Radio radio è la nuova canzone dei Fast Animals and Slow Kids, band perugina nota anche con il nome di Fask. Mercoledì primo maggio l’hanno cantata in anteprima sul palco del concertone, poi alla mezzanotte successiva è stata rilasciata su tutte le principali piattaforme streaming.
Come vi avevamo annunciato nel nostro articolo, i Fast Animals and Slow Kids si sono quindi davvero rimessi a lavoro.
Radio radio è un brano figlio di “Animali Notturni”, il nuovo album dei Fask che uscirà il prossimo 10 maggio. Ma si tratta in realtà del loro secondo nuovo brano; a segnare il ritorno ufficiale della band, ad oltre due anni di distanza dall’album “Forse non è la felicità”, è stato infatti il singolo Non potrei mai.
Se nel primo brano si parla di una storia d’amore che non si riesce (o non si può) dimenticare, Radio radio è un pezzo che si concentra più sulla figura del cantante/musicista, che ha fatto della musica il centro della propria vita e della propria carriera. Ad emergere dal testo è sicuramente la difficoltà di farsi strada in un mondo difficile come quello della musica, l’ansia e la paura di raggiungere quel successo che poi si rivela essere un’arma a doppio taglio, portatore di gloria ma anche di falsi sostenitori che svaniscono quando la musica non vende più. Tuttavia, rimane sempre la voglia di farcela, di rischiare e andare avanti, continuando sempre ad urlarsi in faccia “una canzone per farsi coraggio”.
Le premesse sono davvero buone, quindi non vediamo l’ora di ascoltare il nuovo album dei Fask e di rivederli urlare sopra un palco.
Potete preordinare il nuovo album “Animali Notturni” a questo link.
Manuel Apice, meglio conosciuto con il solo pseudonimo di APICE, è un giovane cantautore originario di La Spezia, vincitore del Premio Fabrizio De André 2019. Una vera promessa della scena indie italiana, che si nutre di poesia e di poesia nutre soprattutto la sua musica.
Penetrante come “un’eco di un disco di cent’anni fa, di cui non ricordi il nome ma non dimentichi la voce”, ma anche tenue come la fievolezza dei “fanali lontani, lucciole nel buio di una notte tanto nera da poterla bere”, per le sue composizioni APICE si affida alla voce e agli ottantotto tasti di una tastiera, “in mezzo ai quali il bel tempo sta per arrivare, prima che scenda la sera”.
Non stupisce, dunque, il premio che si è portato a casa lo scorso 6 aprile in occasione della finale all’Auditorium Parco della Musica di Roma, e nemmeno quell’incisività intrisa di delicatezza che si rintraccia in Crepe, nuovo singolo estratto dall’album che vedrà ufficialmente la luce il prossimo autunno – sotto La Clinica Dischi.
Un brano efficace, ermetico, che convince ad essere riascoltato più e più volte, sia per la piacevolezza e la leggerezza della melodia, sia per la tentazione che invita a cogliere (e a sciogliere) le sottigliezze, le sfumature e i nodi racchiusi in ogni parola del testo.
Eseguito con la partecipazione di cmqmartina, Crepe era stato già rilasciato in streaming lo scorso 19 aprile, ma da venerdì 26 (lo stesso giorno in cui è uscito anche Faber Nostrum) è finalmente possibile trovarlo accompagnato al video musicale, rilasciato sui canali ufficiali dalla stessa etichetta.
Se volete sostenere APICE, vi ricordiamo che è possibile seguirlo attraverso i suoi social, quali Facebook e Instagram, e che è possibile ascoltare i suoi brani in streaming su Spotify.
Spesso le melodie più suggestive non sono prodotte dagli strumenti musicali che tutti conosciamo, quelli creati dall’uomo per fare musica. Talvolta, con stupore, potremmo scoprire che un musicista eccezionale è proprio l’Universo o che un suono armonioso può essere prodotto, in maniera del tutto inaspettata, dalla natura, dal corpo umano o dagli oggetti che accompagnano la nostra quotidianità ma a cui non attribuiamo la giusta attenzione. In fondo basterebbe solo saper ascoltare.
