Taistoi e l’arte dell’impercettibile: “Vibrisse” raccontato dall’artista

Dietro lo pseudonimo di Taistoi si nasconde un animo curioso e sensibile, capace di trasformare l’impercettibile in musica. Con il suo album di debutto Vibrisse, Andrea Esposito, moniker di Taistoi, ci invita a esplorare un universo sonoro ricco di sperimentazione, dove i suoni e le atmosfere catturano sensazioni spesso sfuggenti. Tra gatti e riflessioni esistenziali Taistoi si racconta, svelando il processo creativo e le ispirazioni che danno vita alla sua personale visione artistica.

Intervista a Taistoi su “Vibrisse”

La scelta del titolo “Vibrisse” ci ha incuriosito. Come sei arrivato a questa scelta, c’è un particolare legame con il mondo felino?

Ciao, sì io sono notoriamente un gran gattaro e pantofolaio, sfortunatamente non ho mai potuto avere dei gatti a causa dei miei genitori che sono allergici a ogni essere vivente, mentre adesso che vivo da solo son troppo povero e irresponsabile per pensare ad un’altra vita. 

Fortunatamente però ho avuto relazioni in cui l’altra persona aveva un gatto. Quindi tendenzialmente il gatto è sempre stato per me un prototipo comportamentale: sfuggente, menefreghista, opportunista, sentimentalmente ingrato e unicamente fedele al padrone. Nelle relazioni si ha sempre, chi più chi meno, un senso di “sudditanza” maggiore o minore rispetto al partner. 

Ci racconti della tua collaborazione con Bruno Germano per la produzione di “Vibrisse”?

Ti racconto della mia, o meglio della nostra, collaborazione con Bruno perché il disco non l’ho fatto da solo, ma in compagnia di Elia Notarandea, Leonardo Antinori, Claudio Brivio e Filippo Rabottini. 

Che oltre a essere i miei migliori amici e vicini di casa suonano con me e hanno contribuito integralmente al disco. Non appena Bruno ha conosciuto me, è entrato in contatto anche con loro. Io ed Elia (Notandrea ndr) poi siamo particolarmente fan dei suoi lavori di produzione insieme a Jacopo (iosonouncane) e siamo tutt’ora davvero felici di averci collaborato.

Ci ha guidati e raffinati, è stato un mentore e una guida per noi. Davvero poche volte in vita mia mi è capitato di conoscere e affezionarmi così ad una persona.

Dici che il gatto è un po’ la metafora del tuo modo di essere: discreto, attento e sensibile all’impercettibile. Credi che questa prospettiva riesca a riflettersi anche nella tua musica?

Intendi se mi sento paranoico e se nelle canzoni scritte fino ad ora si percepisce? 

Milano mi ha fatto uno strano effetto: ultimamente le situazioni sociali mi fanno soffrire, la noia ti fa soffermare sui dettagli e l’impercettibile diventa una fissa per chi non ha altro da fare che starsene lì, fermo a guardare. Di base credo che le sensazioni che voglio far passare dalle mie canzoni si percepiscano al di là del testo o delle parole che uso. Penso sia una partita che si gioca sul suono, quindi, a livello sinaptico, molto prima della comprensione verbale. 

Il tuo è un album ricco di sperimentazione. Quali sono gli artisti che ti hanno segnato maggiormente e come si inseriscono nel tuo stile personale?

È ricco di influenze, di base, perché le canzoni che ho scritto son state sviluppate poi in sala prove, come dicevo già prima, in quattro. Quindi suonando assieme agli altri abbiamo trovato un gusto comune nel disco. 

Come reference tra i gruppi ci sono Nick Cave, Morphine, Flaming Lips, Fishmans, Arctic Monkeys, Beach Bouse, Radiohead, Yura Yura Teikoku, Ogre You Asshole e mille altre cose.

Osservando la copertina, “Vibrisse” sembra raccontare il lato oscuro e nascosto delle cose, in maniera quasi…magica. Ti va di raccontarci cosa c’è dietro alla scelta di questo artwork?

L’idea della copertina è tutta merito di Vittorio Donà. È la bocca di un mostro (o anche un portale) che si apre al mondo delle sensazioni che abbiamo sperimentato nello scrivere il disco, mondo in cui vorremmo portare l’ascoltatore. 

L’impercettibile è un tema centrale. Come riesci a catturare e tradurre in musica ciò che sfugge agli occhi e alle orecchie più distratte?

Com’è che si dice? Gli occhi del gatto sono lo specchio dell’anima, boh non mi ricordo!

Comunque, considera che si percepisce con cinque sensi e il suono è una cosa fisica, quindi lo spostamento dell’aria produce il suono e forse il brivido è più una percezione tattile che uditiva. Penso solamente che musicare la propria visione delle cose sia un tentativo che può riuscire o fallire.  

