato me. Usare come proprio portfolio IG per me é anche un posizionamento: io ti sto dicendo che quello per me non ha più tanto senso oggi come oggi. Per cui non é solo un mezzo pubblicitario ma é anche come se fosse la mia mini-galleria, in cui tu guardi i miei lavori.

Tik Tok

Foto di Jacopo Murari

E Tik Tok, essendo tu Gen Z?

Non c’è l’ho, lo so fa ridere. Gen Z discorso ampissimo perché io ho scoperto recentemente che Gen Z é anche 2005, e noi del ’99 con quelli del 2005 cosa ci azzecchiamo? Niente, mi sento mio nonno in confronto. Tik Tok non lo uso, sono totalmente conscio delle potenzialità che ha, di come funziona, perché comunque per lavoro lo utilizzo, dei meccanismi tossici e fortunati che ha. Anche qui Tik Tok é di nuovo un posizionamento, nel momento in cui tu sei gigante ci sta che tu lo abbia, chi é più ”ricercato” come me già di meno.

Per esempio ci sono tanti ragazzi che vanno in giro a chiedere ai passanti se possono fare foto per strada, e quello é molto pop. Non che io voglia sminuirlo, anzi, anche la mia arte punta e vuole essere pop, non voglio che sia un qualcosa che capisco solo io. Però nel momento in cui io la porto su Tik Tok, non so bene non tanto come comunicarla ma come stargli dietro.

Come usarlo?

Ad esempio le foto di Travis e di Kanye su Tik Tok sono esplose, avrei potuto fare il video di io con la macchina, l’attrezzatura e i tuk al Circo Massimo e magari quel video faceva due milioni di views, però poi a cosa mi portava? Deve essere un qualcosa che poi mi deve settare in un percorso. Se quello mi porta ad una contro-action di comprarmi le stampe allora ha senso, però devi vedere quanti di quei due milioni si convertono in stampe vendute. Se lo fai per i due milioni di views a me non importa nulla, é un qualcosa che proprio non mi piace. Per cui per adesso non sono ancora interessato.

Foto da Tik Tok

Dove ricercare le immagini

Però ora Tik Tok premia di più i caroselli di foto…

Ho visto! Potrebbe essere in effetti un qualcosa, però ripeto metti comunque un passo là e poi deve essere continuativo. Sto po’ cercando la scusa giusta per iniziare, che potrebbe essere l’anniversario delle foto di Travis. É una linea sottilissima.

Il progetto che sto facendo da un anno e che é uscito adesso, quello dei poster, forse avrebbe più senso là perché ha una poetica un po’ più cute e triste che secondo me si sposa meglio con quel mondo lì. Instagram lo vedo molto più fervido, molto più pimpante anche su un discorso di ricerca artistica proprio, tant’è che io ne faccio un sacco proprio lì. Tantissimi pittori, illustratori, artisti che utilizzano i mezzi in modo non convenzionale li trovo praticamente su IG. Poi hai Arena, Pinterest e tutti quelli che vuoi, però su Instagram ci vivi sopra ed é anche la prima cosa che trovi anche sul feed.

Foto di Simone al Circo Massimo, Travis Scott e Ye

Qualità delle immagini

Non trovi però che Instagram comprometta un po’ la qualità delle immagini?

Se mi dici la qualità delle immagini perché se la fai stampata é molto più bella e quello che vuoi allora assolutamente sì.

No io mi riferivo più ad altri motori di ricerca che riescono ad inserire immagini con qualità tecnica decisamente migliori, esempio pexels ed unsplash, e che magari caricano anche la stessa foto ma con risoluzione migliore. Per le ricerche personali d’ispirazione non sarebbero meglio?

Certo, anche flickr per esempio. Parliamo però di un social che deve caricare su una quantità di terabyte infiniti. Se le mettessi sopra a flickr le mie foto chi le vedrebbe? Siamo ormai ad un livello d’impatto che ha l’immagine, che sia HD o che non lo sia, che non ha forse proprio più senso parlare di qualità. Soprattutto per quanto riguarda le mie foto, ad esempio quelle che ho fatto a James Blake sono state scattate con il cellulare con attaccato un cannocchiale della Decathlon da quattro euro e poi totalmente strappate su Photoshop e Lightroom. Non c’è neanche più un discorso di qualità in quanto tale delle foto, é molto più una cosa, almeno quello che ricerco io, di pancia e quasi istintiva.

Live di James Blake

Medio-formato

Per cui metterlo su Flickr o metterlo su IG poco cambia. Poi stampata sì é un’altra cosa. Un po’ facevo le foto in medio formato analogico, che sono quelle macchine fotografiche che vedi nei film degli anni ottanta, in cui c’è un macchinone gigante e loro che guardano dentro con delle pellicole enormi, in cui stampavano quanto un muro di un palazzo, e ci facevano i murales per Emporio Armani per esempio. E facevano queste foto in studio con questa macchina e la stampavano 10mX10m. Quella cosa lì creava il bordino della pellicola che va tanto su Instagram, quello nero con scritto Portrait, un sacco di persone lo “attaccavano” dopo su una foto in digitale.

É una fatica immensa fare una foto in formato medio analogico, perché stai là, prendi l’esposimetro, controlli la luce, sistemi tutto, devi controllare gli sbalzi di luce, le situazioni, ecc fai le foto, hai dieci foto, un pacco poi ti costa tantissimo. Devi svilupparla, poi scansionarla, una foto così gira che ti rigira ti costa dieci euro farla praticamente, per poi scannerizzarla per avere il bordino fatto in quel modo e metterlo su Instagram dove la guardo in modo molto piccolo.

