Leo Lennox è uno che, a suo modo, accompagna le mie giornate da un po’ di tempo a questa parte.
Conosco il giovane talento di Revubs Dischi ormai da più di un anno: ricordo che dopo aver ascoltato per la prima volta “Diario” mi dissi che ok, forse era meglio mettere da parte il mio irrisolto problema con la scena hip hop nazionale; perché, ragazzi e ragazze, ammettiamolo: anche la scena rap come quella indie è ormai ricolma di cotante emulazioni malfatte che riconoscere “in mezzo all’inferno” ciò che “inferno non è” risulta davvero dispendioso e spesso non risolutivo.
Ecco, la particolarità di Lennox, in effetti, sta proprio in questo riuscito “sabotaggio” della possibilità, per l’ascoltatore, di etichettare l’artista qui o là: Leo si muove con la confidenza del funambolo sul crinale del “crossover”, destreggiandosi tra cantautorato (perché sì, i testi di Lennox sono da ascoltare, e con attenzione: sentitevi “Diario”), nuovo hip hop (sopratutto nelle prime cose dell’artista), accenni qua e là di musica latina (datevi un ascolto a “Pour Moi”, bastano i primi attimi del brano) senza precludere la via del pop, come si sente chiaramente in “Fari Spenti”.
Sì, perché l’ultimo lavoro di Lennox sembra alimentarsi attraverso una propensione melodica che, per quanto esacerbata già altrove, qui trova la forza di farsi linea guida di un brano dal retrogusto 80s, fatto di sintetizzatori alla “Stranger Things” che disseminano il cammino della voce di Lennox di un cuscino morbido su cui adagiarsi per lasciare involare un ritornello da hit. Il brano, insomma, riesce anche e sopratutto grazie alla disponibilità, da parte di Leo, di mettersi alla prova con sfide linguistiche diverse, spesso lontane dalla propria naturale comfort zone: il risultato, quando il movente è sincero, diventa un potenziamento espressivo capace di dimostrare la versatilità di una penna che, per quanto abbia ancora da crescere, saprà certamente superare le aspettative.
Io, intanto, non lo perderei d’occhio.