Non è mai tutto in bella vista, quindi se le orecchie son distratte è bene che non lo siano la seconda volta se non si vogliono perdere dei pezzi.

Guardando indietro all’EP “Portamento”. In che modo il tuo approccio creativo è cambiato o maturato con “Vibrisse”?

Beh, è cambiato tutto. 

Prima ero senza esperienza e Enrico, la persona con cui è iniziato tutto, mi aiutava tantissimo e abbiamo prodotto assieme il primo EP in camera sua. 

La dimensione del live ha distrutto ogni mia concezione della musica. E il gruppo con cui portavo il progetto live è diventata la band con cui è nato il disco. Si sono aggiunte più mani e più teste. 

Il disco è stato impacchettato in sala prove e rifinito da Bruno.

Cosa possiamo aspettarci dal futuro di Taistoi? 

Cosa in realtà non lo so. Il progetto lo vedo molto slegato dalla mia persona, si svolge tutto in funzione della musica che andrò/ andremo a fare.

Calomi: “Con Telepatia racconto il potere delle connessioni invisibili”

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Con Telepatia, il suo nuovo singolo, Calomi esplora il potere delle connessioni invisibili, quei legami profondi che si manifestano senza bisogno di parole. Attraverso un mix di sonorità moderne ed eteree, il brano racconta la sensazione di intesa perfetta tra due persone, quasi come se potessero comunicare su un livello più alto, pur rimanendo distanti.

Ad accompagnare questa esperienza sonora c’è un videoclip dal forte impatto visivo, realizzato in collaborazione con Alessio Bianchi e Jacopo Margnini, che attraverso colori pastello e scelte registiche evocative, amplifica il senso di vicinanza e lontananza tra i protagonisti.

In questa intervista, Calomi ci racconta la genesi di Telepatia, il processo creativo che l’ha portata alla sua realizzazione e il significato più profondo che spera di trasmettere al pubblico.

Come è nata l’idea di “Telepatia”? Qual è stata la tua fonte di ispirazione per il brano?
L’idea di “Telepatia” è emersa da un’esperienza personale, riflettendo la sensazione di connessione profonda con qualcuno.
Nel periodo in cui è stato scritto il brano, percepivo spesso quella sensazione e ho pensato fosse carino cercare di riproporla in una canzone.

In che modo il brano riflette l’idea di comunicazione senza voce?
Il brano riflette l’idea di comunicazione senza voce principalmente attraverso il testo, che esprime emozioni e pensieri in modo diretto e poetico. Le parole riescono a catturare la profondità dei sentimenti, creando un legame intimo tra i due protagonisti, anche in assenza di dialogo. Le melodie, complementari al testo, amplificano queste emozioni. Abbiamo cercato di trasmettere questo senso di connessione che va oltre le parole, rendendo palpabile la telepatia tra le persone, principalmente attraverso questi elementi.

Come hai collaborato con i registi Alessio Bianchi e Jacopo Margnini per il videoclip?
La collaborazione è stata molto semplice e creativa. Avevo già in mente il mood del videoclip (colori pastello, scene con lo schermo diviso a metà per indicare la distanza…) e dopo averlo condiviso con Alessio ci siamo sentiti al telefono per parlare meglio dei dettagli costruendo concettualmente il video. Arrivato il giorno delle riprese, io e Matteo (la comparsa) abbiamo incontrato anche Jacopo che insieme ad Alessio ci ha spiegato meglio i luoghi in cui avremmo girato il video e abbiamo scelto gli outfit per le varie scene.
Nonostante il freddo, è stato molto divertente girare diverse clip in differenti location.

Qual è stato il tuo approccio alla produzione e alla creazione delle atmosfere nel brano?
Io e il produttore abbiamo voluto combinare sonorità moderne con elementi eterei, dando molto spazio a cori e a campionamenti per creare un ambiente sonoro immersivo. Abbiamo utilizzato questo approccio cercando di potenziare il tema della telepatia.

Qual è il messaggio principale che vorresti che il pubblico recepisse?
Il messaggio principale è che la vera connessione va oltre le parole. Spero che attraverso “Telepatia” le persone possano riconoscere l’importanza delle emozioni e delle sensazioni nel costruire relazioni significative e profonde.

Olly e Lucio Corsi, “gemelli” sanremesi con un Eurovision in comune

Uniti piú che mai: Lucio Corsi e Olly continuano a rimbalzare musicalmente in ogni angolo d’Italia e ora in Europa. Infatti a una settimana esatta dal termine della kermesse, è arrivato il sorprendente passaggio di testimone da parte del cantante ligure nei confronti dell’altrettanto toscano, pronto così a rappresentare la nostra nazione nella Champions League della musica.

