Il teatro, la Calabria e la classicità: Abov parla dell’ultimo singolo, Baccano

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Vincenzo Bova, in arte Abov, antropologo e cantautore calabrese, ci ha presentato il suo nuovo pezzo: Baccano.

Baccano vuole essere un’opera “composita”, in quanto, sebbene esplicitata in musica, trova la sua influenza nel teatro. In particolare, nelle Baccanti di Euripide. Pensate che la canzone si apre proprio con un’invocazione a Dioniso, dio del teatro, del vino e del piacere, e nel ritornello diventa una dedica d’amore ad Arianna.

Per chi non conoscesse la tragedia, facciamo un passo indietro.

Le Baccanti racconta di quando Dioniso, accusato di non essere davvero un dio da Penteo, re di Tebe, scese sulla terra per convincere la città della sua natura divina. Per questo, per prima cosa indusse un germe di follia in tutte le donne tebane, che corsero sul monte Citerone a celebrare dei riti in onore di Dioniso (o Bacco), divenendo, così, delle baccanti.

Abov tra musica e antropologia: Baccano e l’eterna “ricerca”

Ricerca è la parola chiave nella carriera di Abov, una ricerca che ha un aspetto musicale, ma anche antropologico, sociale e culturale.

Dal punto di vista musicale, l’artista è stato influenzato dal cantautorato italiano, dal jazz, dal folk e dal progressive rock. Inoltre, è forte l’attaccamento alla cultura classica, attorno alla quale ruotano molti dei temi, richiamando un po’ la cultura mediterranea, quella del territorio che tanto ama e per cui tanto fa: il Sud.

In questo quadro si inserisce perfettamente anche Baccano. Infatti, utilizza sfumature che partono dal folk dei paesi nordici fino ad arrivare a sonorità funk e afro, ritornando in un ambiente dionisiaco. Ed è proprio Dioniso il protagonista: ci invita a seguirlo per rinascere di nuovo.

«Sono Dioniso, padre della festa, figlio di Zeus e di Semele. Venite satiri e menadi. Chi mi segue nasce di nuovo, chi mi segue brilla insieme a me» dice in greco di calabria.

La nostra cultura e quella antica si legano profondamente e hanno un fine comune: valorizzare il territorio. Per questo Abov ha integrato nella sua produzione il greco di Calabria, un idioma in via di sparizione. Questa scelta vuole valorizzare la memoria del mondo arcaico nel contesto contemporaneo ma anche promuovere un modo di vivere sostenibile, trattando temi come la natura, la spiritualità e l’umanità.

La chiamano follia, ma è la mia libertà

porto in dono vino, estasi e frenesia, rompiamo le catene della tua prigionia

Baccano – Abov

Come nasce Baccano: intervista ad Abov

Tu ti definisci un “antropologo”: come pensi che questo abbia influenzato la tua musica? In che modo è collegata anche la tua passione per il mondo classico e i suoi miti?

L’antropologia è una mia grandissima passione e quello che faccio in musica è una sorta di ripescaggio antropologico che viene esplicitato in un mix tra arte, musica, spettacolo, linguistica e diacronica.

Per quanto riguarda il tema classico, ci sono più questioni da affrontare.

La prima è senza dubbio legata al territorio: da noi in Calabria (e, in generale un po’ in tutto il meridione), ogni 30 km c’è almeno un parco archeologico. Viviamo nella classicità e siamo abituati ad essere in contatto perenne con l’antichità, trovandoci in quella che era la Magna Grecia.

La seconda è legata al teatro. Infatti, a proposito di Magna Grecia, io sono sempre stato molto influenzato dalla rassegna teatrale presso la manifestazione calabrese Festival delle Arti della Magna Grecia, realtà in cui vengono riproposti spettacoli antichi, da Plauto a Euripide, ma anche incontri, corsi e seminari che permettano, attraverso un legame con il passato, di valorizzare il territorio e la cultura calabrese.

Infine, nella mia famiglia si è sempre un po’ parlato di classicità. Mio padre è un bibliotecario quindi mi ha fatto conoscere i classici, a partire dalle storie di Ulisse e mio nonno mi raccontava le favole di Esopo, in dialetto calabrese, senza spesso sapere che fossero sue.

