Non tutti apprezzano il punk, ma tutti conoscono i Sex Pistols.
Possiamo dire che i Pistols – attivi dal 1975 al 1978 – abbiano rappresentato un piccolo infarto nella linea dell’evoluzione musicale. Un caso isolato. Nonostante molti gruppi abbiano cercato di imitarne la filosofia nichilista, nessuno risultò mai tanto autentico.
Ma la verità è che la loro autenticità nacque da un’intuizione di mercato tutt’altro che spontanea. E arrivò il giorno in cui Johnny Rotten, leader dei Sex Pistols, incarnazione brutta e cattiva dell’antimusica, smise di stare al gioco.
«Avete mai avuto la sensazione di essere stati fregati?»
14 Gennaio 1978.
«Benvenuti a Londra» esordisce Johnny Rotten, poco prima che si accendano i riflettori sul palco del Winterland di San Francisco.
Dopo essersi trascinato per sette lunghe date, l’osteggiato tour negli USA dei Sex Pistols è giunto al suo epilogo. L’energia punk è esaurita, il processo di disillusione è completo. L’ultimo show si consuma per inerzia sotto gli occhi di un pubblico troppo galvanizzato per fiutare nell’aria quello che sta per accadere.
Il pezzo di chiusura è ‘No Fun’, cover degli Stooges. Rotten, che per tutti e 57 i minuti di concerto si è mostrato fiacco e rabbioso, si accuccia sul bordo del palco e ripete a oltranza il ritornello: «Non è divertente. Non è affatto divertente». Quando la musica finisce, si rivolge al pubblico e allarga un sorriso: «Avete mai avuto la sensazione di essere stati fregati? Buona notte!». Il microfono cade a terra.
Quattro giorni dopo, Johnny Rotten è fuori dai Sex Pistols.
Cosa diavolo è successo? Cosa si è rotto nell’ingranaggio del punk?
Per capirlo è necessario riavvolgere il nastro.
Torniamo a Londra.
McLaren e la sua idea di distruzione: la nascita dei Sex Pistols
Londra, 1975.
Il SEX era una boutique di abbigliamento alternativo che si affacciava su King Road. Era uno dei principali poli della moda punk-rock della capitale: nelle vetrine poste sotto l’enorme insegna rosa campeggiavano giacche e pantaloni in pelle e indumenti sadomaso-fetish. La proprietaria Vivienne Westwood ne divideva la gestione col marito, Malcolm McLaren.
McLaren conosceva bene il movimento proto-punk che si stava sviluppando negli Stati Uniti, e sapeva anche che risonanza avrebbe potuto avere in una società decadente e stantia come quella del Regno Unito. Sebbene i suoi primi tentativi da manager fossero falliti, coltivava l’ambizione di fondare e dirigere una band che rovesciasse le regole della musica: doveva essere scandalosa, distruttiva, doveva rappresentare la rabbia cieca dei giovani emarginati inglesi. È proprio fra gli scaffali del SEX che concretizzò il progetto, arruolando tra commessi e clienti i membri adatti allo scopo.
Seppe di aver trovato il suo frontman quando vide entrare in negozio John Lydon, un ragazzino irlandese dai capelli tinti di verde e i denti marci. La maglietta che aveva indosso recitava “odio i Pink Floyd” scritto a penna. Era il suo uomo. Non sapeva cantare? Poco male, non era importante. Dopo aver fatto qualche commento sulla sua dentatura gli affibbiò il soprannome di Johnny “Rotten”, che lo avrebbe accompagnato lungo tutta la carriera nei Sex Pistols.
Sid Vicious, amico di Rotten, fece la sua comparsa solo in seguito. Costui era un teppista di strada che non sapeva imbracciare un basso e che aveva lampanti problemi con l’alcol, ma incarnava perfettamente il look e l’attitudine (anti)estetica voluta da McLaren: soppiantò il bassista originario, considerato troppo “borghese” per far parte della band.