Un annuncio nell’aria giá da giorni, quando Olly aveva mostrato frizioni sulla conferma, fino alla rinuncia comunicata all’ora di pranzo che mette Lucio Corsi in condizione di esportare il cantautorato italiano oltre i confini nazionali.

La rinuncia di Olly all’Eurovision in nome della crescita

“Rifiuto e vado avanti”. No, non siamo di fronte al gioco televisivo di Rai 1, bensí al cliché pensato dai milioni di italiani alla notizia della rinuncia di Olly all’Eurovision. Una scelta controversa, che ha chiaramente polarizzato l’opinione pubblica, tra condivisione e indignazione. Le motivazioni? Sono state enunciate in una lettera a cuore aperto su Instagram, sinteticamente racchiusa in una parola: responsabilità. Perché il cantautore 23enne ha saputo fare un passo indietro coerente al suo percorso professionale, avvalorando ulteriormente la nostra idea di umiltà ormai bistrattata in etá moderna. L’artista infatti è sceso metaforicamente dal palco forse più ambito per lasciarlo a qualcuno che forse è più pronto. Una rinuncia responsabile e maliziosamente pavida, che rilancia con forza un concetto ormai esasperato di tempo legato a pazienza e sacrificio. Un andamento graduale per non fare spegnere il motore artistico di un ragazzo che, in un anno, ha allargato a dismisura la sua platea. Fino alla sacrosanta paura dopo aver visto in basso da un grattacielo. Come biasimarlo?

L’opportunità internazionale di Lucio Corsi per rivelare l’indie italiano

Finalmente la luce! Con la sua ultima dichiarazione artistica giunta a Sanremo, Lucio Corsi raccoglie l’eredità di Olly e affronterà l’Eurovision, per allargare inevitabilmente le attenzioni sulla sua “inedita” musica. Infatti l’artista toscano, giá premiato dalla Critica nella città dei fiori, sta ottenendo solo ora una visibilità incredibile, ricompensa “tardiva” di un talento di nicchia, tenuto a riparo dalle luci del mainstream fino ad oggi. E la sta ottenendo, attraverso un testo in cui tutti, ma proprio tutti, si stanno immedesimando. Ora la sua rincorsa proseguirá a Basilea, cercando cosí di portare in luce un’eclettismo italiano alla quale forse il pubblico internazionale non era piú abituato. Sará pronto a sorprenderli e ammaliarli come successo a tutti noi? Di certo Lucio Corsi punterà coerentemente sulla sua genuinitá artistica, cavalcata fin dagli esordi, senza sentire il peso di una nazione ultimamente schizofrenica sui suoi modelli musicali preferiti…

Torbellamonsterz è il nuovo singolo di Strikkiboy

Torbellamonsterz” è il titolo del nuovo singolo del rapper romano Strikkiboy, in uscita venerdì 21 febbraio per Time 2 Rap.

A meno di un anno dall’ultima pubblicazione “Non vali una lira”, l’MC simbolo del quartiere Tor Bella Monaca torna con nuova musica e annuncia l’imminente nuovo album. Sulla produzione di Phatale, Strikkiboy punta sulla tipica autoreferenzialità dei testi rap. Un inno che ricorda il suo percorso umano e artistico. Appunti di un viaggio che ha intrapreso in giovane età e che porta avanti con impegno e consapevolezza.

Un beat ritmato dalla forte componente electro, fa da tappeto alle sue rime che vogliono ricordare a sé e agli altri il suo percorso nella scena rap. La soddisfazione di poter dire che oggi, questa scommessa, l’ha saputa portare avanti fuori dalle mode e oltre quel limite che solo apparentemente significava la vita di quartiere.

Il singolo è accompagnato dal videoclip con la regia di Fralma, che sottolinea ulteriormente l’appartenenza e gli scenari del quartiere. Nelle scene la periferia, i gruppi di amici accomunati dalla passione per il rap e tutti scorci urbani rappresentati con un crudo realismo senza filtri. 

La copertina è un tributo al celebre album “Get Rich or Die Tryin’” del 2003 di 50 Cent.

“Torbellamonsterz” anticipa il suo primo albumDont try Strikki at home” in uscita venerdì 7 marzo in preorder qui.

Gianluca Amore: “Fuoriluogo” è un inno alla resilienza artistica

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“Fuoriluogo” è il nuovo singolo di Gianluca Amore, una riflessione sulle difficoltà di sentirsi nel posto giusto al momento giusto, un tema che accomuna tanti, soprattutto nella vita dell’artista. Il brano, che mescola pop, soul e un tocco anni ’90, affronta il concetto di inadeguatezza con un messaggio di speranza, trasmesso attraverso una melodia coinvolgente e un videoclip simbolico. Abbiamo avuto l’opportunità di parlare con il cantautore per scoprire di più sulla genesi del singolo, il suo significato profondo e il percorso che ha portato alla sua creazione.