Per questo dico che il discorso di qualità effettiva dell’immagine non esiste, perché nel momento in cui tu sei su Instagram é tutto compresso per un discorso web. Per cui che tu mi stia facendo vedere una risoluzione mega figa o una risoluzione stracciata fatta con l’iPhone, nel momento che sei su Instagram vale tutto. Sei rimasta male?

Formato cartaceo

Va beh, capisco il tuo punto di vista. Ti chiedo però allora se hai mai preso in considerazione il formato del coffee table book (libri da esporre sui tavolini dei salotti) per mostrare le tue fotografie.

Sogno della vita quello. Nel momento in cui sei sul supporto fisico é stupendo. Casualmente l’e-mail che ho ricevuto prima di iniziare l’intervista é di una persona che mi ha scritto che vorrebbe valutare una stampa di un libro a Verona. Ma anche che finisca qua al Colibrì di Milano, anzi io su questo non ho alcun tipo di remora. Anche perché oramai le cose fighe sono diventate cool. L’altra volta ero da Zara Home e c’era un libro, edito comunque da Taschen, che é l’editore numero uno in campo di fotografia, bellissimo, sulla cucina di vips e dei loro piatti preferiti. C’era la foto di Stanley Tucci con la sua lasagna, erano ritratti loro nelle loro case con i piatti che poi loro cucinavano. Stupendo. Io subito ho pensato di volerlo fare in Italia, però in Italia chi chiami? Okay devi forse andare dalla Venier, da Amadeus, ecc…

Backstage per copertina Cosmopolitan

Beh tu potresti sfruttare gli artisti musicali che conosci

Si certo vado da Noyz e gli chiedo quale é il piatto che ama cucinare ahah. Però quel tipo di libro là é una cosa bella. Qua siamo in un posto che si chiama Colibrì, che é un gioco di parole coi-libri, e dentro ne é pieno, quindi i posti che più o meno frequento nella mia bolla e che mi piacciono spesso hanno dei libri da sfogliare o delle situazioni da guardare. Quindi su quello figurati, ci “volerei”. Poi più il formato é strano più sono contento, se si potesse stampare su un menù di pizzeria sarebbe la vittoria di tutto.

Rapporto fotografo-artista

Simone e Corrado per Woolrich

Bene, ora passiamo alla seconda domanda che mi ero preparata. Rapporto fotografo-artista: più importante la fiducia o la simbiosi delle idee?

Sono co-dipendendi l’uno con l’altra. Dialogano molto, quando un artista ha molta fiducia in te, magari un’idea non la sposa al cento per cento, ma riesce comunque ad effettuarla, e poi di norma gli piace. Con gli artisti con cui ho lavorato un po’ e che portano delle idee che hanno senso, é molto importante la parte dell’idea, è fondamentale che tu riesca già da subito a sposarlo e a lavorarci. Io non posso, in quanto persona esterna, fotografo o direttore artistico, arrivare che tu hai già la tua idea per la cover e poi dirti che é orripilante, non funziona così e non é come io lavoro. Ci deve essere confronto, si può discutere se abbia senso o meno, se é meglio o no.

Con artisti come Mecna é molto facile ad esempio perché ci piacciono le stesse cose, io sono stato anche molto formato da ciò che piace a lui e al contempo viceversa, spesso io gli do della linfa o degli input nuovi di cose visive che possono “gasarci” entrambi. Con lui quindi é uno sposalizio perfetto, anche perché é stato banalmente il primo a darmi carta bianca, soprattutto con le colorate e mosse. Quando chiaramente dall’altra parte magari c’è l’ufficio stampa che ti dice che tra le quaranta foto che gli hai dato solo due si vedono nitidamente, ed hanno anche ragione. Quindi sono abbastanza importanti entrambi, con gli artisti che comunque portano un’idea quando ha senso seguirla, perché ci sono alcuni tipi in cui glielo devi far capire che non ha senso.

Da un video di Francesca Silvestri ad un live di Mecna

Mecna

Visto che lo hai citato e visto che tanto volevo chiedertelo, il fatto che Corrado (Mecna) sia nella vita anche un grafico, ha influito ad avvicinarti a lui come artista?

Direi di sì e ti racconto anche un po’ la storia. Nel 2017 esce un video di Mura Masa con A$AP Rocky, che si chiama Lovesick. Io ero al liceo ed avevo già iniziato a fare le foto. C’era questo effetto che faceva sì che la foto si muovesse (come quelle che si vedono in certe cartoline che spostandoti cambiano posizione, ndr). Io impazzisco e mi chiedo come abbiano fatto a farlo. Scopro che era stato fatto con una macchina fotografica Nischika N 8000, che era una macchina degli anni ’80, una toy camera tra l’altro, quindi plasticaccia.

L’ho trovata su eBay, pagata qualcosa come 120€, in cui ti caricavi la pellicola e ti scattava quattro foto insieme. Successivamente tu dovevi svilupparle e scannerizzarle tutte quattro e poi metterle una sopra l’altra fermando un punto e ti dava questo effetto così. Ti scattava le angolazioni leggermente diverse, ed era fatta per le calamite sui frighi che se ti muovi si muovono.