Rotten e Vicious si rivelarono il binomio ad hoc per i Sex Pistols, una band musicalmente analfabeta confezionata a tavolino per incarnare l’essenza della ribellione contro il sistema musicale. Contraddittorio, vero?
Johnny Rotten si toglie la maschera: la caduta dei Sex Pistols
Peccato che in realtà Johnny “Rotten” Lydon di analfabeta avesse ben poco. Era l’unico del gruppo ad avere una discreta cultura musicale e gusti diversificati che McLaren – per ovvi motivi d’immagine – si premurava di fargli tenere nascosti. Colui che avrebbe dovuto personificare il punk e il nichilismo musicale era a tutti gli effetti un intruso.
Inoltre, dal ’77 Lydon aveva iniziato a sentire attorno a sé una pungente puzza di bruciato. Il punk si era rivelato in brevissimo tempo un’amara delusione: il contratto con una major discografica e la distribuzione di Never Mind The Bollocks -unico album in studio dei Sex Pistols, dal sound piuttosto tradizionale – andavano contro tutti i principi per cui il punk era nato e si batteva. Non era più una rivoluzione fatta a colpi di musica, ma a colpi di immagine.
Stanco di vestire i panni di una caricatura controversa, Lydon entrò in contrasto diretto con McLaren. Il 16 Luglio del 1977 accettò di partecipare al programma radiofonico Tommy Vance Show su Capital Radio senza che il manager avesse minimamente acconsentito. Durante il programma presentò una personale selezione musicale che tradì la sua sensibilità in materia: raggae, dub, Tim Buckley, Captain Beefheart, Nico. Chi se lo sarebbe mai aspettato? L’intervista confermò la sua essenza di esteta e intellettuale, e il mito che lo voleva un terrorista culturale ansioso di distruggere crollò come un castello di carte.
I rapporti irrimediabilmente crepati fra Lydon e gli altri Pistols – tranne Vicious, impegnato nella sua discesa lungo una spirale di eroina e autodistruzione – si infransero del tutto durante il tour negli Stati Uniti, l’ultimo, nel quale si riversarono tutta la frustrazione e la rabbia verso un’ideale ormai infranto.
«Non è divertente. Non è affatto divertente»
E quindi, il microfono cade. Cala il sipario.
La rivincita di John Lydon: il post-punk e i Public Image Ltd.
Quando John Lydon uscì dalla band, era chiaro che non ci sarebbe stata una seconda chance per i Sex Pistols. E nel frattempo, svestiti e gettati nel fuoco i panni di Rotten, Lydon era ancora intenzionato ad essere l’antimusica, ma a modo suo.
Nell’ottobre del 1978 debuttò col suo nuovo gruppo, i Public Image Ltd. – un nome, una stoccata. Il loro primo singolo ‘Public Image‘ era il colpo diretto inferto da Lydon a McLaren, che tanto si era prodigato per tenere in piedi la farsa. Una vomitata di rancore e delusione. Ma anche qualcosa di più.
“You never listen to word that I said
You only seen me for the clothes that I wear
Or did the interest go so much deeper?
It must have been the colour of my hair“
I Public Image Ltd. si univano alla nuova frontiera del rock avanguardistico che prendeva le distanze dall’atto di nevrotica distruzione che il punk aveva cercato di promuovere. Il nichilismo dato in pasto alle fiamme: ora esisteva solo lo spasmodico bisogno di ricostruire.
L’azione pionieristica degli artisti più coraggiosi dei primi anni del post-punk porterà una rinnovata golden age del pop, caratterizzata dall’avvento di sonorità e personaggi che influenzeranno la storia. Una frenesia estetica che, forse, solo chi ha vissuto in prima persona può comprendere davvero fino in fondo.
Un ragazzino dai capelli verdi e i denti marci entra in una boutique. La sua faccia grida “No future for you“.
Nessuno – nemmeno lui stesso – sa ancora quanto avrà da dare alla musica.