Gianluca, “Fuoriluogo” esplora la sensazione di non essere mai nel posto giusto al momento giusto. Quanto di personale c’è in questo brano e cosa ti ha ispirato a scriverlo?
È un racconto che parte da un’esperienza realmente vissuta. A luglio scorso ho deciso di partecipare a casting e concorsi per promuovere la mia musica e farmi conoscere. E più di una volta mi è stato detto che avrei dovuto portare un altro pezzo, prestare attenzione ad altri aspetti rispetto a quelli che proponevo. Portavo un inedito, mi veniva detto che sarebbe stato meglio cantare una cover; portavo una cover, mi veniva detto che avrei dovuto far ascoltare un inedito, e via così. E allora ho voluto scrivere ed esorcizzare, in maniera ironica, questo concetto di non sentirsi mai al posto giusto nel momento giusto. Io, nella canzone, mi riferisco alla vita dell’artista, ma credo si possa estendere anche in generale.

Il concetto dell’“eterno lunedì” è molto evocativo: rappresenta quella stanchezza esistenziale e creativa che molti artisti provano. Come hai trasformato questa frustrazione in un messaggio di speranza?
La speranza arriva proprio dalla musica, lei non tradisce mai. La frustrazione, personalmente, rappresenta spesso una grande fonte di ispirazione per la scrittura di un brano. Nel momento in cui riesco a raccontare qualcosa di onesto e di personale attraverso una canzone, allora sento di aver raggiunto l’obbiettivo, e quindi anche poter trasmettere la speranza che poi, come dicono i nonni, tutto passa, si trasforma. Dopotutto, dopo il lunedì, arriva sempre un altro giorno, magari migliore, in cui staremo meglio.

Musicalmente “Fuoriluogo” è un mix di generi: pop, soul, con un tocco anni ’90. Come è nato questo sound e come è stato lavorare con HiFunk alla produzione?
Fuoriluogo è nato, inizialmente, nei miei provini, con un arrangiamento soul, molto scarno. La produzione di HiFunk è stata pazzesca, perché Joe e Luca hanno colto perfettamente l’energia che volevo trasmettere, anche a livello musicale. È vero che il brano nasce soul, ma io volevo un tipo di mood molto pop, con una cassa trascinante, sopratutto nell’inciso. Oltretutto, nella mia scrittura sono sempre presenti dei cori dal sapore gospel, e i produttori hanno voluto far emergere questo aspetto, ascoltando le mie necessità e guidandomi. Sono molto felice del risultato.

Il videoclip, girato in un unico piano sequenza, è molto intenso e simbolico. Ci racconti la sua genesi e il messaggio che volevi trasmettere?
Il video, girato da Nicola Patron, nasce da una mia idea: volevo rendere, con immediatezza e semplicità, l’immagine di un cantante che si esibisce e viene costantemente disturbato dai propri pensieri intrusivi (interpretati dalle due attrici). Desideravo un unico piano sequenza per rappresentare la verità di un’esibizione live, in cui in meno di tre minuti possono succedere davvero tante cose, nella mente (meravigliosamente) contorta di noi cantanti.

Se dovessi lasciare un messaggio a chi si sente “fuoriluogo” nella propria vita, cosa gli diresti?
Che va bene così. La società, spesso, sembra dirci che dobbiamo conformarci tutti ad uno standard, sia esso fisico, economico, sociale, professionale, artistico, in certi casi anche emotivo, sentimentale, sessuale. E invece no, ognuno di noi ha le proprie fragilità e insicurezze. Credo che tutti, almeno una volta nella vita, si siano sentiti fuoriluogo, in una situazione, perché “diversi” dal contesto. Ma forse, la chiave è riderci su e cogliere questa situazione come una consapevolezza, che per fortuna

Music For Change 2025, al via le iscrizioni


MUSIC FOR CHANGE
sta per tornare: l’11 febbraio 2025 si sono aperte  ufficialmente le iscrizioni alla sedicesima edizione del più importante premio musicale europeo a sfondo civile. Sarà possibile iscriversi fino al 9 aprile.

Music For Change, le varie fasi

Le iscrizioni sono aperte a tutte le artiste e gli artisti europei dai 16 anni in su. Nella prima fase si potranno presentare brani già pubblicati, che rappresentino lo stile autoriale e compositivo dell’artista. Sarà necessario comunque, in fase di iscrizione, esprimere la propria preferenza su uno dei temi sociali selezionati da Music For Change, sui quali verterà l’inedito che gareggerà al premio.

