Non c’è rave senza (Marco) Ravelli

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Due parole su chi è Marco Ravelli

Se state cercano il tuttofare dell’indie, una sorta di Pico de Paperis del panorama musicale, ve lo presentiamo noi qua: si tratta del produttore e fonico Marco Ravelli.

Figlio ”d’arte”, se così possiamo dire, di Dario Ravelli (fondatore di SuonoVivo ed affermato tecnico del suono anch’egli), il multipotenziale appassionato di Jazz Marco è fonico, produttore, pre-produttore, fotografo (https://instagram.com/marco_ravelli_photo?utm_medium=copy_link) e persino regista di alcuni videoclip. Tra gli artisti con cui ha collaborato e collabora troviamo i Pinguini Tattici Nucleari (registrazione, mixaggio, produttore, co-autore, fonico e inizialmente gestore della pagina Instagram e regista di alcuni loro videoclip, tra cui ricordiamo Tetris che richiese tre/quattro mesi di lavoro); Vanarin, Iside, Filippo Cattaneo Ponzoni (chitarrista di Ghemon e con un progetto avviato da solista), Chiamamifaro, Ytam, Fran e i Pensieri Molesti, ecc…

Ha esperito anche esperienze all’estero, che Linkedln ci ricorda sempre essere importanti, ha difatti lavorato anche per la BBC ed il Masterchord Studio di Londra. Ah, suona anche la tastiera nella band Funky Lemonade; il nove aprile è inoltre prevista l’uscita del loro nuovo singolo M I A O che prevede un featuring con Spinozo.

Funky Lemonade
L’incontro

Mi trovavo una sera in un locale con la mia amica Isabella, lo abbiamo visto, placcato e fortunatamente per noi fatto due chiacchiere riguardo la sua carriera e il ruolo di fonico e produttore. Con l’aspetto e la postura disinvolta tipica di una persona auto-controllata che sa il fatto suo, mentre parlava con noi si rollava una sigaretta con fare pacato e attento, senza distogliere per nulla la concentrazione da noi e dalle domande che gli stavamo ponendo. Se volete scoprire un po’ di più del dietro alle quinte spiegate da un esperto del settore ed osservare un confronto sul futuro della musica italiana allora non potete che continuare la lettura di questo articolo.

Con il papà Dario
Come diventare un tecnico del suono (fonico, produttore, ecc…)

Ciao Marco, grazie per aver scelto di parlare a caso con due sconosciute; essendo entrambe piemontesine volevamo subito chiederti come mai da Bergamo sei venuto a formarti qui per il tuo percorso musicale

M:Ah grande che lo sapete! (Sì, grandi stalker aggiungo io). Sì, io ho studiato a Saluzzo in provincia di Cuneo dove c’è una scuola di tecnica del suono che si chiama APM, Alto Perfezionamento Musicale. Tra l’altro non solo è una rinomatissima scuola in Italia ma anche proprio a livello europeo. Ed io che sono di Bergamo ne ho sentito parlare ed ho deciso di iscrivermi lì

Ma subito dopo il liceo?

In studio

M:Sì subito dopo il liceo. In realtà ero tra gli studenti più giovani (ma abbiamo trovato che è riuscito lo stesso ad uscire col voto più alto) anche perché non é una scuola che parte proprio da zero zero, devi essere già un livello base diciamo per fare il tecnico del suono

Molte persone intraprendono questo percorso di studi anche dopo?

M:Sì assolutamente. Pochi dei miei compagni di classe uscivano subito dal liceo, magari c’era chi aveva studiato informatica, chi faceva corsi universitari di altro genere. Ad una certa diciamo ti scopri con questa passione e decidi di studiare…

Ma forse perché non c’è una grande cultura in Italia della produzione…

M:mmh ma no sai ti direi di no (panico mio totale per aver detto una castroneria)

Perché sai quando si sente parlare di una canzone si tende a citare l’artista non tanto la produzione che c’è dietro che comunque è importante. Il famoso prod. scritto nel titolo all’estero è più facilmente trovabile

Durante un live nelle veste di di fonico

M:Ah okay, l’avevo inteso in modo diverso io scusa. Allora sì è vero, effettivamente è un po’ così, si tende a dare meno risalato a quella parte lì (fiuuu, salva per un pelo)

il suo approccio alla produzione musicale

Come selezioni le persone con cui lavori?

M:Ma in realtà…

Sono loro che vengono da te?

M:Sì nel senso che mi viene chiesto di lavorare con delle persone e poi lì tu ti mostri interessato al progetto e vedi se il progetto effettivamente è interessante chiaramente

Quindi hai la possibilità di scelta?

M:Sì certo

E allora a questo punto ti chiediamo, visto che le scegli, che tipo di figure cerchi nella musica di oggi?

