Ci vuole del “Miele” targato M.A.T. per addolcire l’estate

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Avete mai sentito parlare dei M.A.T.? Non ancora? Beh, non preoccupatevi: non siete di certo gli unici che, in questo grande oceano discografico, finiscono con il perdere di vista le uscite davvero valevoli, sopratutto se vedono la luce in questi mesi di tormentoni e tuffi al mare. 

Eppure, “Miele” diventa il salvagente che quest’estate era necessario per non andare a fondo, appesantiti dalla scorta di hit da playlist che ormai non fanno altro che tagliarci il fiato (e la fantasia): un EP denso e compatto, che restituisce all’ascoltatore la sensazione di trovarsi di fronte ad un potenziale ancora largamente inespresso, seppur suggerito dall’amore e dalla rabbia cantati nelle tracce di “Miele”. Un linguaggio che mescola pop, rock e un certo tipo di approccio autorale che rimanda alla poesia del cantautore: un melpot efficace a condensare in una linea ben precisa le diverse provenienze musicali dei membri del trio. 

Il corpo, la fisicità e una dimensione sessuale che non trascende nella volgarità della trap ma rimane aggrappata ad una necessità di svelamento del corpo, attraverso canzoni che mettono a nudo senza imbarazzo in primis l’ascoltatore: dentro e dietro “Miele” si cela un forte desiderio di appartenenza che passa attraverso una sincera necessità di riformulare il lessico dell’amore, come anche quello della pornografia. 

Il sesso, il problema e la soluzione centrale dell’empasse della nostra contemporaneità: questa sembra essere la chiave di volta di un lavoro che ruota attorno all’esaltazione di alcuni valori che vedono nella liberazione del corpo il primo passo verso una reale libertà emotiva e personale; un processo di scoperta che diviene ginnastica di resistenza al consumo del nostro tempo, e allo stesso modo mappa utile ad esplorare confini che ancora non conosciamo. Il tutto, in una salsa estremamente eclettica che trova ad ogni modo nel grunge e nel garage il proprio baricentro: chitarre aggressive che fanno la coppia con ritmiche ben serrate (senza mai perdere la “gentilezza” necessaria ad ogni rivoluzione) diventano il trampolino di testi comunque ben pensati e a tratti dotati di immagini davvero interessanti (su tutti, “Anubi” e “Fra le tue gambe”).

Un lavoro efficace a presentare un progetto che possiede certamente importanti margini di crescita: vediamo che accadrà. 

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