I 7 temi sui quali gli artisti saranno chiamati a scegliere per realizzare il proprio brano sono: 

Cittadinanza Digitale e Cyber-Risk, Resistenze e Democrazia, Parità di Genere e diritti Lgbtq+, Lavoro e Dignità, Ambiente ed Ecologia, Disuguaglianze e Marginalità Sociale, Migrazioni e Popoli. 

Saranno selezionati poi con votazioni online, Giuria Casting e Giuria Alpha/Zeta i 21 semifinalisti di Music For Change che si sfideranno a Cosenza il 23 e 24 maggio nella fase inedita live “Stay or Go”, davanti a una commissione artistica che sceglierà 7 finalisti; questi ultimi vivranno l’esperienza del “Sound Village”, una residenza artistica sempre a Cosenza che si terrà dal 25 al 31 maggio 2025, assieme a centinaia di addetti ai lavori.

I Finalisti di Music For Change comporranno, con l’ausilio di coach, esperti, tutor, producer e autori, i brani che presenteranno per la prima volta al pubblico nella finale del 10 ottobre 2025 presso il Teatro Rendano della città di Cosenza, di fronte a un pubblico di giovanissimi, la consolidata giuria a 3 di “Artist Decider” che insieme decreteranno il vincitore della 16^ edizione di Music for Change

I brani saranno pubblicati e distribuiti lo stesso giorno della finale e da quel momento fino al 21 novembre si darà il via al Premio Stream Believe Music Italia che offrirà ai vincitori un contratto di distribuzione artistica con supporto promozionale sugli stores, 3 giorni in studio registrazione MAST (Milano) e la partecipazione a Casa Sanremo 2025 durante il 76° festival della Canzone Italiana.

I premi di Music For Change

Il Primo Premio consiste nella vincita di 10 Mila Euro per realizzare un Tour, apertura del concerto dell’Uno Maggio Libero e Pensante di Taranto 2025, mini tour nei festival partner di Music for Change che quest’anno si allarga ulteriormente arrivando a 10 importanti realtà

Il vincitore inoltre ritornerà il prossimo anno come ospite principale nell’edizione 2026 di Music for Change , esibizione a Casa Sanremo sul main stage nella settimana del Festival. 

Numerosi anche i premi speciali dei Partner: Esibizione live alla Milano Music Week 2025; iMenzione Speciale su segnalazione del Club Tenco; Borsa di studio presso il C.E.T. – La Scuola di Mogol; Premio 1MNext con accesso diretto alle pre-selezioni finali del contest che porta al palco del Primo Maggio di Roma, Premio Rete Doc (1 anno di consulenza editoriale, fiscale, legale e previdenziale con i professionisti della Rete Doc), Premio Acep/Unemia Borsa di Studio/Produzione, Premio Polizia di Stato/Polizia Moderna, Premio Musa Factory con la produzione di un singolo.

Mazzariello, un vinile per chiudere l’esperienza di Sanremo

Un tocco vintage per chiudere il cerchio: Mazzariello lancia oggi  la versione 45 giri di “AMARSI PER LAVORO” (Futura Dischi/Epic Records Italy), brano in concorso nello scorso Sanremo Giovani 2024. Un singolo che, come ricordiamo, ha affrontato il tema delle relazioni e della quotidianità con uno sguardo disincantato e profondo, proponendosi come manifesto generazionale.

Mazzariello, la spiegazione dietro al brano di Sanremo Giovani

L’artista lo definí cosí: «È un brano che ho scritto perché penso ci sia una somiglianza tra noi e le macchine dei nostri genitori. È una canzone leggera, nata nei momenti in cui ero distratto nei momenti di leggerezza più semplici e quotidiani».

Mazzariello spiegó come, spesso, le sue riflessioni prendano forma in situazioni di ordinaria normalità: «Quando con i miei amici, a fine serata, davanti a un distributore di un autolavaggio, tiriamo le somme di chi siamo e di chi vorremmo essere, in modo più o meno consapevole pensiamo che la giovinezza non ci abbandonerà mai e quindi non cerchiamo ripari».

E poi c’è l’amore, la scelta ripetuta e mai scontata di condividere la vita con qualcuno: «Racconto della vertigine che ci può dare l’amore quando scegliamo, giorno dopo giorno, la stessa persona, la progettualità quotidiana, senza sapere come sarà il giorno dopo».

Sulla scia, in maniera coerente, rimane l’altra faccia del vinile, contenente l’inedito “PIANGI DAL VIVO”, un brano intimo e struggente prodotta da Gianmarco Manilardi, che racconta l’eco di un amore svanito tra distanze e silenzi, come una confessione sussurrata. Un fil rouge naturale, legato a un movimento simile al “Voltare pagina” per andare avanti, in cerca di nuove esperienze di successo!