La musica dell’universo
Probabilmente abbiamo sempre immaginato lo spazio immerso nel silenzio più oscuro e profondo.
In realtà anche l’Universo ha il suo canto. Infatti, pochi giorni fa l’Agenzia Spaziale Federale Russa (Roscosmos) ha tradotto i segnali radio prodotti dalle pulsar in onde sonore. Le Pulsar sono stelle di neutroni prodotte dall’esplosione di una supernova, sono estremamente dense ed emettono radiazioni brevi ma regolari e soprattutto molto intense. La sequenza sonora si basa sui dati del telescopio spaziale Spectrum-R, del progetto Radioastron”, e non è certamente il primo esperimento realizzato per conoscere il suono prodotto dallo spazio.
Le onde sonore prodotte dalle stelle di neutroni
Il mese scorso anche la Nasa ha realizzato una melodia cosmica prodotta grazie al telescopio spaziale Hubble. Le riprese sono state trasformate in musica dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e dalla stessa Nasa, responsabile del rover mandato in orbita ben 19 anni fa, nell’aprile 1990. Il risultato è probabilmente una delle cose più suggestive mai ascoltate: la voce dell’Universo. L’ascoltatore viene catturato da un crescendo di tonalità che si susseguono l’una dopo l’altra e che rappresentano il suono prodotto da migliaia di galassie tenute insieme dalla forza di gravità e costituite da innumerevoli stelle, quasi come se fossero granelli di sabbia.
La melodia cosmica prodotta dal telescopio Hubble
L’artista che dà voce alle città del mondo
Quanti di noi ritengono che le città siano solo caos e rumore? Probabilmente non ci siamo fermati ad ascoltare con attenzione.
La compositrice, sound designer e artista sonora Chiara Luzzana può compiere la magia di trasformare il “rumore” prodotto dagli oggetti che accompagnano la nostra quotidianità in musica. Le sue emozioni sono in grado di trasformare la realtà in suono e la sua creatività rende un rumore, che la maggior parte di noi reputerebbe insignificante, se non addirittura fastidioso, in un suono piacevole.
Nel 2015, durante la Biennale di Venezia, per la mostra Swatch Faces ha presentato la prima colonna sonora realizzata esclusivamente con i suoni prodotti dagli orologi. Le lancette sono diventate chitarre elettriche, i guanti degli operai si sono trasformati in un’arpa, le registrazioni dei macchinari delle fabbriche stesse sono diventate parti ritmiche e melodiche. La parte più sorprendente di tutto è che oggetti, parti meccaniche, gesti abituali reputati privi di ogni bellezza sono diventati musica e quindi arte.
“Quando lavoro con i suoni sono una esploratrice, li devo scoprire nei lati più nascosti. Mi piace dare voce a ciò che è nato senza.” (Chiara Luzzana)
https://www.youtube.com/watch?v=qQAIMVx-X9w
The sound of Swatch – Chiara Luzzana
In realtà, la carriera dell’artista vanta un altro importante lavoro: The sound of City. Il progetto risale al 2013 e ha portato la Luzzana a viaggiare per le più grandi metropoli mondiali, tra cui Shangai, New York, Venezia, Tokyo, Zurigo e Belgrado. In Italia è stata, ad esempio, a Genova dove la sua attenzione si è focalizzata sul porto, arrivando a registrare anche suoni sott’acqua. Ancora di Milano, e in particolar modo di Brera, ne ha raccontato il carattere in questo modo:
https://www.youtube.com/watch?v=csBRjMu5Ha0
The sound of city – Chiara Luzzani
L’obiettivo è raccontare l’essenza e il carattere di ogni “giungla di cemento”, ed è così che un semaforo diventa un sintetizzatore e un clacson si trasforma in un sassofono.
A tal proposito l’artista ha dichiarato:
“The urban soundscape is my orchestra. To create the soundtrack of the city, to make something eternal in order to not be forgotten” – Chiara Luzzana
Il paesaggio sonoro urbano è la mia orchestra. Per creare la colonna sonora della città, per fare qualcosa di eterno in modo che non sia dimenticato – Chiara Luzzana
L’insegnamento che possiamo trarre dall’artista è che, spesso, usando solo la vista cogliamo solo una minima parte di quello che ci circonda e che talvolta l’arte sta anche nelle piccole cose se solo riusciamo a vederle, o in questo caso a sentirle.
