Faccio Indie. Intervista a Napodano

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Artista Indie di Roma, Napodano oggi vive in Belgio. Da qualche anno ha sancito la sua collaborazione con Street Label Records. In attesa di notizie sul suo nuovo disco ufficiale, Napodano pubblica il singolo “Faccio Indie” prodotto da Samuel Rafalowicz. Il singolo fa il verso in maniera ironica agli stereotipi del pop cantautorale di oggi dove per avere la chance di essere presi in considerazione, è necessario auto marchiarsi indie. 

Di cosa parli nel singolo Faccio Indie?
Di quanto ormai qualsiasi cosa sia indie. Hai fatto un’intervista che sembra che hai un Pokemon in testa? Sei indie. Scrivi una canzone utilizzando TUTTI gli stereotipi mai messi su carta dallo stilnovismo a oggi? Sei indie. Sembri un personaggio bohémien di Henry Murger? Sei indie. Usi metafore mettendo insieme concetti culinari, medici e fumettistici? Sei indie. Provi a scrivere una canzone d’amore sguaiatamente POP ma non hai una produzione con i soldi che ti copre le spese? Sei indie, ma ancora non lo sai!

Quali sono i più grandi stereotipi che circondano il mondo Indie?
Convincere le persone che il mondo indie sia ancora il mondo alternativo a quello dominato dal mercato mainstream è il più grande paradosso musicale italiano degli ultimi dieci anni. Praticamente ci hanno messo dentro Matrix e ci hanno detto: “scrivete di quello che volete, finanziatevi da soli e poi lanciatevi nel mercato”. L’importante è aver conservato i diari del liceo per prendere ispirazione e tanta forza di volontà per continuare nonostante le milioni di porte sbattute in faccia.

Cos’è per te l’Indie quindi?
C’era una volta il cantautorato, un epoca in cui i maestri italiani facevano la parte del leone. I loro acerrimi nemici erano i cavalieri della musica leggera, armati dei loro testi frivoli pieni di cuore e amore. Verso la fine del ventesimo secolo, il potere dei cantautori si era affievolito a discapito della fazione nazional popolare ma ecco che un nuovo guerriero si affacciava all’orizzonte: l’alternativo. Quest’ultimo si batteva con ferocia a colpi di nuovi suoni più aggressivi e di giovanile vitalità arrivando a conquistare interi regni di mercato. Ma l’età avanzava e nuovi amori nacquero. L’alternativo si innamorò del pop e diedero vita all’indie.

Pensi che il tuo pezzo verrà capito o ti aspetti delle critiche?
A capirlo penso di sì, anche perché è praticamente tutto composto da citazioni, a volte più velate altre molto evidenti. Le critiche le aspetto con ansia perché se non dovessero arrivare, significherebbe che quello che volevo dire è passato inosservato, o peggio, che è stato dato come fatto assodato

Tu quando ti sei avvicinato all’Indie?
È una cosa abbastanza recente. Sono sempre stato attratto dalle correnti alternative italiane fin dai tempi dei primi Afterhours, Marlene Kuntz, Bluvertigo, Verdena, che trovavo davvero interessanti ma solo dal punto di vista dell’ascoltatore. Non li ho mai suonati, non ci ho neanche mai pensato, a dir la verità. Dal punto di vista pratico mi sentivo più vicino al “reparto” cantautori, forse perché in qualche modo più affini al mio modo di comunicare. Poi nel tempo l’indie si è imbastardito col pop e l’ho dunque sentito molto più prossimo a quello che avrei voluto creare.

Ti scoccia andare a ritroso e ripercorrere I tuoi passi nel mondo musicale, così da presentarti a chi vuole sapere qualcosa di più su di te?
No, perché dovrebbe? Anzi, guardare al passato è un modo per non dimenticare il tuo cammino, da dove sei venuto e dove sei arrivato. Molte volte il solo pericolo in cui si può incorrere è quello che mentre parli del tuo passato ti chiedi se il presente è dove davvero saresti voluto essere. Nel mio mestiere sono la musica e i testi a parlare, io posso aggiungere un po’ di storia, ma il focus deve restare la canzone.

Quanti dischi hai fatto fino ad oggi come solista?
Solamente uno in maniera seria, cioè con una vera produzione ed una equipe alle spalle. È uscito poco più di un anno fa ma sembra passata una vita per quanto lo percepisco lontano. Sono molto legato a quelle canzoni; credo che tra alcune di quelle ci sia lo specchio della mia essenza.

Stai lavorando al tuo nuovo disco?
Proprio lavorando no, diciamo piuttosto girando intorno. Di canzoni dopo l’album ne sono uscite parecchie ma ancora tante ne usciranno, quindi un disco sarà previsto sicuramente tra non molto tempo.