Foto con Mecna al 360

L’incontro con Corrado

Poi un tipo, genio, lo ha rifatto su Photoshop. Io l’avevo presa, tra l’altro poi impennata di costo perché era diventata molto famosa, per cui da 120 era passata a costarne mille, e l’avevo proposta a Corra l’estate di quando doveva uscire il video di Blu Karaoke, dicendogli che io avevo quella macchina e che secondo me poteva essere bello come effetto da utilizzare in un video. Lui mi rispose subito entusiasta. Per cui il fatto che lui fosse così stiloso (ha stile a catena si direbbe a Foggia, ndr) da un punto di vista di estetica mi ha fatto capire che fosse una persona a cui potevo proporla. Perché andare là a spiegare ad una persona tutto questo che ti ho appena detto, contando che io ero sconosciuto, non si convince. Uno come Corrado invece si gasa.

Ma questo avvenimento é accaduto quando tu già lo conoscevi?

No gli scrissi su IG, e mi rispose. Ero al mare, me lo ricordo ancora, lui mi aveva detto che era molto bella quella macchina fotografica, io gli avevo fatto vedere altre foto che avevo fatto e mi disse “facciamoci qualcosa”. Poi tra fine agosto ed inizio settembre sono andato a scattare il suo primo live al Magnolia che era appunto Blu Karaoke.

Okay quindi hai avuto l’intuizione che lui potesse apprezzare quello che stavi facendo prima di conoscerlo personalmente

Esatto

Colori

Un colore per descrivere la tua arte quale potrebbe essere?

Felice di dire che un colore che adesso mi gasa tantissimo, nella sua accezione sbiaditina, é il viola. Tra il viola e l’indaco. Oggi quello, domani potrebbe essere un altro però.

C’è un motivo specifico?

No no é una cosa così di pancia.

Gusti musicali

Se non stessi facendo il fotografo cosa staresti facendo in questo momento?

Starei provando a suonare da qualche parte.

Chi sono gli artisti musicali che ti hanno ispirato nel corso della tua vita?

Da piccolo ascoltavo i Beatles, poi sono passato di più al rap. Solo che poi volevo qualcosa di più musica strumentale e sono andato totalmente sotto con l’R&B, super musica. Al liceo invece ho ascoltato tantissimo jazz, perché mio padre lo ascoltava tanto, suonava anche la tromba, per cui ero tanto sotto. Poi tanta musica italiana. So che può suonare come red flag, del tipo che alla domanda che ”musica ascolti?” rispondi un po’ di tutto. Però l’altro giorno stavo parlando con mio padre mentre stavamo cucinando le uova e avevo di sottofondo Aretha Franklin perché avevo visto un documentario bellissimo di Sky Art su un suo live in una chiesa. Lui mi ha schernito dicendomi che finalmente stavo ascoltando buona musica. Io però la paragono al cibo, ci sono delle volte che ti va una particolare tipologia di cibo ed altre volte una tipologia totalmente differente.

L’ascoltare un po’ di tutto

Per esempio stavo ascoltando Code Nine che fa musica elettronica molto spinta, ed io so che se l’avesse ascoltato mio padre mi avrebbe chiesto se andava tutto bene. Mi va di ascoltare De Gregori, che per me é come dire che mi mangio la pizza, ovvero sono sicuro che sono al sicuro, mi fa ”caldo”.

Voglio ascoltare invece un qualcosa di molto sperimentale, che c’era anche in realtà negli anni settanta, come questo disco in vinile che aveva mio padre che si chiama Live Evil di Miles Davis del ’71 che é un album incredibile. Totalmente scoppiato e inascoltabile ma che magari mentre lavori ti aiuta a concentrati ed é stupendo, e questo é più la spuma di mandorla con il baccalà (gli dovevo chiedere dove ha mangiato una cosa del genere, ndr). Una volta ti va di dire okay ho voglia di andare al ristorante ”x” e provare questa pietanza qua, un’altra volta invece vuoi le patatine fritte con il kebab e via dicendo.

Playlist

Quindi anche la musica viene dalla tua famiglia?

Sì, abbiamo ascoltato sempre tantissimo, anche in casa in generale, poi magari da piccoli lo fai superficialmente. Una cosa che a me piace molto é la ricerca, che faccio anche tramite la creazione di playlist. Un mio amico sta male? Subito gliene mando una. Mi piace una ragazza? Subito ne creo una. Devo farmi un bagno? Di nuovo mi adopero per farla. Su questa cosa qui Spotify era molto meglio quando eravamo più piccoli secondo me, adesso devi procurarti la musica un po’ alla vecchia maniera. Tra l’altro ho scoperto che c’è un topic su Spotify che é tipo “assistenza” con dieci pollici in su tra cui il mio, che vogliamo rivoluzionare la radio di Spotify. Hai presente quando tu ascolti un pezzo e vai alla radio?

Ehm no, per ragioni mie etiche non uso Spotify

Okay ci sta, per farti capire io magari adesso sto ascoltando questo pezzo brasiliano, vai a radio, e lui mi propone o pezzi che io ascolto già da una vita, che però a me non interessa perché io vorrei scoprirne di nuovi, oppure pezzi che durano un minuto. Te ne consiglia tanti da un minuto e venti massimo due perché così ne ascolti tanti di seguito (io immagino che sia anche per farti rimanere di più sulla piattaforma, uno corto ti “affama” di più nell’ascoltare musica, ndr). Ed io ne esco pazzo, soprattutto quando ascolto cose tipo Jazz o colonne sonore, se sono di un minuto e mezzo non sono proprio quello che stavo cercando. Sono infervorato su questa cosa.

