L’estate del 2020 ho conosciuto Gianmarco Ricasoli col suo progetto Itaca Reveski, in occasione dell’uscita del suo secondo singolo Nထvola. Su Indielife.it trovi anche una prima intervista del ragazzo viaggiatore dove ci racconta cos’è per lui la musica, la ricerca, il viaggio… Questo viaggio che lo ha portato a concludere probabilmente la sua prima importante tappa: l’uscita dell’ep Sogno solo ari/-\ il 15 gennaio 2021.
Qual è la storia che si cela dietro al titolo e alla copertina del tuo album Sogno solo ari/-\?
Sogno solo ari/-\ vuole trasmettere la sensazione di intangibilità di qualcosa, una sensazione di voler realizzare, sognare, qualcosa che non si può realizzare, voler prendere qualcosa che non si può prendere, voler racchiudere dentro una bottiglia qualcosa che non si può chiudere dentro una bottiglia come quei sacchetti d’aria dei tropici oppure le bottigliette con l’aria dell’Everest. Fondamentalmente cose simboliche che non esistono.
Ci parli del concept album?
L’ep è un concept fino a un certo punto. I pezzi sono collegati concettualmente tramite la storia, che sta come sfondo, di Itaca Reveski e del viaggiatore. Il mio progetto è un come un libro con una colonna sonora. Ad ogni pezzo corrisponde un capitolo del diario di Itaca Reveski, una ragazza che racconta la sua storia dal lockdown in poi. Questo diario viene trovato nel presente da un ragazzo ma è come se fosse scritto nel futuro, come se tutto fosse già successo, andato avanti e già concluso. La storia proseguirà con il ragazzo che dopo aver letto il diario si innamorerà di lei e deciderà di mettersi alla sua ricerca. Il punto di vista del viaggiatore è il mio punto di vista. É come se fossi io, te che ascolti, chiunque che ascolta. Il suo nome è come se fosse il nome di ognuno di noi che si immedesima in lui.
Come nasce l’ep Sogno solo ari/-\?
La mia ispirazione per questo ep nasce dall’ascolto, in primis, di artisti stranieri: Bon Hiver, Ben Howard, Apparat, The postal service. Ha giocato un ruolo fondamentale anche il mio essere un super fan e anche chitarrista di Wrongonyou. A metà 2020 ho scoperto anche un super talento della musica italiana: Ginevra. Ho ascoltato la sua Rajasthan un miliardo di volte. Altri artisti della musica italiana sono Icani e Andrea Laszlo de Simone.
Come hai realizzato i tuoi brani?
C’è un’impalcatura di capitoli dietro l’ep Sogno solo ari/-\ che la riceve solo chi si iscrive alla newsletter di Itaca Reveski, tramite il link in bio del mio Instagram. Riguardo la parte tecnica, di produzione della musica, c’è da dire che i pezzi li ho scritti tutti io, cantati, suonati, registrati e prodotti interamente da me, con unica eccezione i brani Delle sirene il canto e Andiamo sulla luna, dove il mastering è di Impronte Records. Gli elementi chiave della produzione sono: la chitarra, con cui di solito comincio a scrivere, e poi tutta una serie di suoni ripetuti che creano un’atmosfera onirica. In particolare mi piace molto un suono che è una chitarra che non sembra una chitarra ma sembra più un fischio continuo, e lo metto sotto a tutte le canzoni.
Lo stile dei testi è, a volte, molto minimale, non perché sono pigro e non mi va di scrivere, ma perché i pensieri, a volte, quando ti tornano in mente, ti tornano e ti ritornano e non se ne vanno. Il modo migliore per esprimere qualcosa che mi tamburella il cervello da un mese è ripeterla, anche in una canzone, senza creare forzatamente tante parole per esprimerla: dire poco e affidare tutto il resto alla musica.
Ci racconti il motivo che sta dietro l’utilizzo di numeri e punteggiatura al posto delle lettere nei titoli dei tuoi pezzi?
Questa domanda me l’hanno fatte tante volte e la quel che rispondo, scherzandoci su, è che lo faccio per mettere in difficoltà le persone! Il motivo più profondo è un altro ovvero la possibilità di esprimermi utilizzando tutto quello che ho a disposizione e molte volte un tipo di punteggiatura, un particolare simbolo, un numero al posto di una lettera, può farmi esprimere qualcosa che non sarei riuscito a dire nello stesso spazio con la stessa efficacia.
La musica è anche un insieme di eventi casuali e non… Gianmarco ci parla dei suoi aneddoti sull’ep Sogno solo ari/-\
Nထvola, il pezzo che ritengo più importante perché è quello che, dico sempre, mi ha ridato la voce. Prima di scrivere il testo di Nထvola non volevo più cantare. Per caso mi è capitata un’occasione, sono andato con il mio batterista Ivan ad Acquapendente (VT) a registrare Nထvola in uno studio super figo che si chiama il Mulino Records. Ci siamo fatti questo viaggetto in macchina e siamo stati 3 giorni ad Acquapendente, a febbraio 2020. Il coronavirus si sentiva da lontano. Appena tornati c’è stato il lockdown! Insomma, ho fatto proprio in tempo a registrare Nထvola perché poi è scoppiato il Coronavirus.
Un altro aneddoto riguarda il testo Andiamo sulla luna in cui, nel bridge, si parla di Eddy Vedder, il cantante dei Pearl Jam. Nel testo c’è una frase che di solito uso con i miei amici, per scherzare, quando mi dicono “Eh, no, è diverso” ed io rispondo “Eddy Vedder” perché come assonanza assomiglia molto a “è diverso”. Quindi dal verso “vorrei rinascere eddy vedder” si arriva a un altro significato, tramite assonanza: “vorrei rinascere diverso”.
Complimenti per la cover Giardini di marzo. Come hai costruito questa versione del brano? Da cosa nasce la necessità di rendere omaggio a Lucio Battisti?
Grazie mille per i complimenti! É veramente importante per me che sia piaciuta perché è stato complicato anche decidere di farla, ancor più decidere di farla uscire perché tocchiamo un mostro sacro della nostra musica. La costruzione di questa versione del brano è stata naturale perché quando ho deciso di farla è successo in modo particolare. Un anno e mezzo fa ho scritto un pezzo e sono andato a ripescarlo recentemente. Non mi ero reso conto che avevo scritto un pezzo con l’intro di chitarra de I giardini di marzo.
Dato che l’avevo metabolizzato così tanto da non accorgermene ho deciso comunque di farci un omaggio, una cover di Lucio Battisti. L’idea è stata quella di rispettare assolutamente l’originale, cercare di connettermi con l’impianto emotivo, di dolore, che c’è dietro la canzone stessa e rimanere là, dal punto di vista emotivo, ma, dal punto di vista stilistico, renderla più mia, più Itaca con un sound crossover tra acustico e elettronico. Quest’idea mi è venuta ascoltando una cover che mi piace tantissimo quella di Cancer, dei My Chemical Romance, rifatta dai Twenty One Pilots. Ho seguito quel flusso.
Un altro brano di cui vorresti fare una cover? Sempre proveniente dal cantautorato italiano
Un altro brano di cui mi piacerebbe fare una cover stile Itaca è Ti vengo a cercare di Battiato. Chi lo sa…