Anche l’uomo ha la facoltà di produrre suoni senza dover necessariamente servirsi di strumenti musicali.
È il caso, ad esempio, dei cantanti a cappella. Tali tipi di performance non prevedono l’uso di alcun strumento ed è adattabile a molti generi musicali, tra cui il canto popolare, la musica jazz, il pop, lo swing, il gospel, etc.
I suoni andranno dunque ricreati con la voce, lasciando un grandissimo spazio alle emozioni. È il caso, ad esempio, della cover a cappella dei Pentatonix. Il gruppo americano si è cimentato anche con una canzone difficilissima ma capace di smuovere le corde del cuore: Halleluja di Leonard Cohen.
Hallelujah- Pentatonix
Infine, un ulteriore esempio può essere il suono prodotto dalla body percussion. Al pari di uno strumento a percussione, il corpo umano diventa fonte di suoni con diverse qualità timbriche e tonali.
La parte migliore è che questa tecnica ha un grande valore educativo, terapeutico o semplicemente migliora il modo con cui ognuno di noi percepisce se stesso. Ad esempio, coloro che hanno difficoltà ad accettare il proprio corpo possono avere la possibilità di viverlo in maniera più serena, positiva e creativa. Il gesto, infatti, diventa suono e movimento ed è capace di veicolare emozioni e sensazioni.
Ve lo avevamo già annunciato nei giorni scorsi con il nostro articolo, e così è stato: venerdì 26 aprile è uscito Faber Nostrum, l’album tributo al grande Fabrizio De Andrè, firmato Sony-Music.
A realizzare le cover presenti nel disco sono stati quindici fra gli artisti più noti del panorama musicale italiano attuale: Motta, Ex-Otago, Ministri, Vasco Brondi, solo per citarne alcuni.
Faber Nostrum è sicuramente l’album più chiacchierato degli ultimi giorni, ma anche il più criticato. Ma del resto si sa, Fabrizio De André, noto anche con l’appellativo di Faber, è stato uno dei più grandi cantautori che la musica italiana abbia conosciuto. Qualunque cosa diciamo sul grande Fabrizio De André risulta sempre un po’ riduttiva. Ogni volta che ascoltiamo le sue canzoni ci sentiamo sempre troppo piccoli di fronte all’immensità della sua musica e dei suoi testi.
Non c’è dunque da meravigliarsi se molti fra i fan più accaniti non abbiano gradito questo tributo o lo abbiano considerato quasi un insulto alla memoria.
Tuttavia, ad essere più obiettivi e ascoltando bene il disco, si scopre che la profanazione non c’è stata. Faber Nostrum è un album umile, un tributo che si affaccia delicato come una rosa posata su una lapide, un omaggio tutt’altro che pretenzioso.
Ogni artista ha realizzato una versione del tutto personale dei bellissimi brani di De André che sono confluiti in questo nuovo lavoro, senza mai cadere nel banale. Pensiamo ad esempio a “Sally”, cantata da Gazzelle, dove fin dalle prime note riconosciamo lo stile dell’artista romano.
“Amore che vieni, amore che vai” cantata dagli Ex-Otago e “Canzone dell’amore perduto” cantata da Colapesce le avevamo già ascoltate in anteprima. Una super novità è invece rappresentata da “Il bombarolo”, cantata da Willie Peyote. L’artista torinese ha infatti presentato il brano in una versione rivisitata, riproposta in un’amara chiave moderna, ma che ovviamente non dimentica l’originale.
E ancora gli Zen Circus in “Hotel Supramonte”, i Canova in “Il suonatore Jones” e La Municipàl in “La canzone di Marinella” restituiscono perfettamente la profondità dei brani originali, senza mai perdere la propria identità artistica.