Genitori e musica

Live di Mecna

Riguardo al discorso genitori, secondo me noi abbiamo sicuramente molto più accesso alla musica rispetto a loro e quello che uno di norma ascolta nei primi trent’anni di vita lo forma molto. Loro a differenza nostra dovevano fare delle scelte su cosa ascoltare quotidianamente, avevano un paniere molto ridotto a casa anche per ragioni di costi, e questo ha inciso su cosa sono abituati e quindi su cosa gli piace. Noi fin da piccoli siamo stati abituati invece ad ascoltare tantissima musica diversa, ed é anche per questo che la maggior parte di noi alla domanda che musica ascolti risponde un po’ di tutto.

Ci sta, non ci avevo mai pensato.

Ad esempio, io ora non so se a te piaccia la musica classica, ma ho conosciuto diversi musicisti che mi hanno detto che fanno fatica ad ascoltarla e di ciò se ne dispiacciono. E ragionando su questo ho capito che per me invece é più facile perché avendo fatto banalmente da piccola danza classica sono stata esposta fin da bambina ad ascoltarla

Secondo me la musica classica é come il Pantheon , non puoi dire che non ti piace il Pantheon. Magari non rientra nei tuoi gusti, ma non può non piacerti.

Quello che voglio dire é che secondo me conta molto ciò che hai ascoltato in fasce di età giovanili

Certo, a me semplicemente fa sbollare quando mi accusano di ascoltare musica strana. Padre, questo pezzo del ’71 é molto più “dannato” del testo di un pezzo di Cosmo che é uscito l’altro ieri, e avevi il disco. Per cui non mi giudicare.

A volte forse sono anche prese di posizioni per partito preso, nette e spietate delle generazioni antecedenti.

Panorama Indie

Cosa vedi di diverso tra il panorama indie di quando hai iniziato a lavorare tu in questo ambito e quello di adesso?

Eh é un discorso abbastanza “peso” ma bello. Nel senso che una delle cose che ho visto di più cambiare nella pratica sono i numeri streaming di Spotify che si sono abbassati di livelli incredibili. E ti chiedi come mai. L’indie adesso é il pop, Calcutta ad esempio e tutto ciò che sta intorno. Calcutta fa i numeri che fa perché é lui, il mondo rap é invece di parte, perché Lazza ha fatto uscire cento messaggi ed ha 22 milioni di stream dopo un solo mese. Tutto quello che c’è attorno fa molto più fatica ad uscire. Uno per il discorso di saturazione, due per un discorso di quanto poi effettivamente la gente ascolta il pezzo.

Provo a spiegarmi nella pratica delle cose, senza fare nomi. C’è un artista recentemente che é uscito con dei singoli molto validi, che ha già un nome, che é seguito e tutto quanto, ma che magari fatica ad arrivare a diecimila stream. Sei/sette anni fa li facevi anche se uscivi con musica mediocre, c’era molta più attenzione riguardo a tutto ciò che c’era di nuovo. Adesso, lungi dall’essere un qualcosa di qualità o no, comunque é difficilissimo riuscire ad arrivare a fare dei grandi numeri. Anche il Calcutta della situazione, adesso non so quanti stream abbia due minuti, tanti sicuramente, ma ne avrebbe avuti molti di più se fosse uscito prima. Adesso non é per fortuna tutto ciò che conta, anzi, Calcutta fa uscire il tour e diventa sold out dopo un minuto.

Con Giuse the Lizia e Marco Pastore

L’indie-pop

Io sono arrivato che l’indie era già un po’ settato, della serie che non ho visto gli Zen Circus nel 2012. Invece per esempio llaria Magliocchietti ha iniziato facendo le foto proprio a quel mondo là. In quei live in cui era proprio punk la situazione, in cui andavi nei club da cento persone tutti stipati con calci e tu con la macchina fotografica che dovevi schivarli. Io non ho visto quell’indie lì, però ho visto l’indie quando é iniziato a diventare il pop. Quindi quel periodo di passaggio tra Willie Peyote che ha fatto uscire “C’era una Vodka”, Coez che non aveva ancora fatto “Faccio un Casino”, Franchino, ecc….

L’indie stava proprio iniziando a gettare le basi per quello che poi è diventato, ovvero mega pop. In quel momento tutti quelli che lo facevano nuovi erano un po’ naife. Non parlo di Coez perchè lui c’è da una vita, poi ha deciso di prendere più quella via là invece che quella del rap, ma tanto riesce a fare entrambi, quindi buon per lui. Però un Carl Brave o un Franchino chiaramente, come posso essere magari anche io visto da fuori, é molto più ingenuo, nel senso anche più tenero del termine. Avevi appena iniziato a fare dei pezzi ed iniziava ad andare tutto bene. Per esempio loro due hanno fatto il Magnolia dopo che avevano inciso i loro primi pezzi e non c’erano nemmeno su Spotify, noi li ascoltavamo su YouTube, che per me ora é una follia andare lì ad ascoltare le canzoni.

L’indie di oggi

Ehm é la piattaforma che io uso di più invece ahah (soprattutto per via dei videoclip e dei live)

No ma va benissimo, io rimpiango di non avere più non dico “cazzimma” perché ovviamente li ricerchi, però la voglia di guardare lì. Ma é anche perché una volta era anche più difficile finire su Spotify. Quindi loro non é che non ci andavano per un discorso di rivoluzione, anche perché Franco e Carl Brave avevano già dei loro pezzi su Spotify, era che metterli insieme e su diventava anche un capiamo come inserirli. Questo è un discorso discografico che magari non é corretto, però visto da fuori sembrava così. Era comunque un mondo serio, perché le persone che ci lavoravano erano serie.

