Abbracciare la natura e farsi abbracciare

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Julia Artico e le sue sculture di fieno

Abbracciare la natura e farsi abbracciare. Per me, questa frase rappresenta a pieno l’essenza di Julia Artico, artista friulana che crea sculture con elementi naturali. Tra tutti, il fieno è quello che usa di più; non lo considera però un semplice materiale quanto piuttosto una presenza viva della quale si circonda e con cui cerca una connessione.
Nel suo studio non lo si trova infatti solo utilizzato a scopo artistico ma anche per formare il suo pensatoio-giaciglio. È lì che Julia idea nuove opere e riposa durante la creazione di quelle più impegnative. Si potrebbe forse affermare che questa sorta di fienile sia la sua ‘sala parto’ personale nella quale dà una seconda vita ai fili d’erba nati dalla Natura e, grazie a lei, diventati arte.

Essendo vive, le sue sculture hanno un loro odore, cambiano nel tempo e alla fine ritornano alla loro madre terra. Richiamano, come afferma l’artista, “qualcosa di ancestrale e di profondo“.
È proprio questo legame con il passato e le energie primordiali che caratterizza molte sue opere, in particolare per la riproposizione di una manualità antica.

Tutto è nato quando faceva dei laboratori sulla lavorazione del legno: “Mi avevano chiamato in una manifestazione dove però si sono dimenticati di fornirmi un allaccio alla corrente (necessario per le pistole a caldo, la sega…) e non potevano nemmeno rimediare al problema. Allora mi sono detta: “E adesso?”. Forse è stato il caso, forse il caso non esiste, non lo so, comunque, quando mi hanno chiesto di inventarmi qualcosa, ho sfruttato ciò che c’era: l’erba tagliata. Per fortuna avevo caricato sul mio furgone della raffia perché io ascolto sempre la mia vocina che mi dice ‘prendi questo, prendi quello che forse potrebbe servirti’. E quindi ho rifatto i gesti di quando ero piccola e costruivo bambole con la pezza, con la lana… Ho sempre seguito le mani e il cuore; ascolto e lascio che le cose fluiscano“.

È così che l’artista si è dedicata al fieno, da lei definito come “un materiale magico perché profuma, ricorda il prato tagliato anche dopo mesi“. Inoltre, sulle montagne del Friuli il fieno è sempre stato considerato dagli abitanti “un bene prezioso, la forza della famiglia, il cibo degli animali, la salvezza di riuscire a passare l’inverno“.

Il legame con il passato è presente nelle sue opere anche per la ripresa di antichi miti locali come quello delle Agane o quello che attribuiva alle oche il ruolo di messaggere tra i mondi.

Secondo la tradizione, le Agane sono spiriti o creature dei corsi d’acqua tipici della mitologia alpina e particolarmente noti in Carnia. Hanno caratteristiche assimilabili alle ninfe romane, alle ondine germaniche e alle krivapete slave, perciò sono rappresentate in modi differenti ma sempre con sembianze femminili perché si pensa siano le anime di donne morte di parto, fanciulle morte giovani o bambine nate morte.

Julia Artico le raffigura nella loro essenza più pura, come corpi nudi o coperti da una semplice veste e aventi tutti i capelli raccolti in una treccia. Secondo una delle leggende, infatti, un’Agana sposatasi con un umano e poi scomparsa a causa sua, continuava tutte le notti, sotto forma di spirito, a far visita alla figlia nata dal loro amore per acconciarle i capelli in una treccia.

In molte storie, inoltre, si narra di come le Agane, donando un simbolico gomitolo dal filo interminabile, abbiano insegnato agli umani varie attività artigianali della tradizione, quali la filatura della lana o la caseificazione.
Quel gomitolo rappresenta l’insieme di antichi saperi tramandati di generazione in generazione e dei quali Julia Artico è sicuramente una delle portatrici.
Racconta: “Amo molto la mia terra, il Friuli, e cerco di portare avanti la memoria e un discorso ecologico. Parto dal fieno ma sono anche un’apicultrice biodinamica; era normale prima o poi il collegamento fieno-erba-fiori-api“.

Proprio per questo, le api sono presenti in una sua installazione in cui la figura dell’Agana è declinata sotto forma di fata d’acqua che aiuta tali piccoli insetti (realizzati in filo metallico) fornendo loro zone fiorite.

Gli animali sono uno dei soggetti preferiti dall’artista e, nel suo sito, abbina ad ognuno di essi poesie o favole come quella che spiega perché gli asini abbiano le orecchie lunghe o quella che racconta della nascita dei cinghiali.
Afferma a proposito: “C’è bisogno di magia, di immergersi in un mondo diverso che possa nutrirci in qualche forma“.

Ha realizzato anche conigli, cani, mucche e oche. Queste ultime, in particolare, come già accennato precedentemente, nella mitologia locale sono viste come messaggere tra il mondo divino e quello umano per la loro capacità unica di percorrere i tre regni di terra, aria e acqua. Sono animali collegati al destino ed è per questo che danno il nome ad un popolare gioco da tavolo, il gioco dell’oca, in cui la vittoria è unicamente dettata dalla fortuna.

Julia Artico ripropone questo gioco in scala ambientale realizzando in fieno due figure femminili e sei oche, nonché sessantatré piastrelle quadrate in metallo per le singole caselle.
Percorrendo fisicamente il tracciato, si vive una metafora dell’esistenza costituita da ostacoli e da una destinazione finale.

In quest’opera, quindi, è presente una fine mentre ne Il mistero delle due origini è mostrato un inizio, quello della vita.
Il luogo in cui l’artista aveva posizionato l’opera era una radura che ricordava un grembo, perciò ha realizzato una figura femminile e accanto a lei due feti in fase di sviluppo dentro a placente in rete metallica. Gli embrioni si trovano su dei focolari spenti perché sono essi stessi le fiamme, il fuoco della vita che viene creata, infatti, la donna è la Madre terra e tiene in mano due ciottoli simili a rune con impressi in rosso i simboli del sole e della luna, del maschile e del femminile.

Quella madre senza volto, così come tutte le altre figure di Julia Artico, rappresenta ogni donna e la sua capacità di portare nel ventre nuova vita.

Nel mondo vegetale, la nascita è collegata alla semina ed è forse per questo che, in Dietro le quinte, pur non essendoci alcun riferimento alla maternità, è mostrato proprio l’atto di piantare una quercia.
L’opera, realizzata insieme alle garden designer Barbara Negretti ed Elisa Tomat per il Chatsworth Flower show nel Regno Unito, è formata infatti da due grandi mani in fieno piegate per posare l’albero nel terreno.

Le mani sono uno strumento fondamentale per Julia Artico che, per modellare il fieno in forme sempre nuove come, ad esempio, un violoncello in grado di essere suonato, si procura persino delle ferite.
Le mani, però, non sono solo le sue, sono quelle della Natura che ci accoglie e ci nutre.
L’artista ne ha costruito un paio proprio per sentirsi coccolata, sono mani che abbracciano e, al contempo, seminano vita e gioia.

Questo è un invito rivolto a tutta l’umanità: Abbracciate la Natura e lasciatevi abbracciare da essa!

Link utili: sito dell’artista
pagina Facebook dell’artista
pagina Instagram dell’artista

English version: Embracing Nature and Being Embraced by It

Photo e video courtesy dell’artista

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