Certo, forse per molti sarebbe stato meglio che le canzoni di Fabrizio risuonassero solo attraverso le vecchie incisioni di Fabrizio. Tuttavia, questo nuovo album potrebbe diventare un ottimo strumento per far avvicinare i più giovani ad un importantissimo pezzo di storia della musica italiana.
Intanto, dopo aver ascoltato questi brani che conosciamo già così bene, la prima cosa che ci viene da pensare è, ancora una volta: Grazie, Faber!
L’album Faber Nostrum è acquistabile in formato MP3 e CD Audio a questo link.
CLAVDIO, all’anagrafe Claudio Rossetti, la nuova stella dell’ universo Bomba Dischi (vedi Calcutta, Giorgio Poi, Franco126, etc), entrato nella playlist Indie-Italia con il suo secondo disco Togliatti Boulevard.
Togliatti Boulevard
Nove tracce programmatiche che mettono a nudo l’anima musicale del cantautore, che si descrive su Instagram come un “Allegretto Moderato”, un movimento che non dà spazio agli eccessi sia musicali che emotivi.
I nove pezzi sono arrangiati e prodotti in toto da CLAVDIO, testi diretti senza inutili arzigogoli sostenuti da synth e tastiere e chitarre che accompagnano il tono pacato e quasi freddo dello stesso cantante. Un album da ascoltare più e più volte per entrare nel mind set di CLAVDIO che descrive la sua vita come un poeta crepuscolare.
Il primo singolo “Cuore ci ha avvicinato a CLAVDIO, la prima traccia di Togliatti Boulevard, un inno amaro e distaccato alla routine che si insidia in una storia d’amore.
Ho visto la tua mano strapparmi il cuore, Mi sono accorto che era marrone, E non quel rosso come lo disegnavi tu
Ricordi
Dopo l’esordio con CUORE nelle scalette radiofoniche, CLAVDIO si è fatto sentire con due singoli impastati con le rimembranze malinconiche: Nacchere e appunto Ricordi.
“Metti i ricordi In un posto che non ricordi Dove sicuro ci ritrovi anche i soldi croati Al giorno d’oggi Per collegarci sono inutili i ponti Ritornerò a parlarti con il walkie talkie Ma da un metro”
Conservo ancora del nostro viaggio in Spagna Tutte le nacchere, Fottute nacchere
L’impronta cantautoriale di Togliatti Boulevard rievoca artisti come Battiato per il suo ermetismo e la cantautrice Erica Mou, per l’uso sapiente delle parole nelle loro assananze e consonanze.
Le prossime date del Togliatti Boulavrd Tour sono:
10/05 SMAV – Santa Maria A Vico (CE) > I biglietti qui
11/05 Art In Progress – Putignano, Grotta del Trullo> INGRESSO GRATUITO.
Questo è primo secondo album di CLAVDIO, un “allegro moderato” tra gli artisti della scena romana indipendente.
Nella rubrica dedicate alle interviste, abbiamo iniziato a conoscere alcuni autori indipendenti. Ci hanno raccontato la loro esperienza e anche dispensato qualche consiglio dedicato a coloro che hanno intenzione di intraprendere la via dell’auto-pubblicazione.
Ma cosa vuol dire davvero essere un autore indipendente?
Il kindle reader con cui leggere gli ebook di autori indipendenti
Fino a diversi anni fa, l’unico modo per pubblicare un manoscritto era quello di affidarsi a un editore. Con l’avvento degli ebook le cose sono cambiate e sono nate diverse piattaforme, prima fra tutte Amazon Kindle Publishing, che hanno messo a disposizione degli autori la possibilità di pubblicare la propria opera senza il filtro dell’editore, avendo il pieno controllo su ogni aspetto del romanzo, oltre che un guadagno diretto, e quindi più elevato, rispetto al sistema tradizionale.
Ripiego o scelta consapevole?
Nel mondo anglosassone questa nuova strada è stata accolta subito con favore, dando la possibilità a molti autori di avviare una carriera di successo e di fare della scrittura un vero e proprio lavoro con un’ottima remunerazione.
In Italia, invece, almeno nei primi tempi, l’autore indipendente è stato visto come colui che ripiegava sul Self – Publishing poiché rifiutato dalle case editrici.
