Il logo rappresenta il simbolo di una band, utile per distinguersi ed essere un punto di riferimento visivo per i propri fans. Per qualcuno sinonimo di successo, per altri, emblema di identità musicale.
Le migliori copertine della storia della musica, così come i nomi delle band più famose e i flyer che li accompagnano in giro per il mondo nascono spesso senza una precisa richiesta. Se è accattivante e piace allora va bene. Allo stesso modo vale per il logo, scelto dalla band come segno di riconoscimento. Kotler e Waldemar in B2B Brand Management definiscono il logo come: «l’aspetto grafico della marca o del nome dell’azienda, in grado di identificare, distinguere e comunicare quest’ultima». Rappresenta l’immagine con cui un singolo artista o gruppo musicale si identifica. A volte riporta il nome della band, in altre occasioni sintetizza il titolo di una canzone o la filosofia del gruppo, o svariate situazioni che hanno portato alla costituzione e alla nascita di quest’ultimo. Insomma, ciò che si nasconde dietro ad un logo non è semplicemente un ingenuo tratto artistico ma un simbolo carico di significato.
Già dal secolo scorso, e ancora oggi, molti sono gli artisti e le band a cui piace sbizzarrirsi disegnando e provocando i propri fans con loghi colorati ed immagini celebrative. Qualcuno deve parte del proprio successo al design del proprio logo, per altri invece è solo questione di marketing. Tra tutti c’è anche chi ha fatto del proprio logo un’icona della musica: lo smile dei Nirvana e la linguaccia dei Rolling Stones.
Lo smile (o smiley), immagine del consumismo e della controcultura, nel 1986 diviene simbolo dei Nirvana. Contorni gialli su sfondo nero, occhi sbarrati e lingua a penzoloni deve la sua fama a diverse tesi contrastanti e divertenti. In primis, si sostiene che la scelta del logo sia da attribuire all’insegna di uno strip-club di Seattle, il Lusty Lady, colonna portante della scena rock della città. Un’altra tesi sottolinea la vicinanza con i vizi di Cobain: occhi a “X” e sorriso mancato, simbolo di straniamento e alterazione dovuto all’effetto di alcool e droghe. Infine, la più divertente, sostiene che il logo sia la rappresentazione ironica e beffarda di Axl Rose, cantante dei Guns’N’Roses. Anche se riconosciuto come simbolo della band di Seattle, il logo non compare in nessun disco. Fu utilizzato solamente per pubblicizzare l’uscita di Nevermind, il secondo album della band (1991).
L’originale in bianco e nero, poi il grigio della Lips and Togue divenne rosso. La linguaccia fece la sua prima comparsa nel 1971, con la pubblicazione dell’album Sticky Fingers. L’autore del logo presente sul retro della copertina e sull’etichetta è John Pasche, studente del primo anno del Royal College of Art di Londra. Si racconta che gli Stones, bisognosi di un logo accattivante per il tour europeo, chiesero aiuto al giovane universitario. Pasche fu attratto dal dipinto della dea Kali, divinità hindu simbolo di morte e distruzione, raffigurata con la lunga lingua che fuoriesce dalla bocca. Associata poi alla bocca larga e appariscente del frontman della band, Mick Jagger. Due settimane per realizzarlo e il logo piacque immediatamente tanto da essere subito utilizzato. Con solo 50 sterline, è il simbolo di una generazione che ha lottato per la propria libertà di pensiero, rivoluzionando mode e stili di vita.