Baccano nasce in seguito ad un tuo progetto di teatro sull’Iliade nato per creare un ponte tra la Calabria e la Grecia – difatti nel testo troviamo anche l’idioma greco di Calabria -. Dicci di più sul progetto che ha dato vita a Baccano.

Baccano nasce come “figlia” del mio spettacolo di teatro canzone sull’Iliade, una recital incentrato fondamentalmente su canti. Ne è stata presentata solo un’anteprima, ora stiamo lavorando ancora sul copione e dovremmo fare una rappresentazione in estate, probabilmente al Museo e Parco Archeologico di Locri e il mio progetto è quello di portarlo da lì in giro per l’Italia.

In questo spettacolo è interessante il parallelismo tra i personaggi dell’Iliade e temi e critiche che affrontiamo ogni giorno: Elena si lega alla questione della donna considerata come oggetto, Cassandra alla violenza sessuale, Achille e Patroclo all’omosessualità. Ogni personaggio, e quindi ogni canzone, diventa emblema di una tematica contemporanea. E lo stesso succede in Baccano.

In questo contesto, mi sono avvicinato al greco di calabria perché volevo portarlo all’interno del mio spettacolo. Ci sono voluti 2 anni di ricerca per arrivare a quello che ho oggi, perché la lingua si sta estinguendo. Sono riuscito fortunatamente ad entrare in contatto con un’associazione che mi ha permesso di avvicinarmi all’idioma e di inserirlo anche in Baccano. All’inizio, peraltro, l’invocazione a Dioniso in greco mancava, l’abbiamo aggiunta successivamente. Nella prima parte il dio si presenta, un po’ sulla falsa riga delle preghiere classiche.

Teatro e musica sono legatissimi, come si capisce. La differenza di Baccano è che è stata pensata strutturalmente per funzionare anche dal punto di vista radiofonico, quindi ha dei tempi diversi da quelli delle canzoni teatrali.

E, a proposito di musica, Baccano è la metafora perfetta dal punto di vista musicale di come ti piace sperimentare con diversi generi. Da cosa nasce questa commistione?

Fondamentale in questo senso è stata l’influenza del mio co-autore, Peppe (Giuseppe Platani, N.d.R.). Lui è un grande esperto musicale nonché musicista jazz, ha avuto modo di collaborare con artisti del calibro di Jovanotti.

Peppe faceva parte dei QuartAumentata, il gruppo nato dall’unione di quattro artisti calabresi che provenivano da diverse esperienza musicali tra pop, jazz e musica classica, trovatisi in occasione del progetto teatrale “Gruppo spontaneo”. Il gruppo era orientato alla riscoperta della musica tradizionale calabrese – tant’è che nei pezzi alternano italiano e dialetto calabrese – rielaborata però con melodie, generi e ritmi diversi e contemporanei.

Avendo entrambi – io e lui – molte influenze diverse, va da sé che la musica diventi miscellanea.

Io ci metto il cantautorato e Peppe la ricerca musicale. Le canzoni non vogliono avere un vero e proprio genere e, se dovessimo dire a cosa si avvicinano, potremmo inserire Baccano nel filone folk-etnico, con influenza progress.

Inoltre, c’è sempre, anche nella musica, una dedica alla regione: in alcune parti Giuseppe si è rifatto al genere etno-afro, inserendo accenti musicali simili alla tarantella di Reggio.

La promozione del territorio e della cultura è un aspetto molto importante per te e la musica è il tuo strumento. Giusto?

Qui in Calabria siamo un po’ abbandonati a noi stessi, sia dalle istituzioni locali che non.

Da giovane organizzavo concerti rap, cercavo di far arrivare artisti affermati sul territorio – ricordo che un anno ero riuscita a far venire Mezzosangue – per migliorarlo attraverso la musica e la cultura. Ma non solo: volevamo promuovere nuove attività per noi ragazzi.

Penso che sia necessaria una sinergia tra istituzioni e musica: promuovendo il territorio, infatti, c’è un’evoluzione delle persone e, conseguentemente, del lavoro. Per questo sto pensando ad un modo diverso di utilizzare musica e cultura che diventano sempre più di nicchia a favore di scelte commerciali. Oggi la musica si usa spesso e volentieri per fare soldi, sta sempre più venendo meno l’aspetto sociale, che invece ha l’arte.

Io invece la voglio usare esattamente per questo, facendo riemergere l’aspetto collaborativo e sociale tipico delle arti.

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