Non è sempre così. Molti scelgono questa strada con consapevolezza, decisi a investire in prima persona sulla propria opera, diventando “editori di se stessi”.
Quali sono però i consigli da seguire se si vuole diventare un autore indipendente?
Prima di tutto essere consapevoli che non basta aver scritto una storia, e averla riletta un paio di volte, per poter ritenere il manoscritto pronto per un lettore.
Il fatto che ci si fa carico in prima persona della pubblicazione, non vuol dire che si debbano saltare gli step fondamentali per trasformare l’opera grezza in un vero e proprio libro, curato sotto ogni aspetto.
1) Prima ancora di intraprendere il percorso, studia.
Ancor prima di seguire i prossimi consigli e avviarsi verso la pubblicazione come autore indipendente, la cosa fondamentale da fare è studiare le tecniche di scrittura, quelle di promozione, capire quali sono gli errori da evitare. Il metodo migliore è sicuramente quello di affidarsi ai manuali di scrittura creativa, ma anche quelli dedicati al marketing. Seguire i blog dedicati alla scrittura, ma anche agli autori, in modo da iniziare a capire come muoversi in questo campo.
2) Trova un beta – reader
Che cos’è un beta – reader? Un lettore incaricato di leggere la tua storia prima della pubblicazione. Il suo compito è quello di dirti se il romanzo funziona, i personaggi sono accattivanti, la storia scorre, se ci sono buchi di trama ecc. Tutte cose che un autore, da solo, non può controllare, essendo stato per mesi a lavorare sulla propria opera.
Come trovare un buon beta? Il consiglio di tutti è quello di non affidarsi a parenti o amici, poiché tenderebbero a tenere le critiche per sè per non ferire. Non è sempre vero, dipende molto dal tipo di fiducia che sia ha con il possibile candidato e, ovviamente, se questo ha le giuste caratteristiche. Il beta deve essere un lettore appassionato, e sopratutto, deve avere molta dimestichezza con il genere a cui appartiene la vostra opera.
Il miglior consiglio è quella di affidarsi ai gruppi di lettori/autori su Facebook, ce ne sono molti. Iscrivetevi, fate conoscenza con gli utenti e individuate chi tra loro ha le competenze necessarie per farle. Esistono poi anche professionisti che offrono questo determinato servizio.
3) Affidati a un editor
Ora che il beta – reader ha dato la sua opinione e si sono fatti i dovuti interventi sul manoscritto, il passo successivo è quello di affidarsi a un editor. Se ci si affida a una casa editrice, la fase di editing è acura della stessa, se si è un autore indipendente, occorre trovare da soli questa fondamentale figura professionale.
In che cosa consiste il lavoro di editing? . Si tratta di trasformare il dattiloscritto in un lavoro pulito da imperfezioni, adatto alla pubblicazione. Il ruolo dell’editor è quello di eliminare refusi e ripetizioni, lavorare sugli accenti, gli apostrofi e l’uso della punteggiatura; uniformare la fluidità del testo, segnalare all’autore le incongruenze e gli eventuali punti deboli della trama. Non rientra invece nel compito dell’editor stravolgere l’intero lavoro, sostituirsi allo stile dell’autore, sconvolgerne la trama. L’editor quindi interviene con suggerimenti e modifiche su ogni aspetto del testo: rilevazione di incongruenze sulla trama, personaggi poco elaborati, errori nella definizione del contesto, armonizzazione dell’intero manoscritto con lo stile personale dell’autore, suggerimenti sull’uso dei p.o.v (punti di vista dei personaggi) e sulle tecniche di scrittura (Show don’t tell)
Come trovare quello giusto? Ci sono diversi editori free- lance a cui affidarsi, anche in questo caso facebook è un ottimo luogo dove trovare utili consigli e ovviamente anche google, attraverso i siti delle agenzie che offrono questo tipo di servizio.
4) Anche l’occhio vuole la sua parte
Una copertina accattivante è fondamentale per attirare l’attenzione di un lettore. Non t’improvvisare e anche in questo caso affidati a un grafico professionista che riuscirà a creare un’ottima cover.