Olly e la normalizzazione del successo

E alla fine arriva…Olly. Sí, il giovane ragazzo genovese è salito con stupore sul gradino più alto di Sanremo 2025, grazie a una ballad coerente alla normalizzazione messa in campo da Carlo Conti. Ma quel che ci resta a distanza di qualche giorno, è la storia di un ragazzo normale che, senza aver bussato alle porte dei talent, ha prima osato la strada young del Festival nel 2023 sulle ali di Tik Tok e del Conservatorio di Genova, per poi lanciarsi sul campo verde dell’Ariston, senza mai guardarsi le spalle. Un atteggiamento progressivo tipico del suo sport, il rugby, che in un certo senso racchiude iconicamente la sua corsa verso la (prima) meta, cosí impensabile dai molti ma così veloce e giusta per i presunti “pochi” che lo hanno adottato come colonna sonora della loro vita.

Alle origini di Olly

Infatti Olly – anagraficamente Federico Olivieri- è un nome che affonda le radici su quel segmento giovanile tanto agognato dal servizio pubblico, figlio di un uso “positivo” dei social, capaci di dare il giusto booster anche a contenuti semplici, senza troppi vezzi. Le sue canzoni infatti non denunciano la società, tantomeno bramano o ostentano il potere, ma vertono principalmente sull’amore in una chiave volutamente romantica e tragica.

“Balorda nostalgia” ne è la sintesi perfetta e seppure possa peccare di originalità tematica e di virtuosismi vocali, piace proprio perché il Paese è abituato a drammatizzare sulle storie d’amore e si abitua facilmente ad alcuni “giri” musicali. Uno schema melodicamente giá segnato di recente dallo stesso Alfa in “Filo rosso” – con cui condivide evidenti somiglianze stilistiche – ma che ha il pregio di far immedesimare tutti in quella quotidianitá spicciola, quando ormai è agli sgoccioli, o peggio, è proprio svanita.

Olly, la libertà alla base della vita normale

Ma come si puó raccontare con schiettezza la propria realtà? Quando abbiamo la libertá di fare quello che vogliamo e qualcuno che ci fa essere noi stessi. Olly infatti rivendica quell’indipendenza donata dai genitori e quel supporto degli amici e della fanbase che lo ha inseguito per tutti i club nel 2024, capace di donargli il bene piú prezioso: l’autostima. E’ solo grazie a questo sentimento interiore, crocevia di quel “senso nella vita” che colpisce ognuno, che Federico ha accettato la sfida e si è fiondato in questo Festival, senza mai peccare di presunzione, anzi.

La dimostrazione si trova proprio ora per l’eventuale approdo all’Eurovision, dal momento che si scontra con gli impegni concomitanti dei suoi live giá andati da mesi soldi out. Un dilemma morale che fa di lui ancora una volta l’artigiano che lavora pezzi per tutti, e non per il migliore offerente.

Androgynus racconta il suo nuovo LP “L’eterno è solo un attimo”: intervista

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Dopo un lungo periodo di creazione e riflessione, Androgynus pubblica finalmente il suo nuovo LP, L’eterno è solo un attimo, un progetto ricco di emozioni e sperimentazioni sonore. Il singolo “Grido per te” ne è la perfetta introduzione, un brano che esplora la profondità dell’amore autentico, intrecciando temi di fragilità, perdono e altruismo.

In questa intervista esclusiva, l’artista ci racconta la genesi dell’album, un viaggio tra incertezze e scelte coraggiose, come il desiderio di coniugare sonorità tradizionali e moderne, e l’importanza di un messaggio potente di connessione umana. Parla anche della realizzazione del videoclip di “Grido per te”, un piccolo capolavoro visivo che dimostra come con pochi mezzi si possano raggiungere risultati straordinari.

Tra riflessioni sulla musica, la creatività e il ruolo dei social media, Androgynus si prepara a vivere una nuova fase della sua carriera, ricca di ispirazioni e progetti che si spingono oltre le frontiere del suono e dell’immaginazione.

Dopo un lungo processo creativo, come ti senti ora che “L’eterno è solo un attimo” è stato finalmente pubblicato? Quali sono stati i momenti più significativi durante la creazione di questo album?
Quando lavori a queste cose artistiche c’è sempre il rischio di essere inconcludente, questo è il secondo LP che chiudo e sono contento di averlo chiuso, nonostante i dubbi, le incertezze e le cose che potevano essere fatte meglio.
I momenti significativi sono stati quando ho saputo di aver vinto il finanziamento che ha reso possibile tutto ciò, quando abbiamo avuto la possibilità di avere uno studio tutto per noi per quasi un mese, ma soprattutto l’energia che si creava nei momenti in cui nascevano le idee o riuscivo a chiudere le canzoni!

