SPRING ATTITUDE FESTIVAL: l’eterna primavera della musica

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Si è appena conclusa la decima edizione dello “Spring Attitude Festival” in un trionfo di musica e partecipazione: diecimila presenze, doppio sold out, clamore mediatico, artisti italiani e internazionali, rivelazioni recentissime e colonne portanti della musica degli ultimi trent’anni (elettronica soprattutto). Il tutto all’interno della suggestiva cornice del “MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo” di Roma, con cui il festival quasi condivide il decennale (il Maxxi di anni ne ha nove e la presidente Giovanna Melandri già immagina un festeggiamento condiviso con un’edizione speciale per l’anno prossimo).
Dopo un’estate in cui il museo ha dato spazio alle etichette indipendenti, ora ha accolto, nuovamente, la primavera della grande musica internazionale. I concerti e i dj set hanno attraversato diversi luoghi e impegnato vari palchi, allestiti in zone differenti del museo e dello spazio di fronte, ovvero la “Ex Caserma Guido Reni”: location diverse, per artisti diversi, con pubblici differenti; vari luoghi per tante esperienze musicali (e visive), concentrate in una sola notte, per tre notti consecutive.

“Spring Attitude Festival” , 10-11-12 ottobre 2019, Roma.

Tra i nomi spicca quello di Giorgio Poi, uno dei cantautori più interessanti del panorama italiano attuale: autore eccezionale, musicista polistrumentista dal respiro internazionale che finalmente emerge come solista, dopo anni di formazione all’estero e collaborazioni illustri.
Presente anche Myss Keta, come sempre irriverente, dissacrante, insopportabile e accattivante. Un’artista irrinunciabile e quasi ipnotica.
Si è esibito (nuovamente) anche Rancore, una delle migliori firme dell’Hip Hop italiano e romano in particolare: lingua tagliente, rime incalzanti, contenuti profondi, provocatori e malinconici. Un artista di spessore che ultimamente ha deciso di uscire dalla dimensione underground e oltrepassare il confine del mainstream, seppur d’autore. Sul palco esprime la stessa vecchia energia di un tempo, per niente ingrigita o irrigidita dai codici di condotta sanremesi.
Si sono presentati al pubblico romano (e probabilmente non solo) anche tanti nomi nuovi come Venerus, la grande sorprendente rivelazione; Massimo Pericolo con tutta la sua rabbia malinconica contrapposta allo spirito festoso ed elettrico del collettivo di dj Ivreatronic (tra i quali Cosmo) che hanno chiuso l’esibizione completamente nudi sul palco e infine non potevano mancare le grandi firme dell’elettronica internazionale (Laurent Garnier, Ellen Allien), sempre presenti e mai deludenti.

“Spring Attitude Festival” , 10-11-12 ottobre 2019, Roma.

L’incontro di linguaggi così distanti, per genere ed epoca, dimostra prima di tutto la capacità della musica (di una certa musica) di rigenerarsi continuamente pur rimanendo se stessa, perfettamente aderente alle sue radici. Anzi, in questo caso radici e germogli si scambiano i set e condividono i palchi, si sfidano a colpi di beat e di arrangiamenti, facendo ballare e cantare, allo stesso ritmo, generazioni di adulti e di giovanissimi.
In secondo luogo dimostra quanto la qualità di certi artisti recenti, addirittura emergenti, sia tanto alta da non suscitare alcun temuto confronto con i pezzi da novanta della musica contemporanea (che a loro volta non guardano con sospetto e preoccupazione l’avanzata di giovani così promettenti).
Infine pone una serie di riflessioni e di interrogativi su come sia cambiata la concezione della musica anche a partire dalla definizione dei suoi generi, dalla modificazione del pubblico e delle modalità di fruizione e di esperienza (per cui ora non ci si stupisce, ma semmai si gioisce, per un festival di musica elettronica, hip hop, cantautoriale, emergente, affermata, sui palchi di un auditorium, in un museo e in una ex caserma).

“Spring Attitude Festival” , 10-11-12 ottobre 2019, Roma.

Lo Spring è un festival che non si dedica a un genere e a un pubblico, ma ad una certa attitudine primaverile, appunto, che accomuna chi produce, chi realizza e chi ascolta una musica sempre sul punto di fiorire e di raggiungere il proprio massimo punto di splendore, in una sorta di fermento sempre vivo, nonostante i nomi grossi alle spalle, nonostante i nomi nuovi davanti, nonostante in molti tra gli artisti abbiano, di fatto, scavallato il confine dell’indipendente per rientrare in ambiti artistici ed espressivi più convenzionali.
Eventi come questo raccontano una musica che non ha paura di osare e di sperimentare, che mantiene sempre la propria indi(e)pendenza, fuori dalle definizioni e dalle etichette, anche quando queste diventano la propria casa di produzione.
In questo vortice di perdita di certezze, ma di ampliamento di orizzonti, come in un gioco caleidoscopico fatto di specchi, esplosioni ed implosioni, evoluzioni e contatti, aperture e dissoluzioni, i frammenti (le singole esperienze) fanno la totalità, pur senza appartenersi tra loro, ma incontrandosi per poi perdersi, in una trasmutazione infinita, sempre simile, ma mai identica (sono sempre più frequenti featuring e collaborazioni anche tra artisti lontanissimi per genere e formazione).
Lo “Spring Attitude Festival” è stato dunque l’occasione non solo per ascoltare ottima musica, ma anche per fare un ragionamento su di essa (ma forse sullo stare al mondo contemporaneo in generale) e, procedendo nella riflessione, diventa inevitabile incappare in quella fumosa, sempre più estesa e alquanto diffusa (anche impropriamente, seppur l’ambito proprio non sia del tutto chiaro) e a tratti odiosa definizione che tale non è, ma che in qualche modo determina uno spazio di incontro: l’indie.
Ecco, forse il vero Spring attitude è quello indie che non ha a che fare con le reali modalità di produzione o di distribuzione di un certo prodotto artistico e neppure con l’appartenenza o meno a un genere specifico, si tratta dell’atteggiamento di (e verso) una musica che forse non diventa mai del tutto grande (in tutte le possibili accezioni), ma piuttosto si cristallizza nei suoi “27” (anche solo metaforicamente), rifiutando le stagioni del declino o le glorie della prima squadra, permanendo eternamente nella propria brillante primavera.


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