La chiusura di Sanremo 2022: mai banale

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Ci siamo. Siamo alla chiusura: Sanremo ci ha abituato per anni a tenere il meglio per la fine, e anche questa volta non si è di certo risparmiato.

Tutto si è già deciso, lo sanno gli spettatori, lo sa Amadeus che sorride soddisfatto per essere arrivato in fondo ancora una volta, lo sa l’orchestra – lancio degli spartiti per il pezzo di Malika a parte – lo sanno anche i cantanti in cuor loro.

Da festival diventa festa, e alle feste tutti – o quasi – si divertono. Sicuramente lo ha fatto il pubblico presente, sicuramente lo abbiamo fatto noi. Ma andiamo a vedere se anche i cantanti sono stati capaci di farlo l’ultima, estenuante sera.

Se si parte dal classicissimo inno (questa volta suonato dall’orchestra della Guardia di Finanza), che ci ricorda – casomai ce lo fossimo dimenticato – che questo è il festival della musica italiana, il primo a rompere il ghiaccio è Matteo Romano, con il faccino timido e delicato e la voce già profonda. Sappiamo che non sarà di sicuro il suo ultimo festival. Segue Giusy Ferreri, con Miele, che ci siamo già dimenticati purtroppo. Al contrario versi come “A Novembre la città si spegne in un istante” rimangono dentro il nostro cervello come se qualcuno ce li avesse trapanati dentro.

Dopo di lei tocca ad Rkomi, che porta sulle spalle il peso di un disco che nel 2021 è andato benissimo e di un outfit rockeggiante che fa tendenza: l’ultima sera di Sanremo, anche il direttore d’orchestra sembra pronto per un provino di Grease.

Tutti fermi, poi, quando dalle scale è scesa l’ospite principale: Sabrina Ferilli è sempre perfetta. Chi pensava che dopo la Grande Bellezza sarebbe appassita si sbagliava di grosso. Mora, sorridente e romana q.b., porta sempre tantissima luce su un palco che di riflettori ne avrebbe già abbastanza.

Tocca poi a Iva Zanicchi, che le scale di Sanremo ormai le evita come la peste, e si perde in chiacchiere con Sabrina – e chi non vorrebbe farlo -, tanto che alla fine anche noi da casa siamo con Amadeus che la prende per un braccio e urla: “Iva, devi cantare!”

Dopo l’esibizione di Aka 7even tocca al sempreverde Massimo Ranieri, e il festival delle belle voci continua con Noemi. Elegantissima, bellissima, sembra essere stata costruita in laboratorio per festival di questo tipo: il suo sorriso è il sorriso di chi si veste così anche per andare in bagno alle 2 di notte. Dopo di lei tutti sull’attenti: entra Fabrizio Moro, che, per dirla elegante “fa sangue da tutti i pori”. La canzone non è male, la penna è sempre eccezionale, ma ai livelli di “Pensa” non ci è arrivato questo giro. E alla fine tocca a una delle scoperte più gradite, anche se noi già lo conoscevamo benissimo, Dargen D’Amico (vero e proprio tallone d’Achille di chi scrive). Esibizione a parte, in cui balla tutto l’Ariston, da segnalare lo sketch – totalmente improvvisato vista l’espressione di Amadeus – a fine canzone.

Perché se tutti si chiedevano quando Dargen si togliesse gli occhiali, la risposta non era quella che si aspettava il conduttore. E neanche l’invito che è seguito.

Ti levi mai gli occhiali?

Sì, quando faccio pipì per non sporcare. Poi ti mostro come faccio. Anzi, facciamo la pipì insieme. Io la mia e tu la tua.

Uno dei momenti più alti di questa edizione. Dargen ti prego, portami con te. Ovunque tu vada.

E ora tocca a Elisa, che a ballare non ci pensa neanche, ma che porta a Sanremo, con il suo outfit sempre bianco, la musica alla sua essenza: voce, orchestra e tanta, tanta emozione. Sempre. Hai detto poco.

Dopo l’esibizione abbastanza standard di Irama tocca a Michele Bravi. Outfit luccicanti, performance in linea con le serate passate. Se si rischia un filo di appiattimento, è il turno della Rappresentante di Lista, che possono piacere o non piacere, ma che di sicuro non passano inosservati. Voce pazzesca, outfit mai banali, e fanno un grandissimo regalo a tutti noi.

Con la loro “Ciao ciao” ci danno lo spunto perfetto per la risposta da dare a eventuali ex che tornano alla carica.  Dopo di loro va Emma, accompagnata dalla sempre presente Francesca Michielin: il duo funziona, e il contrasto tra la forza della prima e la delicatezza della seconda non ce lo scorderemo di certo.

Tocca poi ai futuri vincitori del festival di Sanremo, Blanco e Mamhood, che brillano di luce propria anche questa sera. Niente di nuovo, ma tutto il necessario per portarsi a casa festival e qualche ragazza che non vede l’ora di provarli, questi “Brividi”.

Dopo Highsnob & Hu, che sono passati in sordina ma che hanno portato uno dei pezzi più profondi e completi del festival, tocca a Sangiovannni, artista sponsorizzato esclusivamente Diesel, che ci carica (anche senza il solito tocco rosa) con la sua “Farfalle”.

È il turno dell’eterno Peter Pan Gianni Morandi, che ci riporta indietro nel tempo, piace ai giovani, e quando canta sembra come se avesse di nuovo solo 70 anni. Se ne va sorridente dal palco e lascia il posto al dinamico due Rettore/Ditonellapiaga: tengono il palco da vere regine (la Rettore con la modestia che la contraddistingue in conferenza ci ricorda che lei per la musica italiana è come la Madonna) e si confermano tra le più memorabili di questa settimana. Permanenti.

Dopo Yuman sale Achille Lauro: accompagnato dal suo coro gospel si presenta total pink. Con un drink in mano e un fiore all’occhiello sembra pronto per una serata insieme a Di Caprio nel film Il Grande Gatsby. Tatuaggi a parte. Dalla regia ci dicono che comunque lo preferivano la prima sera, con un total pink leggermente diverso. Memorabile. Come sempre. Domenica a messa non so in quanti ci andranno, ma di sicuro in tantissimi sentiranno la sua canzone.

Dopo Ana Mena, che finalmente si veste di fluo, come da sua vera natura, e Tananai, che abbiamo sottovalutato grandemente – andatevi a recuperare i suoi video – tocca all’ultimo concorrente.

Non sappiamo perché ultimi, forse una passerella in onore della loro fantastica carriera, ma per questo festival, possiamo dirlo, ci hanno un po’ deluso. Le Vibrazioni, comunque, ci lasciano con la solita energia e la solita voglia di fare musica.

Sembra poco, ma come lezione conclusiva per il festival non lo è. Aspettando magari di rivederli l’anno prossimo con una perla tipo Giulia. Immensamente Giulia.

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