“Grido per te” esplora tematiche profonde sull’amore autentico e universale. Qual è stato il tuo principale intento nel trasmettere questo messaggio attraverso la musica e il videoclip?
L’amore è una parola molto più ampia di quello che può sembrare, però posso dire che a volte amare include ammettere le proprie colpe, chiedere scusa, mettersi nella posizione di imparare dai propri errori, essere gentili o altruisti con qualcuno, dedicarsi a qualcosa senza pensare al proprio tornaconto, è questo che volevamo esprimere con il testo: “Grido per te e per tutti quelli che si vogliono bene”.
Quando ci si mostra aperti, fragili, disponibili si dà agli altri la possibilità di ferirti, certamente, ma se si è abbastanza forti si scopre che quello che possono ferire è solo il tuo orgoglio.
In pratica amare ti porta anche ad essere più forte, ad avere un certo distacco amorevole, che non ti allontana dagli altri ma ti avvicina molto.

Il videoclip di “Grido per te” è stato descritto come una fusione di ombre proiettate e riprese spaziali, offrendo una visione unica e artistica. Qual è stata l’ispirazione dietro la creazione di questo visivamente intrigante video?
Il video è un piccolo viaggio spaziale composto da ombre cinesi, una piccola luce tonda colorata, qualche strumento musicale e il mio cellulare per riprendere tutto.
Questo video è la dimostrazione che con zero budget si può creare un buon contenuto visivo, se si ha le idee chiare e qualche nozione di editing video, tra l’altro mi sono anche dimenticato di mettere il 4k sulle impostazione della camera del cellulare, se lo avessi fatto il risultato sarebbe stato anche migliore di così!

Hai menzionato l’uso di strumenti tradizionali come il violino e amplificatori vintage nel tuo nuovo album. Come queste scelte strumentali hanno contribuito a definire il sound di “L’eterno è solo un attimo”?
Abbiamo usato un organo Farfisa Louvre che insieme ad altri strumenti elettronici più recenti è stato trattato attraverso amplificatori vintage come il Davoli e il Vox, per evitare la “freddezza” di un processamento del suono digitale.
Essenzialmente questi suoni impastati un po’ retrò danno un sapore molto organico al progetto ed era esattamente quello a cui puntavo, anche con la scelta di registrare le batteria acustiche, il basso elettrico, la chitarra elettrica etc. etc.

La tua musica è spesso descritta come una combinazione di tradizione e innovazione. Qual è stato il bilanciamento ideale che hai cercato di raggiungere tra queste due dimensioni nel processo creativo di questo album?
Per scrivere una canzone di solito si fa in due modi: o chitarra/piano e voce oppure attraverso una DAW (un programma musicale) nel quale puoi registrare, improvvisare e modificare migliaia di suoni.
Io uso entrambi questi metodi, ed è una cosa normale, lo fanno tutti, specialmente quando uno dei due metodi ti sta portando ad un blocco creativo.
Certamente in fase di arrangiamento la DAW è insostituibile, ad esempio scrivo tutte le parti di orchestra facendole suonare a dei VST (strumenti virtuali) del programma, li modifico finché non mi convincono e poi ne faccio una parte o li leggo direttamente dal midi per registrarli con gli strumenti acustici!
Però la stessa DAW in fase di scrittura mi può impigrire e portare a sedimentare delle idee che non sono giuste troppo presto.
Non c’è una reale differenza tra innovazione e tradizione, ogni strumento ha il suo scopo, in fondo anche un violino è uno strumento tecnologico, e penso che d’ora in poi userò sempre di più l’AI per vari scopi creativi!

In un’epoca in cui la musica è sempre più influenzata dalla tecnologia e dai social media, come gestisci il tuo rapporto con questi strumenti nel promuovere il tuo lavoro? Ti senti più a tuo agio con la dimensione live o preferisci concentrare le tue energie su altre forme di espressione, come la composizione o la regia dei videoclip?
Sono estremamente affascinato dall’intimità dello studio, tanto che nei periodi in cui non riesco a suonare dal vivo non mi manca affatto, però devo dire che suonare dal vivo dona qualcosa in più che a casa non puoi avere, ed è l’energia che si crea quando più persone stanno creando con l’immaginazione lo stesso sogno!
Che dire dei social, io penso che siamo arrivati a dei livelli insostenibili, c’è chi ormai campa su queste cose e magari riesce ad averne un certo distacco, ma per me è un imbuto dell’attenzione un po’ pericoloso e cerco di evitare di scrollare in maniera passiva.
Mi sento anche un po’ in colpa a catturare l’attenzione dei miei fan per farle rimanere incollate su queste piattaforme mentre magari potrebbero uscire a fare una passeggiata, pensare ai loro progetti, o semplicemente riposarsi.