M:No attenzione, non necessariamente un tecnico del suono sceglie con chi lavorare perché CI VEDE qualcosa. Io effettivamente quando voglio lavorare con qualcuno è perché quel qualcuno mi piace per il MIO gusto e di conseguenza voglio investirci del tempo e dell’energia. Forse sono altre le figure nella musica che effettivamente fanno quelle considerazioni, chi magari fa più degli investimenti economici, le etichette ecc.., che dicono questo progetto ha del potenziale e quindi ci investo del denaro. Osservano molto bene il mercato ed essendo che lavorano nel campo del business più che dell’arte, ma lo dico con tutto il rispetto, allora devono fare delle scelte di quel tipo lì e non delle scelte artistiche. Invece tutto quello che è l’aspetto legato strettamente alla musica e alla composizione e alla produzione musicale ecc… allora lì è nel dominio artistico e quindi si fanno scelte basate sul gusto personale

che cos’è l’indie?

Parliamo della musica indie, che un po’ il campo di entrambi, che futuro pensi che avrà? Siamo arrivati all’apice, stiamo per declinare oppure c’è ancora strada da fare in salita?

M:Allora, devo fare una premessa, adesso non vorrei metter i bastoni tra le ruote ma è il concetto di indie che è difficile da definire. Quindi prima di rispondere a questo dobbiamo definire cosa è indie, perché se noi diciamo indie come indipendente allora intendiamo indipendente da cosa? Dalle multinazionali della musica, dalle grandi major, Sony, Universal ecc…? Se diciamo così allora io ti dico secondo me la musica che arriva alle masse passa sempre da queste major; prendi i pinguini stessi (fu Elio stesso che lo introdusse nella band in veste di vecchio amico). Ma in generale è inevitabile che un percorso ad una certa arrivi a delle infrastrutture che sono grandi ed hanno la capacità quindi di arrivare ad un numero molto elevato di utenti. Ma ci tengo a sapere anche la vostra di opinione (lacrimuccia che scende)

Forse una definizione odierna dell’indie italiano, che sicuramente è un concetto diverso da quello che intendono in Inghilterra, è più quella di una cerchia composta da artisti che preferiscono passare da festival per farsi conoscere piuttosto che farsi notare subito con i grandi mass media come la televisione…

M:Sì esatto, un’altra definizione che si potrebbe dire di indie è che è un CIRCUITO di festival, di musicisti, di lavoratori, ecc… che hanno come percorso e come partenza effettivamente una cosa diversa dai talent show e da quant’altro di simile. Magari è anche rispettabile, però è diverso da ad esempio i pinguini o dagli Iside che sono partiti dal fare le date nei locali piccoli, poi nei locali medi e poi pian piano son diventati più grandi… . Quella è una strada che comunque è percorribile secondo me e lo resterà sempre

Uno sguardo all’indie del futuro

Quindi in conclusione tu dici che rimarrà?

Al Primo Maggio con Francesco Bosio

M: sì sì senza ombra di dubbio. La questione vera al di là di tutto secondo me è che, se lo scopo è il successo, quello che lo fa veramente è un prodotto artistico che piace alla gente e che comunica qualcosa a loro. Quindi che parta da un punto o da un altro, se il tuo progetto è di valore allora automaticamente quel prodotto artistico riuscirà a vincere. Sia che parti dal circuito indipendente sia che passi dai talent show in qualche modo arriva di sicuro

Scusa se te lo dico ma mi sembra un po’ ottimista questa tua visione, cioè io lo spero per gli artisti però…

M: ahah, no ma anzi sai che forse non è nemmeno un ragionamento solo ottimista? Perché vedere il retro della medaglia di ciò vuol dire che se il tuo progetto non sta funzionando probabilmente non è di valore. E forse, a quel punto, devi metterti in discussione e dire: non è che forse non funziona non perché sto facendo il percorso sbagliato, ma perché non é un progetto artistico sufficientemente buono? (è proprio il Pico de Paperis dell’indie)

Un po’ di curiosità personali

Va beh di questa domanda probabilmente sappiamo già la risposta, avendo parlato fino ad adesso di festival indie qual è il tuo preferito?

M: perché sapete già la risposta?

ahahaha dai sei di Bergamo…

M: ah okay ahah beh sì effettivamente il Filagosto è nel mio cuore, nel mio cervello e nel mio sudore

Eh ma immaginiamo (è un po’ l’equivalente del Flowers per noi torinesi). Mi piacerebbe concludere l’intervista con ancora una domanda buffa; ci hanno detto che sei un amante dei the e delle tisane, se è una fake new smentiscici pure, quante ne bevi in studio/al giorno?

M:E’ assolutamente vero, confermo. Il numero dipende dal periodo, ma direi che due al giorno è una buona media. Figurati che anche in tour mi porto dietro un bollitore portatile di quelli da collegare alla corrente elettrica, per essere pronto ad ogni evenienza. Finisce sempre poi che ”spaccio” tisane a tutti. Era un classico nell’ultimo tour il momento tisana con Paso (chitarrista dei pinguini)

Ci ha anche in seguito allegato prova visiva del fattaccio:

Vi regaliamo infine noi una chicca, una vecchia foto (che sicuramente lui avrà dimenticato) risalente ai tempi di gioventù brucata durante un’altra intervista (mai uscita) di nostri amici:

Bianca Cela (con il supporto e l’aiuto di Isabella Cavaglià)

https://www.instagram.com/marco_ravelli/?hl=en

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