5) Promuoviti con efficacia
Una volta pubblicato, è necessario far conoscere il proprio romanzo. Un buon autore indipendente deve investire tempo e anche un po’ di denaro nella pubblicità. La concorrenza è molta, non è pensabile rimanere in disparte, se si vuole che la propria storia arrivi al lettore.
Tuttavia, tramite un libro, un quadro o una canzone è possibile esprimere anche sentimenti positivi, che ci aiutano a stare meglio.
La letteratura Up-lit
Letteratura ed emozioni
Senza addentrarci nell’universo di libri che aiuterebbero il nostro spirito a stare meglio, potrebbe essere interessante invece citare un nuovo genere definito “Up-lit“. Il termine deriva dall’inglese “up-lifting” ed è tradotto in italiano come “letteratura edificante”.
Sotto questo nome sono racchiusi quei romanzi che, chiusa l’ultima pagina, fanno stare meglio anche il lettore. Romanzi di questo tipo sono nati in Inghilterra, pensiamo a Joanna Cannon, con Equivoci e Bugie. Tuttavia, il successo planetario è stato raggiunto, soltanto, in seguito alla pubblicazione di Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman.
Si tratta di romanzi che spesso sono definiti come “buonisti”. In realtà, il lettore non è istruito o indotto dall’autore a seguire determinate norme etiche e morali, ma è avviato in un percorso. Un percorso che lo conduce ad affezionarsi al protagonista, a soffrire con lui, a fare il tifo per lui, a sperare che tutto si risolva e, soprattutto, a credere ancora nelle buone azioni. Terminata la lettura, nella maggior parte dei casi, il lettore sarà contento per l’esito delle vicende e avrà la certezza che questa lettura ha lasciato qualcosa dentro di lui.
Eleanor Oliphant sta benissimo
Eleanor Oliphant sta benissimo- Gail Honeyman
Nel caso di Eleanor Oliphant sta benissimo, la scrittrice ci introduce a piccoli passi nella vita della protagonista, facendoci entrare apparentemente nella sua mente. Dopo una giornata piena e movimentata arriviamo finalmente ad aprire il libro ed entriamo nella quotidianità tranquilla e monotona di Eleanor. Tuttavia, questo non implica necessariamente un romanzo dall’andamento banale e scontato. Presto emergono tracce buie del passato della protagonista, un passato che lei stessa ha preferito dimenticare e che scopriremo insieme a lei solo alla fine del romanzo. Tuttavia, a rendere speciale questo romanzo, e gli altri di questo tipo, è soprattutto la resilenza della protagonista e il suo scoprire, gradualmente, la bellezza di fare qualcosa per gli altri senza che ci torni nulla indietro.
È come se da qualche anno a questa parte, nella narrativa, il nostro caro e vecchio “lieto fine” avesse conosciuto un’ulteriore evoluzione. Forse il nostro attuale stile di vita, sempre un po’ caotico e frenetico, ha espresso alla letteratura contemporanea le sue nuove esigenze e alcuni autori hanno già tentato delle risposte.
La musica che ci fa stare meglio
Anche la musica può ispirare sentimenti positivi e aiutarci a stare meglio. Del resto, un detto popolare, “canta che ti passa”, invita a superare le paure e le preoccupazioni proprio attraverso il canto. Sicuramente non possiamo dire che, in questo caso, la saggezza popolare non ci abbia visto lungo.
Sicuramente, una canzone che ci ricarica dopo una giornata pesante è: Don’t stop me now dei Queen. In realtà, subentrano fattori personali per cui una canzone, anche in base ai ricordi che evoca, può trasmettere sensazioni positive o meno. Tuttavia, è innegabile che il brano dei Queen, tanto per il ritmo travolgente quanto per il testo, riesca nella maggior parte dei casi a trasmetterci un senso di energia e di rinnovato buon umore.
Tra le canzoni universalmente riconosciute come capaci di ispirare sentimenti positivi appare anche Dancing Queen degli ABBA. Seguono Good Vibrations dei The Beach Boys, Uptown Girl di Billie Joel e, secondo varie classifiche, anche Don’t worry be happy di Bobby McFerrin.
