Alla scoperta degli Smokin Velvet, tra metropoli rissose e province stagnanti

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Mi ha subito colpito, sin da primo ascolto, l’esordio fulminante degli Smokin Velvet, progetto nato da qualche anno ma tenuto segreto (o almeno, così pare) sino alla pubblicazione di “Lontano da qui”, brano old school che richiama alla memoria la forza detonatrice del primo hip-hop senza perdere la freschezza o, quantomeno, la sensazione di novità che oggi diventa ingrediente necessario per “staccarsi” dalla risma di inutili derivazioni di mondi già conosciuti ed esperiti.

Insomma, potevo perdere l’occasione di approfondire, di andare più a fondo nella scoperta dei ragazzi? Ovviamente, no.

Ciao Smokin Velvet, bentrovati su Indielife! Allora, da dove possiamo partire per raccontare la vostra storia, come nascono gli Smokin Velvet?

(Dreabb) Il progetto è nato quasi per caso, ci fu un fortuito incontro allo studio TowerPower di Milano nel 2018, durante un laboratorio hip-hop di Hyst (Taiyo Yamanouchi), fù li che conobbi Emanuele, che all’epoca non era ancora Deep Sheet. Non aveva mai registrato nulla, ma nel momento in cui Taiyo registrò una sua take capii subito le capacità di quel ragazzo.

Ci eravamo persi di vista, ma dopo un anno dall’incontro risentii per caso un suo audio sul mio telefono: era una strofa di Cristo. Lo ricontattai per fare dei pezzi assieme, e l’idea gli piaceva parecchio. Di lì a poco scrivemmo “Lontano da qui”, che potete finalmente ascoltare oggi.

Emanuele e Alessio, due vite che si incrociano mescolando metropoli e periferia. Quali sono gli aspetti positivi e negativi dell’una e dell’altra dimensione?

(Dreabb) Vivere in provincia alle volte può essere frustrante, capisco bene certi disagi che fanno venire voglia di scappare in città per formarsi e fare esperienza, ma per come sono stato cresciuto, in provincia fra le colline della Toscana, amo la bellezza e la tranquillità della mia zona e, per come sono fatto, la città viaggia ad un ritmo che non è il mio, almeno parlando di Milano. Probabilmente se andassi a vivere in altre città la mia opinione cambierebbe.

(Deep Sheet) Entrambe le realtà sono di ispirazione in modo diverso, quasi opposto. Per quanto riguarda la città, è ovviamente la quantità di stimoli che aiuta…ma come per tutti i linguaggi artistici è il disagio che crea canzoni degne di nota (ride). In città ti senti un numero, un granello, una parte inutile del tutto. È quindi la frustrazione, la ricerca di ossigeno, di uno spazio che è “positivo” per la scrittura, che sia di un testo o la composizione una base. 

E voi, invece? Quali sono le qualità che l’uno invidia all’altro e quali, invece, quei “difetti” che a volte vi fanno scontrare (se ne esistono)?

(Deep Sheet) Di invidia non parlerei, abbiamo per fortuna ruoli che si completano, ma Dreabb è Dreabb. È un vero e proprio artista, prima che produttore. È incredibilmente eclettico, originale, competente: riesce a tirare fuori un beat dal suono di un tiro di sigaretta.
È ancora prima la persona più appassionata di musica che conosca. È un vero e proprio cultore.
Per gli scontri non ti saprei dire, siamo sicuramente persone che hanno le idee molto chiare, con stili a volte diversi, ma amiamo i compromessi. Forse per quello le robe ci vengono bene.

(Dreabb) Concordo, e comunque Deep Sheet, oltre ad avere uno dei flow più smooth da brividino sulla schiena, è anche un grafico della madonna.

Avete esordito da poco con “Lontano da qui”, che è un brano che racconta in qualche modo la condizione di un’intera generazione in fuga. Vi riconoscete in qualcosa di “generazionale”? Possiamo dire che il vostro singolo d’esordio racconti in effetti qualcosa di più che le vostre storie individuali?

(Deep Sheet) Guarda, ci piace davvero tantissimo questo punto di vista ed è bellissimo come le individualità convergano in un’idea, una sensazione comune. Il testo non è volutamente “generazionale”, ma racconta una ricerca e crescita personale; una volontà di cambiamento, una voglia fortissima di conoscersi per conoscere. Quindi non può che farci piacere sapere che la nostra voce possa essere condivisa. 

In un certo senso, anche il videoclip del brano (che noi abbiamo potuto gustarci in anteprima) racconta una dimensione molto collettiva, con un gusto tipicamente street. Dateci qualche anticipazione sul clip!

(Deep Sheet) Il video è un muro di polaroid, di momenti, di attimi che ci identificano, che identificano il nostro contesto, che identificano il luogo, la routine che ha visto nascere il progetto.
Quindi metro, treni, sigarette, camerette, parchetti e kebab.

E ora? Quali sono i prossimi step del progetto?

(Dreabb) Non amiamo gli spoiler.

(Deep Sheet) Top secret, vedrete. Di sicuro questo è solo l’inizio.

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