Anche le persone che vedevi ai live erano differenti, era una cosa un po’ più “di tutti” ma comunque di pochi. Banalmente l’altro giorno sono stato ad una festa indie al Base e c’era di tutto come pubblico, persino le persone con la camicia bianca che di solito becchi all’old fashion. É diventato proprio aperto. Per me é bello questo, perché il ragazzo con la camicia bianca che mi aspetterei solo, in un moto di totale elitarismo mio, ascoltarsi Artie 5ive, bravissimo eh, o Nerissima Serpe, anche lui spacca, invece sta là che si canta Calcutta. Poi lo canta perché vuole fare colpo sulla tipa che gli piace, lo canta perché vuole fare parte di un qualcosa, non importa, intanto canta Calcutta e a me questa cosa va più che bene.

I fan detrattori

Ritieni che oggi nel mondo indie non ci si possa più permettere di essere ingenui?

No é una cosa un po’ spaventosa da questo punto di vista, perché sono diventati quasi tutti addetti ai lavori. Una delle cose che mi ha più stupito negli ultimi anni, anche dopo il COVID, é che essendoci anche così tante indiscrezioni sul mondo della musica, ci sono a volte delle situazioni in cui tutti si proclamano fotografi, produttori, persone del booking, tutti cantanti, tutti tutto insomma.

Quindi il primo commento che ho sentito al live di James Blake, che é un genio, suona tutto, canta benissimo, fa musica elettronica, ha collaborazioni con Kendrick Lamar, Frank Ocean, Rosalia, è stato che non fosse tutto esaurito. Tu non puoi farmi come primo commento il fatto che non fosse sold out e che forse avessero avvicinato le transenne per far sembrare che fosse pieno. Una volta, e me lo ha detto anche una persona che ha più anni di me, tu ti andavi a guardare il live per piacere e fine, non stavi là a contestare se i bassi suonassero troppo medi. Cosa ti importa se é sold out o meno?

Polemiche

Beh da un certo punto di vista però sono considerazioni anche di carattere economico. Non parlo di James Blake ovviamente, però é interessante capire quali sono gli spazi che lasciano e a chi

No ma aspetta, se domani fanno il forum di Assago e fanno il fake sold out perché hanno venduto ottomila biglietti al posto che dodicimila e quattromila sono accrediti capisco benissimo. Io in quel caso comprendo che hanno voluto fare un qualcosa di posizionamento e di facciata; anche se é sbagliato che certi artisti finiscono là, quello figurati, sfondi una porta aperta con me. Ma il fan che va là in quanto fan, non dovrebbe nemmeno stare lì a porsele queste domande forse.

É un po’ come nel calcio, che non seguo, però tutti allenatori anche lì. Tutte le domeniche la gente si lamenta di come magari un giocatore avrebbe dovuto entrare sulla fascia, non pensa che però il ragazzo fa quello sport da quando ha otto anni. Adesso ne avrà vent’otto, gioca da vent’anni a livello professionistico, c’é dietro di lui una macchina infinita, perché tu dal tuo divano pensi di poter avere un’opinione tecnica.

Backstage fotografico per Cosmopolitan

Il rispetto

Va bene libertà di parola, puoi farlo puoi farlo e dirlo, ma ad uno addetto ai lavori può innervosire. Idem vale nella musica: una persona che non sa distinguere un Do da un Re e poi mi dice che i medi gracchiavano un po’ significa che tu quella cosa la vuoi dire solo per farti figo. C’è un fonico di palco, un fonico del posto, un stage designer, c’è una quantità di persone che lavorano che tu non stai prendendo in considerazione, che non sai neanche che esistono perché non sei un addetto ai lavori, devi solo rompere le scatole. E dicendo queste cose manchi di rispetto a tutta una catena di persone, di cui non hai neanche idea, solo perché vuoi darti un tono.

Tracotanza

Però adesso mi tocca farti una domanda cattiva: tu invece non pensi di aver mai peccato di Ubris nella tua vita facendo un commento o una critica in un ambito che non fosse il tuo?

Probabilmente più da piccolo, ma con il modo in cui ho visto svilupparsi tutta l’industria musicale ed essendo entrato un minimo da anni con Cosmopolitan nella parte più editoriale, vedo come tutto funziona come una macchina infinita di persone, tasselli ecc. Facciamo un esempio: se io sono qua ed ho ordinato un’acqua ed essa mi arriva tre minuti in ritardo in più di quanto vorrei, non mi vedrai mai lamentarmi. Perché significa che loro (i camerieri, ndr), che in primis ci perdono, avranno avuto qualche problema per cui quest’acqua ha tardato ad arrivare. Poi tu lo puoi anche dire che ancora non ti é arrivata al cameriere e lui ti risponderà che sta arrivando subito, però stare lì a farlo pesare vuol dire che sei irrispettoso.

Autoritratto fotografico

Consigli per i futuri fotografi

Cosa pensi che un fotografo dovrebbe fare oggi per arrivare a fare ciò che stai facendo tu?

Discorso live é arduo, è sempre un po’ più difficile trovare gli accrediti. Anche le persone che mi scrivono, giustamente, puntano a dire di voler fare le foto a Frah Quintale o Coez all’Assago Forum. Io però la prima volta che ho fatto le foto non é che avessi detto di voler andare a scattare i Depeche Mode a San Siro. L’incastro magico che ho avuto io quando ho iniziato é stato che Frah Quintale era tanto piccolo quanto seguito, nel senso che lo potevo raggiungere tranquillamente su Instagram scrivendogli e lui mi rispondeva con un “certo Vez, tieni l’accredito”, ma aveva comunque 300 ascoltatori mensili. Adesso chiaramente essendo quella cosa lì il pop, non puoi più scrivergli perché con centomila followers non ti vedrà mai. E se gli scrivi comunque non é lui che ti può dare l’accredito ma c’è un booking dietro, c’è l’etichetta e c’è il manager.

