Gli ultimi canti del cigno è l’Ep d’esordio di La ciclabile
Voce, chitarra e tanta, tanta sincerità: questa la cifra stilistica di Michele de Rienzo, in arte La Ciclabile.
Uscito ad inizio ottobre, Gli ultimi canti del cigno è il suo Ep di esordio: quattro tracce che si rifanno all’indie/emo che risuona dal Midwest anni ’90.
Canti della pianura e delle notti da falò
L’intento è dichiaratamente quello di far viaggiare l’immaginazione verso le pianure americane, dove le notti stellate riecheggiano degli arpeggi di una chitarra suonata nel buio, magari davanti ad un falò acceso dopo una serata tra amici.
Inizia proprio così, Gli ultimi canti del cigno, con un arpeggio di chitarra etereo, una malinconica introduzione lunga 3’14” intitolata Penserò io a cogliere il tuo volto in foto.
Solo a partire dalla seconda traccia gli accordi, semplici e proprio per questo bellissimi, accompagnano la voce di La Ciclabile:
E non è mai concesso un eccesso di tempo
per far stare in piedi le carte in un castello
E se mi resta ancora fiato in un’inerzia dico che
in una distopia felice ci vedo noi due.
Prima di essere alla fine della corsa è una poesia cantata da lontano, un racconto scritto all’alba dopo una notte di amore, nella solitudine felice di chi spera di rivivere dei momenti felici.
Nella terza traccia, Congedo, la voce lascia di nuovo spazio alla sola chitarra, in una sorta di post-rock senza batteria e senza esplosioni di distorsori. Uno shoegaze senza testi malinconici, perché non è tristezza il sentimento che si vuole comunicare, ma pace, contemplazione.
Divinazione è una coda in pieno stile indie che porta a termine l’Ep. Torna la voce e la poesia delle atmosfere strumentali si arricchisce di quella dei versi, semplici ma mai scontati, regalati all’ascoltatore dalla penna di La Ciclabile:
Il mio spirito si logora come la sigaretta che fumavi nel cortile della scuola
o sotto un porticato acceso di risate familiari,
che a pensarci mi ripeto “c’è di peggio”
Il rispetto delle cose semplici
La musica contemporanea, in particolare nel mainstream italiano, è ormai una gara di produzione. Grandi nomi sfornano bellissime e curatissime basi messe al servizio di cantanti che riescono ad arrivare in radio e guadagnarsi una fama più o meno meritata.
Non ha senso, in una recensione di musica indipendente, discutere se questo meccanismo sia giusto oppure no. Vale però la pena di sottolineare il fatto che c’è moltissimo anche fuori dal circuito del grande pubblico e che tanto di quello che circola nelle nicchie merita almeno un ascolto.
Gli ultimi canti del cigno, di La Ciclabile, non è un Ep rivoluzionario, ma ha due pregi che oggi sono sempre meno valorizzati: il rispetto e la semplicità. Il riferimento è chiaro (e dichiarato): il Midwest anni ’90, la musica indie; la struttura dei brani è essenziale: chitarra e, a volte, voce. Ma qui essere scarni è un pregio. Usando un verbo da talent, La Ciclabile “arriva”. Arriva il suo interesse per una musica che magari non vende ma a lui piace e arriva ciò che quelle sonorità hanno rappresentato per lui.
Lui si fa testimone di queste sonorità e le fa sue, le plasma e plasma la sua poetica su di esse senza eccessi e senza concessioni, solo con rispetto.
Gli ultimi canti del cigno non è, insomma, un “grande disco”, ma è un Ep sincero. E questo, ad oggi, è già tantissimo.