Ascolta Napodano

Artista Indie di Roma, Napodano oggi vive in Belgio. Da qualche anno ha sancito la sua collaborazione con Street Label Records. In attesa di notizie sul suo nuovo disco ufficiale, Napodano pubblica il singolo “Faccio Indie” prodotto da Samuel Rafalowicz. Il singolo fa il verso in maniera ironica agli stereotipi del pop cantautorale di oggi dove per avere la chance di essere presi in considerazione, è necessario auto marchiarsi indie. Di cosa parli nel singolo Faccio Indie?
Di quanto ormai qualsiasi cosa sia indie. Hai fatto un’intervista che sembra che hai un Pokemon in testa? Sei indie. Scrivi una canzone utilizzando TUTTI gli stereotipi mai messi su carta dallo stilnovismo a oggi? Sei indie. Sembri un personaggio bohémien di Henry Murger? Sei indie. Usi metafore mettendo insieme concetti culinari, medici e fumettistici? Sei indie. Provi a scrivere una canzone d’amore sguaiatamente POP ma non hai una produzione con i soldi che ti copre le spese? Sei indie, ma ancora non lo sai!

Quali sono i più grandi stereotipi che circondano il mondo Indie?
Convincere le persone che il mondo indie sia ancora il mondo alternativo a quello dominato dal mercato mainstream è il più grande paradosso musicale italiano degli ultimi dieci anni. Praticamente ci hanno messo dentro Matrix e ci hanno detto: “scrivete di quello che volete, finanziatevi da soli e poi lanciatevi nel mercato”. L’importante è aver conservato i diari del liceo per prendere ispirazione e tanta forza di volontà per continuare nonostante le milioni di porte sbattute in faccia.

Cos’è per te l’Indie quindi?
C’era una volta il cantautorato, un epoca in cui i maestri italiani facevano la parte del leone. I loro acerrimi nemici erano i cavalieri della musica leggera, armati dei loro testi frivoli pieni di cuore e amore. Verso la fine del ventesimo secolo, il potere dei cantautori si era affievolito a discapito della fazione nazional popolare ma ecco che un nuovo guerriero si affacciava all’orizzonte: l’alternativo. Quest’ultimo si batteva con ferocia a colpi di nuovi suoni più aggressivi e di giovanile vitalità arrivando a conquistare interi regni di mercato. Ma l’età avanzava e nuovi amori nacquero. L’alternativo si innamorò del pop e diedero vita all’indie.

Pensi che il tuo pezzo verrà capito o ti aspetti delle critiche?

A capirlo penso di sì, anche perché è praticamente tutto composto da citazioni, a volte più velate altre molto evidenti. Le critiche le aspetto con ansia perché se non dovessero arrivare, significherebbe che quello che volevo dire è passato inosservato, o peggio, che è stato dato come fatto assodato

Tu quando ti sei avvicinato all’Indie?
È una cosa abbastanza recente. Sono sempre stato attratto dalle correnti alternative italiane fin dai tempi dei primi Afterhours, Marlene Kuntz, Bluvertigo, Verdena, che trovavo davvero interessanti ma solo dal punto di vista dell’ascoltatore. Non li ho mai suonati, non ci ho neanche mai pensato, a dir la verità. Dal punto di vista pratico mi sentivo più vicino al “reparto” cantautori, forse perché in qualche modo più affini al mio modo di comunicare. Poi nel tempo l’indie si è imbastardito col pop e l’ho dunque sentito molto più prossimo a quello che avrei voluto creare.

Ti scoccia andare a ritroso e ripercorrere I tuoi passi nel mondo musicale, così da presentarti a chi vuole sapere qualcosa di più su di te?
No, perché dovrebbe? Anzi, guardare al passato è un modo per non dimenticare il tuo cammino, da dove sei venuto e dove sei arrivato. Molte volte il solo pericolo in cui si può incorrere è quello che mentre parli del tuo passato ti chiedi se il presente è dove davvero saresti voluto essere. Nel mio mestiere sono la musica e i testi a parlare, io posso aggiungere un po’ di storia, ma il focus deve restare la canzone.

Quanti dischi hai fatto fino ad oggi come solista?
Solamente uno in maniera seria, cioè con una vera produzione ed una equipe alle spalle. È uscito poco più di un anno fa ma sembra passata una vita per quanto lo percepisco lontano. Sono molto legato a quelle canzoni; credo che tra alcune di quelle ci sia lo specchio della mia essenza.

Stai lavorando al tuo nuovo disco?
Proprio lavorando no, diciamo piuttosto girando intorno. Di canzoni dopo l’album ne sono uscite parecchie ma ancora tante ne usciranno, quindi un disco sarà previsto sicuramente tra non molto tempo.

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