In “Acqua” con Paul Giorgi

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In occasione dell’uscita del suo ultimo singolo per Le Siepi Dischi, abbiamo fatto qualche domanda al cantautore Paul Giorgi su “Acqua”. Ecco il resoconto della nostra chiacchierata!

Ciao Paul, partiamo dalle domande semplici e di rito: “Acqua” oggi, “Tigre” qualche mese fa. Quanto sono vicine e quanto sono lontane, tra loro, le due tracce?

“Acqua” è stata scritta prima di “Tigre” in realtà. La loro vicinanza è che entrambe parlano in qualche modo di paure, di un sentimento notturno, di una relazione. “Acqua” è stata registrata in uno studio di registrazione insieme al caro Stefano Lelii (tranne la voce) mentre “Tigre” è stata mixata e prodotta nel mio studio. 

Guardando a ritroso nella tua vita, ci piacerebbe che restituissi al lettore tre “fotografie” di te e la musica. Tre immagini che ti porti nella memoria, e che ti va di raccontarci per farci capire qualcosa di più sul tuo rapporto con le sette note. 

Ok. Immagine 1 è quella dell’edificio dove ho iniziato a studiare tastiera da piccolo. Era costruito affianco ad una chiesa. Era tipo al terzo piano. Ricordo il pavimento a mattonelle. Era tutto molto bianco/grigio, compresi i laccetti di plastica delle tapparelle. Molte tastiere e vecchi pc con bellissimi giochini di musica. Ricordo con affetto il mio maestro Emidio Cecchini.

Immagine 2; mi trovavo a casa di un mio amico in campagna. Giocavamo ai videogames (Blood Rain andava fortissimo) e mangiavamo patatine. Suo padre aveva alcune chitarre pazzesche e un Marshall JCM900 testata cassa. Mi fece provare a strimpellare con una Gibson SG. Rimasi folgorato e mi trasformai in Joe Satriani.

Immagine 3; le sale prova. Primo superiore. Era da uno/due anni che suonavo la chitarra e avevo conosciuto diversi amici che suonavano. Le sale prova avevano tutte un odore simile, forse quello del foam nero. Ricordo un fine settimana all’Informa Giovani in centro, dove potevamo suonare o navigare su internet. Uno dei posti più umidi di sempre. L’umidità fece da filo conduttore con le prossime 10 sale prove che visitai.

“Tigre” segnava il tuo esordio con Le Siepi Dischi, facendo capire a tutti fin da subito la direzione che volevi prendere con la tua musica: un lo-fi di gusto che oggi trova forse, in Italia, il corrispettivo ideale in Giorgio Poi. Effettivamente, la musica di Poi sembra averti in qualche modo influenzato… Ci racconti come nasce un tuo brano, e quali sono le tue principali influenze del tuo stile?

Dai, ho pubblicato solo due canzoni avrete modo di cambiare parere. Giorgio è un maestro indiscusso ma sinceramente credo di essere più vicino al bedroom pop americano. Non lo so. Un mio brano nasce a volte sulla chitarra, a volte sul piano, ultimamente solo voce, magari domani solo gesti chissà. 

“Acqua” invece riporta il baricentro sul sentimento. L’elemento liquido agevola l’atmosfera sospesa e sognante che entrambi i tuoi brani sanno evocare; cosa rappresenta per te l’acqua? 

Mah… una cosa che fa piacere bere soprattutto dopo certe serate non proprio lucidissime.

Oggi tutti parlano di playlist; i contenitori di Spotify sembra che abbiano completamente soppiantato le radio (o quasi), avviando anche un processo di distorsione che oggi spinge sempre più emergenti a cercare i numeri, più che la qualità. Cosa ne pensi del fenomeno playlist? Tralasciando quelle “a pagamento”, volevo qui soffermarci sulle editoriali. Contenitori meritocratici o strumento di manipolazione del mercato?

Non ho un pensiero preciso in realtà. Sicuramente aiutano in qualche modo senza però diventare qualcosa di malato. “Acqua” è stata su due editoriali ad esempio… ho ricevuto messaggi da alcune persone ed è stato carino. 

Live e pandemia. Ne usciremo migliori? Si riempiranno anche i locali che, ben prima del covid, facevano la “guerra” per rimanere aperti proponendo musica? Perché diciamocelo, la crisi del settore è un qualcosa che precede questa pandemia, con responsabilità molteplici da parte di gestori, artisti e pubblico…

Speriamo. Finora non ho visto granché.

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