In molti elenchi appare anche una canzone italiana, la celebre Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno. La canzone è una specie di sogno che ricorda, secondo il pensiero degli stessi autori, il dipinto di Marc Chagall “Le coq rouge dans la nuit”. La dolcezza trasognante del ritmo, che spinge l’ascoltatore verso il cielo infinito, rievoca la leggerezza con cui i corpi, umani e animali, sono sospesi nel cielo blu del dipinto Chagall.
Le coq rouge dans la nuit – Marc Chagall
Il testo è un’ulteriore conferma di questo sentimento di leggerezza e buon umore che solo un’esperienza onirica può trasmettere:
Penso che un sogno così non ritorni mai più Mi dipingevo le mani e la faccia di blu Poi d'improvviso venivo dal vento rapito E incominciavo a volare nel cielo infinito Volare oh, oh Cantare oh, oh, oh Nel blu dipinto di blu Felice di stare lassù E volavo, volavo felice più in alto del sole Ed ancora più su Mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù Una musica dolce suonava soltanto per me
Tuttavia, bisogna sempre ricordare che la lettura di un libro, la visione di un quadro o l’interpretazione di una canzone è sempre un momento molto personale. L’opera d’arte risulta quasi sempre condivisa, l’autore la propone in un certo modo, ma il ricevitore la rielabora attribuendole significati propri anche in base alla sua esperienza. È questo che rende ogni canzone, ogni poesia, ogni dipinto carico di emozioni diverse, positive o negative che siano.
“Scialla semper” di Massimo Pericolo, dall’arresto al disco.
Un fulmine a ciel sereno ha scosso la scena Rap e Trap italiana; si chiama “Scialla Semper” di Massimo Pericolo. Viene da Gallarate, classe ’90, il rap lo sa fare davvero, e al giorno d’oggi spicca per essere uno dei pochi rapper davvero credibili. Semplicemente racconta ciò che vede e ha visto, e si racconta per come è ed è stato.
Tutto il disco suona introspettivo e autentico, ha una sua personalità ben distinta e originale, cosa assai rara al giorno d’oggi nel genere. Il suo rap mi ha portato nei suoni della periferia di notte, ho sentito le sirene della Polizia e l’acuqa sporca che scola nei tombini. Mi è sembrato di vivere anche a me in una infinitesima parte quel paio d’anni di carcere di cui parla spesso, e la disperazione dei ragazzi che li vi ci finiscono delle volte per un gioco andato male.
Per di più le metriche, le rime e gli incastri sono quelle di un rapper vero, non improvvisato. Questo è il mix che rende “Scialla Semper” uno dei dischi migliori del 2019 fin’ora ascoltato.
La ricercatezza della forma e la poetica delle immagini fanno di questo artista, a mio avviso, uno dei più promettenti per i prossimi anni. Se chi ben inizia è a metà dell’opera con “Scialla Semper” Massimo Percicolo forse è già a tre quarti.
Non mi soffermerò su ogni brano, poichè questo disco l’ho vissuto come un viaggio unico ed omogeneo. I pezzi si scivolano addosso uno sull’altro con delle produzioni che calzano a pennello con l’atmosfera creata. Anche il singolo di successo “7 Miliardi” acquisisce tutto un’altro significato se contestualizzato nel progetto.
La frase finale con cui Massimo Pericolo ha deciso di chiudere quel brano è una delle più significative di tutta la sua produzione, ed è la stessa con cui scelgo di chiudere questo articolo;
Il 12 aprile è uscito “1969”, il nuovo album di Achille Lauro. L’artista capitolino, complice la partecipazione al Festival di Sanremo con l’inatteso brano Rolls Royce, è passato dall’essere considerato un “trapper” con un pubblico di età media vent’anni, a diventare rivelazione del panorama musicale italiano.
Presentazione 1969
Achille Lauro, apprezzato dal grande pubblico e dalla critica, è pronto a stupire con il suo nuovo lavoro 1969. Dieci canzoni all’insegna della sperimentazione, davvero efficace, che spazia da ballad classiche a pezzi più divertenti, condito dalle riflessioni dei racconti di Achille Lauro che descrive il suo immaginario. Ma nel disco c’è molto di più oltre alla trap e al rap. Le tracce seguono una strada tortuosa incontrando dance, elettronica, punk e pop, ma soprattutto il rock con i suoi strumenti che accompagneranno tutta l’opera.