Artisti emergenti

Quindi consiglio di partire da dei live un pochino meno grandi, che non significa di gente sconosciuta, però di artisti un po’ più piccoli. Banalmente tutti gli eventi che ci sono per promuovere gli emergenti, ad esempio in Santeria o il New Attitude, va beh io ho presente solo quelli di Milano, adesso ci sono i Trhu Collected che adesso stanno facendo “il delirio”. Ci sono tutte queste realtà più raggiungibili ma che comunque hanno un passo già più dentro. I Trhu Collected comunque sono già con Bomba Dischi per esempio. E tu comunque ti sei portata già a casa delle foto in cui ricerchi/sviluppi un tuo stile, che é fondamentale. Se vai lì a fare le foto come quello che le fa per il giornale, esempio il Corriere, con macchine fotografiche giganti é difficile farti notare.

Backstage con Cosmopolitan

Gavetta

Da là hai già appunto un piede in Bomba Dischi, e inizi a dire che ci saresti anche per un altro live, e così via ne collezioni un po’. Io credo di averne fatti un numero incalcolabile, e ogni volta succede qualcosa che ti fa imparare qualcosa. Banalmente in tour con Corra’ una volta mi sono scordato la macchina fotografica a casa. A Caserta, posto meraviglioso, sono arrivato lì ed il momento prima di entrare apro lo zaino e vedo che non c’era. Sono dovuto rientrare in hotel a prenderlo e sono ritornato che erano già al secondo pezzo.

Poi easy, perché poi con Mecna é una cosa tranquilla, ero il fotografo del tour, avevo già fatto otto date, quindi di materiale ce ne era. Però ti capitano queste cose. Una volta ad una mia collega bravissima invece le si é rotta la camera (povera, ndr), però era un lavoro commissionato da un brand, quindi devi avere il materiale. Lì panico, in teoria tu dovresti avere sempre un corpo elettronico di backup, poi non tutti lo hanno. Insomma, si impara sempre.

Foto in un tour con Mecna

Cosmopolitan

Come é iniziata invece la tua collaborazione con Cosmopolitan?

Grazie alla foto editor, Laura Ghigliazza, e la direttrice artistica che é Rosetta Bono Lin. Mentre ero sul set con Corrado, mi arriva questa e-mail che appena ho letto pensavo fosse spam. Perché era proprio uno dei miei lavori dei sogni che volevo fare da tantissimo, che stava già facendo ID con Treves, il primo anno che lo aveva fatto era venuto fuori veramente benissimo. Ho scritto se potessimo fare una cosa simile con direzione libera. E il primo anno é stata abbastanza tosta, abbiamo fatto un po’ di call avanti e indietro per capire un attimo delle cose però era tutto un po’ a caso, non perché loro fossero organizzate male, ma perché tu devi immaginarti che al festival di Sanremo, ti auguro di andarci almeno una volta (grazie pure io, ndr), va tutto ad una velocità infinita e molto a caso.

Foto con Laura Ghigliazza e Rosetta Bono

Sanremo

É tutto per carità studiato nei minimi dettagli, però tutte le attività promo sono comunque fatte così tanto velocemente e sono così tanto ripetitive, che ad un certo punto arrivati all’ultimo giorno ti arrivano i cantanti in stato “zombie”. Devono farsi fotografare continuamente e parlare per il settimo giorno del loro pezzo, di che cosa significa, ecc. Bisogna anche calcolare che questa settimana ha una pre-produzione di mesi. Quindi l’artista parla già da mesi di quel singolo, già da mesi fa foto per quel brano.

Va beh, il primo anno é stato abbastanza un delirio uscito bene comunque, eravamo molto felici del risultato. Però arrivavano artisti con magari un quarto d’ora in ritardo e quello che doveva essere dopo con un quarto d’ora di anticipo per esempio. Quest’anno per esempio abbiamo fatto la cover digitale di Sangiovanni in un minuto, perché poi doveva andare al TG e quello non può essere rimandato. Ed é una cosa che normalmente si fa in quattro ore in uno studio.

Cover digitale Sangiovanni

Imprevidibilità

Però al netto di tutto, ti piace l’imprevedibilità del tuo lavoro?

Sì. Alla fine quest’anno l’idea che ci era venuta per abbattere più possibilmente l’imprevedibilità del tutto era di fare questo fondale finto studio e metterci a scattare tutti gli artisti con quella modalità lì. L’imprevedibilità mi piace molto, ma il primo anno si era trattato di scattare velocemente quaranta persone, perché oltre agli artisti in gara c’erano anche le persone ospitate dal festival o dai brand come Clio Make Up. Loro arrivavano, noi avevamo una suite a disposizione che però dopo quattro volte che ci hai scattato Levante, Ariete, ecc. Il balcone era quello e non sapevo più cosa inventarmi. Ho cercato di fare sembrare che le quaranta persone fossero sempre in quaranta posti diversi, ma eravamo in un hotel che ho “setacciato” per intero camminando avanti ed indietro. Sono arrivato a mettere dietro alle tende Mara Sattei, ho fatto di tutto per avere quel risultato.

Foto di Sanremo 2023

Quante fotografie fare?

