White Lies a Roma: la band incendia gli animi all’Orion Club- Live Report

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Scrivere di musica è un’impresa sempre più ardua, data la sempre più dilagante democratizzazione delle produzioni e la conseguente scarsità dell’attenzione di chi ascolta. Ma non è di questo che voglio trattare, quanto del fatto che ci sono dei momenti in cui personalmente mi sento molto fortunata a poter scrivere di musica: ebbene ieri sera, 11 maggio 2022, è stato uno di quei momenti, poiché ho avuto il privilegio di assistere al concerto di una band che seguo sin dalla mia adolescenza. Si tratta dei White Lies, che hanno suonato all’Orion Live Club di Roma, incendiando strumenti musicali e gli animi del pubblico.

Ma si proceda con ordine: premettendo che si è trattato del mio primo concerto di una band non italiana (ebbene, maledetta pandemia), non sapevo cosa aspettarmi, ma dall’atmosfera sognante che ho percepito sin dal mio ingresso in sala, ho colto che stava per succedere qualcosa di molto interessante. Se la pandemia ha tolto tanto a ciascuno di noi, questo è il momento di recuperare. E così il concerto ha avuto inizio: la band che ha proposto l’opening act, i Charming Liars, si sono dimostrati degli intrattenitori oltre che dei performer molto abili: hanno creato la giusta energia, preludio di un’esplosione di entusiasmo che sarebbe arrivata qualche istante dopo, con l’ingresso sul palco dei White Lies.

Non nascondo che c’è stata un’ondata emozionale nel mio tenero cuore di giovane ascoltatrice e addetta al settore e per quanto avessi cercato di prepararmi, non c’è stato niente da fare: alla prima nota di “Fairwell To The Fairground” mi sono sentita nel posto giusto, ad ascoltare finalmente nella dimensione live brani che ho lasciato scorrere nelle mie cuffie per anni. Sulle note di “There Goes Our love Again” l’atmosfera si è riscaldata ulteriormente per lasciare spazio alla prima traccia del nuovo album della band, dal titolo “Am I Really Going to Die”, che con suoni elettronici e un pathos crescente ha determinato l’inizio di una grande festa. Il pubblico continuava ad affluire e i brani a scorrere snelli, uno di seguito all’altro, senza alcuna imperfezione tecnica, che se c’era, non s’è notata. Quindi, arrivato il momento di “Is My Love Enough” ho percepito un brivido scuotere il pubblico, date le suggestioni che sicuramente il brano è capace di evocare, ma il momento topico in cui mi son resa conto di aver sostanzialmente perso la voce è stato quello di “Getting Even”, il brano che ho atteso di più e che adesso posso affermare essere stato catartico. E se dopo questo momento topico, il concerto sembrava essere concluso, sono bastati gli applausi del pubblico a far riemergere la band appena risucchiata dalle tenebre del palco e a far suonare gli animi a ritmo di “I Don’t Wanna Go To Mars”, su cui si è conclusa una performance liberatoria che, onestamente, non avevo mai visto prima di ieri. Ebbene sì, ne sono convinta: poter scrivere di musica è un privilegio.

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