La
Tracklist di 1969
Rolls
Royce
C’est
la vie
Cadillac
Je
t’aime (feat. Coez)
Zucchero
1969
Roma
(feat. Simon P)
Sexy
Ugly
Delinquente
Scusa
Achille sembra qualcosa, ma in realtà è altro
Come di consueto alcuni singoli hanno anticipato l’uscita del disco, Rolls Royce presentata al Festival di Sanremo e C’est la vie. Infatti già con l’ascolto di questi brani possiamo capire quanto l’artista romano sia maturato e sia in costante evoluzione. Ormai lontano dalla figura dell’idol di “Immortale” e dai suoni distorti, banger ed allucinogeni di “Pour l’amour” da vero precursore approda ad una nuova frontiera della musica.
Achille Lauro con questo disco si rinnova ancora una volta e con lui la sua musica. Le sonorità rap e trap si fondono in maniera magistrale con quelle del rock, riuscendo a rievocare a tutto tondo il 1969. Le sensazioni, i suoni e gli status simbol elencati dallo stesso Achille delineano una cornice in cui l’artista si muove con naturalezza, che allo stesso modo trasmette ai suoi ascoltatori, catapultandoli nell’epoca del rock, delle belle macchine e delle camicie slacciate.
Il Mi Ami Festival quest’anno spegne 15 candeline. Il tema sarà Amor Vincit Omnia. Come ogni anno si terrà al Circolo Magnolia presso l’Idroscalo di Milano dal 24 al 26 maggio. Molti gli artisti che si esibiranno sul palco milanese.
24 maggio: iniziano le danze
L’ora zero è prevista per le 16 di venerdì 24 maggio. Come previsto anche per i giorni successivi ci si potrà divertire fino alla chiusura dei cancelli alle 4 del mattino. Si esbiranno: Alex, Bartolini, Coma Cose, Clavdio, Dola, Eugenia Post Meridiem, Eugenio in via di Gioia, Fast Animals & Slow Kids, Franco126, Fulminacci, Giorgio Poi, Gomma, Jesse The Faccio, Ketama126, Lahasna, Maggio, Massimo Pericolo, Psicologi, Rokas, Speranza, Sxrrxwland, Tauro Boys.
25 maggio: la festa continua
Stesso posto stessa ora. Sabato 25 maggio i cancelli si apriranno alle 16 e si chiuderanno alle 4. Sul palco sono attesi: Chadia Rodriguez, Dellacasa Maldive, Elasi, Ensi, Frenetik&Orang3, Zerosei Soundsystem, Fuera, Irbis 37, Le Feste, Antonacci, Mahmood, Mike Lennon, Mille Punti, Motta, Myss Keta, Nava, Nitro, Bassi Maestro (presents North of Loreto), Riccardo Sinigallia, Sick Tamburo, Ters0, The Pier, Tropea, Uccelli, Venerus, Yonic South.
26 maggio: si chiude con il botto
Domenica 26 maggio i cancelli si apriranno per l’ultima volta per il Mi Ami alle 16 per poi chiudersi alle 4 del mattino. Nell’ultima data si esibiranno: Andrea Laszlo De Simone, Angelica, Any Other, Bugo, Canarie, Dimartino, Eugenia Post Meridiem, Ginevra, Giogio Canali, Her Skin, I hate my village, La rappresentante di lista, Luca Carboni e Malihni.
Come acquistare i biglietti
Per partecipare al Mi Ami Festival 2019 basta acquistare i biglietti sul sito ufficiale: giornalieri a 25€ + diritti di prevendita (fino all’8 aprile, poi 28€ + DP salvo esaurimento), oppure l’abbonamento a 60€ + diritto di prevendita fino all’8 aprile (poi 75€ + DP fino ad esaurimento). I biglietti alle casse costeranno 30€. I bambini fino ai 12 anni entrano gratis.