Il nuovo singolo di Licciardi, Emilia Nascosta, è il racconto di una terra accogliente e brutale

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Dal 12 luglio su tutte le piattaforme digitali e in radio è possibile ascoltare Emilia Nascosta, il nuovo singolo di Licciardi, cantautore e musicista di origini siciliane di casa a Bologna. Emilia Nascosta è un pezzo dalle atmosfere malinconiche che evoca la natura duplice dell’Emilia, terra accogliente e brutale, negli anni ispiratrice di nomi importanti del cantautorato italiano.

Abbiamo fatto qualche domanda a Michele che ci ha introdotto nel suo mondo, raccontandoci con sensibilità dei luoghi della sua vita, della scrittura come cura e dei suoi riferimenti artistici.

Licciardi

Intervista a Licciardi, Emilia Nascosta è il suo nuovo singolo. Dal 12 luglio su tutte le piattaforme digitali

A partire dal titolo di questo brano, non si può che notare la centralità della terra emiliana. Cos’ha secondo te l’Emilia da essere scenario e ispirazione di diverse opere musicali, soprattutto afferenti al cantautorato rock (per citarne alcune tra le più famose, ad esempio, Emilia Paranoica dei CCCP o Emilia Parallela di Giorgio Canali e Rossofuoco)?

L’Emilia è una terra unica. Da siciliano, e quindi abituato a un certo calore, ho trovato qui una seconda casa. La gente sa essere empatica, calda e vicina, ma anche brutale in un certo senso. È una terra che sa ospitare ma che sa anche metterti alle strette. Una terra che dà e che vuole.

In particolare, è la sua storia che pesa sempre quando ne si parla. Chi scrive canzoni non può certo non considerare la storia artistica e il passato (ma anche il presente) di una città come Bologna. E poi, certo, c’è la provincia; così maledettamente romantica, attraversata da un’unica linea retta che attraversa tutta la regione. Una linea che a volte ti toglie il fiato, a volte ti rincuora.

Forse l’Emilia si presta così bene ad essere raccontata per via di questa sua natura così duplice, così dicotomica. Chi vive da queste parti, credo, o ci si innamora o finisce per odiarle.

Dal tuo nuovo singolo emerge un senso di inquietudine e paura legato probabilmente al momento storico di cui parli ma si percepisce anche un senso di abbandono quasi materno nei confronti di questo scenario fatto di nebbia e desolazione. Si può dire che in Emilia Nascosta ci sia questa ambivalenza?

Come ho detto prima, sì. La provincia emiliana sa essere riparo, culla, ma anche rottura, avaria. Trovare l’equilibrio forse è la missione più complicata da compiere.

Quando ho scritto questa canzone era piena pandemia, facevo volantinaggio e giravo tantissimo su e giù per tutta la regione. Ero molto incazzato perché facevo una vita che non aveva una direzione un senso, e in più succedeva tutto quello che sappiamo; tutti chiusi in casa, distanti, sfiduciati.

Fare quel lavoro in quel periodo mi ha fatto conoscere quel lato buio che questa terra ha. Ma non mi sono scoraggiato, anzi, l’ho abbracciato, questo lato oscuro, l’ho fatto mio, e sono andato avanti.

L’ascolto dei tuoi brani porta a credere che la scrittura sia per te strumento di racconto e cura, di sé ma anche dell’altro. Ti ritrovi in questa interpretazione?

La scrittura per me è mera auto-medicazione. Io scrivo per stare meglio prima di tutto. Ho sempre bisogno di esorcizzare quello che mi inquieta, di tirarlo fuori dal mio cervello e metterlo nero su bianco. Per me questa è la cosa principale che la scrittura deve fare: curare, rendere migliori, o semplicemente diversi.

Poi certo, c’è anche l’altro: sapere che qualcuno possa identificarsi in una mia canzone, è una cosa che mi riempie di gioia.

Licciardi

Questo brano anticipa un album in uscita prossimamente. Puoi raccontarci qualcosa a riguardo?

L’album è in lavorazione. Per adesso è pronto un EP di quattro brani che lo anticiperà e di cui Emilia Nascosta rappresenta il primo vero singolo. L’ EP sarà pronto entro l’inizio del prossimo anno. Il disco sarà sostanzialmente un resoconto intimo, un diario personale degli ultimi tre, quattro anni. Le sonorità saranno sempre più tendenti a suoni acustici e minimali, ma ancora è tutto in progress.

Abbiamo citato alcuni autori e brani molto legati al territorio emiliano ma quali sono per te i punti di riferimento nella scena cantautorale italiana e internazionale?

Questa è una domanda molto bella ma anche davvero difficile.

Io ascolto musica da quando ho memoria. Ho raccolto talmente tanti generi e tendenze musicali che ad oggi mi è sempre più difficile stabilire dei punti di riferimento inamovibili. In realtà, prima del cantautorato per me c’è sempre stato il blues di matrice afroamericana. Ho sempre suonato la chitarra elettrica da quando ho 13 anni e per questa ragione ho amato e continuo ad amare artisti come Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan, John Mayer. Inizialmente, forse un po’ stupidamente “schifavo” la musica italiana perché la ritenevo limitante per via della lingua.

Poi, grazie a Dio, mi sono avvicinato al cantautorato in età più” adulta” e ho scoperto artisti come Niccolò Fabi, che reputo un autore straordinario e un musicista dalla sensibilità rarissima, capace di utilizzare la lingua italiana con l’intensità di artisti di respiro internazionale, al di sopra di qualsiasi limite. Il suo disco “Una somma di piccole cose” è per me un po’ come la Bibbia per un buon cristiano.

Sempre rimanendo in Italia e andando un po’ indietro nel tempo, dico anche Francesco De Gregori perché è stato il cantautore con cui sono cresciuto e che, al netto di tutto, ho ascoltato più di chiunque altro. Inevitabilmente ha influenzato la mia scrittura e il mio modo di comporre e pensare la musica.

A livello internazionale credo che Nick Drake sia il cantautore che più abbia influenzato la mia vita, soprattutto negli ultimi anni. Raramente mi sono identificato così tanto come ho fatto con le parole di Drake e con la sua musica. Poi Damien Rice, altro cantautore importantissimo per me per via della sua delicatezza e il suo modo ineffabile di raccontare l’intimità. Poi ce ne sarebbero altri cento, mille, ma ovviamente mi fermo qui.

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