Con l’uscita de “L’eterno è solo un attimo” e il supporto ricevuto dal MiC e dalla SIAE, quali direzioni pensi di intraprendere nei prossimi mesi? Ci sono aspetti della tua carriera o nuovi progetti che ti stimolano particolarmente in questa fase?
All’inizio credevo ingenuamente che questo disco sarebbe esploso tutto insieme come un ordigno, in realtà è più come un aeroplano che decolla piano piano, nei prossimi mesi continuerò a seguire la sua crescita in modo che piano piano venga scoperto e compreso da chi ancora non mi conosce, però sono già proiettato verso le nuove canzoni! Vorrei approfondire altre tematiche come la fisica quantistica, l’alchimia simbolica, allargare il mio immaginario, capire meglio qual è la mia ispirazione originaria e i capolavori del passato e i risultati di questa ricerca vorrei fossero un lavoro più bello del precedente, chissà se ci riuscirò!

Effemme – “Colpevoli” di un folk in evoluzione

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Un’accusa o una dichiarazione di intenti? Con il loro nuovo album Colpevoli, gli Effemme si addentrano in un viaggio sonoro che mescola radici folk e sperimentazioni moderne, restituendo un’opera che è al tempo stesso un tributo e una sfida ai canoni del genere.

La title track, impreziosita dalla collaborazione con Il Cile, delinea il profilo di chi, oggi, osa rallentare in un mondo che impone di correre senza sosta. Un’idea di colpa che diventa espressione di resistenza e ricerca di autenticità, anche attraverso la musica.

Abbiamo parlato con la band di questo nuovo capitolo della loro carriera: dalla costruzione di un sound che evita i cliché alla capacità del folk di raccontare ancora il presente, fino all’energia del live, dove le canzoni prendono una forma nuova e imprevedibile.

Ecco cosa ci hanno raccontato.

Cosa significa per voi essere “colpevoli” oggi e come questo concetto si riflette nei testi dell’album?

 I “colpevoli” sono tutti quelli che cercano un mondo diverso, come canta il nostro ospite Lorenzo Cilembrini in arte “Il Cile” nella title track del nostro disco.
I colpevoli, nei frenetici giorni odierni, sembrano essere tutti quelli che credono che si possa fare un passo indietro rispetto a questo mondo che ci spinge sempre, per usare una metafora, a premere fino in fondo il pedale dell’acceleratore.

Come avete lavorato per creare un sound che fonde la tradizione folk con un approccio moderno e minimale?

È stata la scommessa del disco e spero sia riuscita.
Volevamo abbracciare il territorio folk ma tenerci lontano dai soliti stilemi e cliché.
Ci confrontiamo molto e ci consigliamo reciprocamente ascolti musicali.
In più, siamo due personaggi curiosi e in studio abbiamo cercato anche di sperimentare con dei piccoli innesti di elettronica minimale.
Siamo sempre in evoluzione, ecco.

Quali influenze, anche inaspettate, hanno contribuito alla costruzione dell’identità sonora di “Colpevoli”?

Ah, credo una marea! 😀
Sia io che Mud siamo due bulimici di musica.
Io poi sono in tour tutto l’anno e mi capita spesso che arrivino ragazzi con dei CD autoprodotti da farmi sentire.
Non tutto è oro colato, ovvio, ma ho trovato tanti stimoli da ragazzi che suonano in progetti misconosciuti!
Progetti freschi e stimolanti.
“Colpevoli” di sicuro palesa degli influssi di tanti nuovi folksinger inglesi e irlandesi: Glen Hansard, Damien Rice, Paolo Nutini.
Anche Jack Savoretti non è male.
Io poi trovo sempre stimolante, quando voglio arrangiare un brano con un vestito folk, riascoltarmi “Led Zeppelin III”, ad esempio.

Pensate che il folk abbia ancora oggi la stessa forza di protesta e narrazione collettiva che aveva in passato?

Mah, sono un po’ disilluso da quel punto di vista.
Ho vissuto nella pelle gli anni in cui si credeva davvero che un brano “could change the world”, ma ora ci sono solo piccole luci in una notte troppo buia.

Come cambia l’essenza di “Colpevoli” quando lo portate sul palco?

Cerchiamo di rispecchiare fedelmente il mood e i suoni del disco, ma nel contempo siamo anche più propensi ad “aprire le strutture”, ad esempio se voglio fare un assolo più lungo o se Mud vuole cambiare un intro.

Ci si diverte! 😀