Tu sei più uno che fa tante fotografie sul campo e poi sceglie le migliori o sei della scuola poche ma buone?

Tendo a farne poche ma buone. Ma con alcuni clienti più gliene fai più sono sicuri che escano e bene e si sentono a loro agio. Quindi Dio benedica le SD!

Non provi odio per noi comuni mortali che ne facciamo a bizzeffe sperando né esca una decente?

Ahah no odio no, mai.

Hai mai avuto a che fare con gli haters?

Sicuramente ci sarà qualcuno a cui non vanno a genio i miei lavori, non ho la pretesa di piacere a tutti. Nessuno per ora mi ha mai insultato, solo uno dei miei migliori amici una volta per scherzo aveva creato un profilo fake (Mirko Dallodio) per insultarmi sotto ai miei post.

Fotogenia

Pensi che la fotogenia esista? Una volta un fotografo mi disse di no

Secondo me sì, nel senso che ci sono persone che per vari fattori riescono a risultare meglio in fotografia. E ciò non ha nulla a che fare con la bellezza del soggetto: ci sono persone che sono bellissime e che poi in foto vengono male e viceversa. Ma sono curioso e non diniego l’opinione del collega, lui cosa ti ha detto?

Mi disse che secondo lui non esiste e che ognuno di noi può imparare a posare

Ah beh certo, come potenzialmente tutti noi possiamo imparare a cantare. Se si sanno i lati del proprio viso che vengono meglio è più facile.

Tu sei uno di quelli che da indicazioni sul come posare ai modelli?

Beh sì dai, tutti i fotografi lo fanno.

No, no, fidati che ci sono quelli che vogliono che tu vada a ruota libera mentre loro scattano

Io do indicazioni anche per poter mettere più a proprio agio il soggetto fotografato.

Moda

So che sei appassionato di fotografia della moda, o almeno così avevi dichiarato in una vecchia intervista, cosa ti affascina di quel mondo?

All’inizio, specialmente quando feci quella dichiarazione, era perché mi sembrava totalmente scollegato dal mondo di cui facevo parte. Oggi non é più così: moda e musica sono più collegati che mai. Anzi, ormai é difficile se non impossibile che la foto di un artista non sia anche legato ad un brand di moda. Comunque in generale la spettacolarità di quelle foto.

Quale è la cosa che fatto di cui vai più fiero?

Ho voluto provare a decostruire il concetto di tossicità maschile. Nel 2022 scattai delle foto dallo schermo di alcuni incontri di MMA, scegliendo dei fotogrammi in cui i lottatori più che combattere sembrava stessero facendo l’amore. Ho preso quindi un contesto in cui, almeno apparentemente, regna la violenza e l’immagine dell’uomo macho e gli ho conferito un’aura di tenerezza.

Due lottatori ad un incontro di MMA

Il ruolo dell’arte

In un mondo pieno di guerre e di problemi, che senso ha ancora fare arte?

Per me qualsiasi mezzo per trasmettere messaggi o per comunicare concetti importanti ha un ruolo fondamentale nella nostra società. E l’arte ha proprio un po’ il compito di trasmettere valori, idee, ecc… . É anche un discorso di consapevolezza del mondo e di quella che é la realtà delle cose.

Artisti

Che caratteristiche ha l’artista?

Inizio a dire che per me non deve essere per forza la persona stereotipata tormentata, quello che secondo me é invece fondamentale é la sensibilità. L’artista é colui che soffre di più anche nelle cose quotidiane. E’ una persona che magari vive un rifiuto in modo più “pesante” rispetto ad una persona non particolarmente sensibile.

C’è un/un’ artista di cui ti piacerebbe seguire un po’ le orme?

Sì, Pharrell Williams, perché riesce ad essere veramente eclettico ed eccellere in tutto quello che fa, dalla musica ai prodotti di skin care, dalla produzione cinematografica alle collaborazioni di moda

(sul suo operato da direttore creativo in Louis Vuitton ho dovuto fermarlo per questioni deontologiche professionali prima che lo potesse elogiare, ndr)

Bau.ouch

Questo tuo nuovo progetto Bau.ouch quale direzione speri che possa prendere?

C’è ancora un po’ da fare, ci sono un po’ di cose vecchie ed un po’ di nuove, periodo abbastanza intenso di vita. Unica cosa é che i disegni li fa la mia amica bravissima, un piccolo genietto, che é riuscita a sposare in qualche modo perfettamente tutte le cose che scrivevo. Io avevo troppo il terrore che fossero esageratamente sdolcinate, ma legati ai suoi disegni tutto prende molto più senso. Adesso la priorità è farli uscire. Abbiamo fatto un pre-order in cui potevamo mandarmi degli ordini fino ad una certa data e poi da lì io li stampavo ad hoc. Così almeno non ho fatto stampe in più o in meno rispetto a quelle che poi sono state le richieste.

Devo un attimo capire come gestirla, comunque io come copy li vedo abbastanza alti. Nel senso, rispetto magari a tutti gli altri poster che vedi in giro, soprattutto anche per quanto riguarda il mondo musica. Motivo per cui tra i tantissimi di quelli che ho pensato ne ho messi solo due che hanno a che fare con la parte musica. Però non lo diresti neanche, lo noti perché c’è una citazione ma non riprende la frase di un pezzo con un disegno vicino. Alta intendo che li vedo potenzialmente a Sprint a Milano che é un festival in cui ci sono illustrazioni e grafiche di persone che espongono, oppure qui (sempre al Colibrì, ndr) dentro a dei quadretti.

