Caveleon: quando la malinconia diventa stile

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Were we too young e Time sono i nuovi singoli dei Caveleon

Friedrich Wollheim affermava, suppergiù, che lo stile è quella caratteristica che di fronte ad un’opera permette di ricondurla all’intera produzione del proprio autore. Guardando all’Italia degli emergenti, se c’è un gruppo per cui vale questa nozione questi sono senza dubbio i Caveleon. I loro ultimi due lavori, Were we too young e Time, ne sono prova tangibile, data la coerenza con i loro due Ep Sometimes e Sometimes I’m still, entrambi pubblicati per la Costello’s.

Post rock cantato

Quello dei Caveleon si potrebbe tranquillamente definire post-rock, date le atmosfere circolari richiamate nelle loro canzoni. Ma loro, Leo Einaudi, Giulia Vallisari, Federico Cerati ed Agostino Ghetti, aggiungono anche un cantato che pur senza imporsi come elemento principale arricchisce ed impreziosisce la struttura dei brani.
Sometimes era stato un’ottima opera prima, e Sometimes I’m still non è stato da meno. Earthquake da una parte e Feels like dall’altra, testimoniano un’identità strutturata e improntata alla malinconia e all’introspezione. Nulla della musica dei Caveleon è invasivo: c’è come una nebbia che separa il gruppo dall’ascoltatore e lo accompagna tra la delicatezza del tappeto sonoro e gli intrecci delle voci, mai aggressive, di Leo e Giulia.

Caveleon: malinconia e introspezione

Proprio la distanza che si crea, senza essere distacco, è la cifra stilistica dei Caveleon al di là delle questioni tecniche musicali. Nello spazio lasciato vuoto, non invaso dalla loro musica, si inserisce la riflessione. La malinconia è forse la prima sensazione che emerge, ma il quartetto milanese non propone canzoni strappalacrime; il vuoto è anche uno spazio di libertà estetica in cui ognuno può percepire cose diverse. Un “lasciato vuoto” che si riempie di introspezione, insomma, e che è un regalo che i Caveleon ci fanno (oltre alla loro musica).

Trittici musicali e singoli

La coerenza della malinconia, ma anche sonora, è effettivamente giustificabile anche alla luce del fatto che Sometimes e Sometimes I’m still sono due Ep autonomi che andranno ad unirsi ad un terzo per formare un Lp. In quest’ottica, anche Were we too young e Time sembrano rimandare ad un’opera unica più complessa. Difficile pensare che col terzo breve lavoro in uscita la riproposizione di stilemi simili diventerà ripetitiva, solo il tempo lo dirà. Nel frattempo ci si può godere una delle realtà più solide del panorama elettronico emergente italiano.

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