Target

Ne percepisco il potenziale del fatto che una persona le voglia in casa, devo ancora capire come gestire tutto quanto. Ora é assolutamente in esperimento, devo ancora capire come e quanto é fattibile il riuscire a venderli. Per ora é andato molto bene, anche nei pre-order ed é sinceramente un qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Ho tardato anche la promozione più canonica, sono un po’ spaventato perché non l’ho nemmeno mai fatto. Effettivamente poi dove andiamo a finire, nella casa del fuori sede tanto quanto nella casa di design?

Devo capire non tanto quale é il target, perché essendo cose molto easy é abbastanza largo, ma veramente dove andrà a finire?!. Non so, probabilmente é solo ansia, tutto qua. Sicuramente é un progetto che voglio portare avanti, a me non capita spesso, mi stufo abbastanza facilmente. Invece questo percepisco che ha delle basi, perché comunque i disegni di Benedetta sono bellissimi.

Lei fa proprio quello di lavoro?

Lei adesso sta facendo un master a Eindhoven, bellissimo in cui sta però facendo cose più “arci”. Questo progetto é molto più pop di ciò che fa normalmente, discorso che vale anche per me perché fuoriesce da quello che faccio di solito.

Colibrì

L’hai nominato un sacco di volte il posto in cui siamo adesso. Come mai ti piace così tanto?

Perché ci vengo ormai da quando ho sedici anni ed erano gli unici che ci davano da bere anche quando non potevamo, conosco i baristi da otto anni. Ci sono molto legato perché intanto non sembra di stare a Milano, anche se le persone che ci sono sono estremamente milanesi, questo te lo ”abbuono”. Nel senso che siamo tra la Statale e Porta Romana, ci sono sempre o studenti o stranieri che si fanno i cavoli loro, (si respira l’aria fredda di Milano insomma,ndr). Poi ci sono le prese, io normalmente non sto mai fuori ma mi metto in un angolino buio a lavorare con il computer. Io di norma entro, mi siedo, loro sanno già che voglio il caffè normale, c’é una situazione un po’ da “il solito grazie”.

Sedici anni

Il tuo sedicesimo anno di vita é stato un po’ il tuo sliding doors? Lo hai nominato spesso come punto di svolta della tua vita…

Beh é l’anno in cui ho iniziato a fare le foto e da là non ho più capito niente. Con tantissime ripercussioni sul mondo amicizie, comunque a sedici anni dedicavo tantissimo tempo al lavoro, cosa che altri amici non facevano. Quindi tutta una serie di meccanismi del mondo lavorativo che erano difficili da capire ma che io ho molto chiaro ormai da anni. Banalmente la stanchezza che si accusa perché si ha dormito tre ore in sette giorni, ragione per cui magari il sabato sera a volte non esci per recuperare. Ormai anche loro lo capiscono perché adesso diversi di loro lavorano, tre anni fa era molto diverso, venivo spesso additato come quello che stava sempre a casa. Gli amici che ho adesso sono quelli che a sedici anni avevano capito che per me era una cosa importante.

Gli Amici

Beh okay quindi sei riuscito ad avere amici “continuativi”!

Sono riuscito perché loro sono estremamente sensibili a riguardo. Hanno capito che per me era una cosa estremamente importante, hanno compreso che magari anche il modo in cui mi ponevo nei loro confronti, il non esserci in situazioni che lì per lì possono sembrare chissà cosa, che per me era tutto un percorso. Un tragitto che poi mi avrebbe portato un giorno a provare a fare quello che mi piace per lavoro, e che più o meno, ci stiamo riuscendo. E quindi poi anche loro sono i primi ad essere gasati quando mi vedono così, perché poi io sono anche il primo adesso a voler passar del tempo con loro. Senza il sogno di voler recuperare degli anni perduti, anche perché a sedici anni lo schifo che dovevo fare l’ho fatto, non ho il rimpianto di non aver vissuto qualche cosa che avrei dovuto vivermi.

Dormire

Mi rendo anche conto che per un discorso di bolla, passo già la mia vita con Corrado e tutti gli altri e a volte ho bisogno dei miei amici del liceo, in cui non si parla di lavoro o se lo si fa si parla del lavoro di qualcun altro. L’altro giorno mi ha fatto ridere perché c’è la mia migliore amica che lavora in un bar qui di Milano, si fa un mazzo infinito, stacca alle tre di notte a volte, una sera siamo andati a ballare e lei ad un certo punto ha deciso di andare a dormire in macchina. Poi verso le cinque e mezza siamo passati da un tipo che faceva gli arancini e mi ha detto che adesso lo capisce proprio il mio discorso del sonno in arretrato! Poi c’è da dire che io di mio dormo già tantissimo, potendo voglio dormire tanto.

Di quante ore stiamo parlando?

Dieci/undici. Per me dormire dalle 23.00 alle 8.30/9.00 e poi farmi un sonnellino di due ore al pomeriggio sarebbe il top della vita. Ovviamente questo si scontra con il fatto che nel mondo in cui viviamo non é possibile. Ripeto però che non ne ho mai fatto una colpa ai miei amici a riguardo. Il discorso di consapevolezza di prima, é stato molto bello aver avuto delle persone che lo hanno capito fin da subito.

Foto da Instagram

L’intervista finisce così, con il mio cellulare al cinque per cento che necessitava di una ricarica immediata nel tentativo di tornare a casa. Voi comunque potete continuare a seguire il mondo fotografico di Simone Biavati ai link riportati di seguito:

https://www.instagram.com/simone_biavati

https://simonebiavati.com

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