Un’intervista (per niente) “Fuori Fase” per Francesco Pintus

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Il primo singolo di Francesco Pintus sta facendo parlare di sé, eccome. Le motivazioni sono varie, a partire dalla qualità di scrittura di una penna capace e ispirata, sospesa tra mainstream e vecchia scuola d’autore, per arrivare alla bella sinergia d’intenti creatasi in studio con Pietro Paroletti e Fabio Grande; fatto sta che, per noi abitutati a tenere ben sintonizzate le antenne sulle frequenze del Nuovo Pop, farci una chiacchierata con lui sembrava davvero inevitabile.

“Fuori Fase”, il singolo d’esordio di Pintus, ce lo racconta qui sotto l’autore stesso; meglio di così, proprio non si poteva!

Ciao Pintus, benvenuto su Indielife! Partiamo da principio: chi sei, da dove vieni e, soprattutto, dove sei diretto?

Ciao Indielife, sono un ragazzo di 26 anni che viene dalla Calabria (Scalea, per l’esattezza) ma che orami vive a Padova da molti anni. Non chiedermi dove sono diretto, non si parte con le domande semplici in genere? 

Come nasce il tuo rapporto con la musica? Ti va di regalarci l’aneddoto più “imbarazzante” verificatosi su un palco (o in generale, in ambito musicale) e quello, invece, più “emozionante”?

Non ricordo bene come è nato perché ho iniziato a studiare musica molto piccolo, intorno ai 6 anni. So per certo che il mio rapporto con la musica è stato molto eterogeneo e discontinuo: sono passato dagli studi classici a voler fare il chitarrista hard rock a scrivere canzoni pop senza troppa coscienza di quello che stavo facendo. Aneddoto più imbarazzante: una volta sono stato contattato da un festival locale per un live, organizzato in realtà molto bene ma promosso malissimo. Era paradossale perché c’era questo palco enorme davanti ad una piazza incredibilmente vuota con solo i miei amici davanti, piuttosto di suonare avrei fatto qualsiasi altra cosa. Aneddoto più emozionante: per chi è all’inizio capita spesso di non essere ascoltati, è una condizione molto comune con cui si convive. Una volta mi è successo di avere davanti tante persone tutte rigorosamente in silenzio e attente a quello che stavo facendo, credo sia stato uno dei live più belli e intimi che ho vissuto finora.  

“Fuori Fase” è il tuo nuovo singolo, prodotto da Grandi e Paroletti. Oggi, qualcuno dice che il produttore sia più decisivo dell’artista, nel determinare il successo di un brano. Vorrei chiederti cosa ne pensi, e mi piacerebbe che ci raccontassi un po’ com’è andato il lavoro con i due producer.

Credo sia molto diverso da genere a genere, se non addirittura da un artista all’altro. Nel mio caso, penso che se una canzone funziona allo stato originale (come è stata scritta) il lavoro di un produttore attento e competente non può che esaltarne le potenzialità, tuttavia non può fare miracoli nel caso contrario. Il rapporto con Fabio e Pietro è partito in realtà da Francesco Aprili, che ha suonato le batterie del disco e mi ha suggerito loro due per le produzioni. Il lavoro in studio per me è stato molto formativo, perché non sono il cantautore che scrive i pezzi e poi si affida. Mi piace, in base alle mie mie competenze, entrare nel vivo della produzione e suonare tutto quello che posso. Quindi siamo partiti da delle pre-produzioni che avevo registrato io a casa e abbiamo delle volte tenuto alcune cose, altre volte disfatto e rifatto tutto da zero, come spesso capita. E’ stato molto spontaneo, abbiamo suonato tutti un po’ di tutto e scambiato idee, è il modo migliore per fare dischi secondo me. 

“Fuori Fase” racconta di occasioni perse, di treni non presi e di atti mancati. Sei più uno che guarda al passato con rimorso oppure con la nostalgia del ricordo? E in tal senso, possiamo dire che “Fuori Fase” sia forse un brano “terapeutico”? 

Dipende da che situazione del mio passato sto guardando, banalmente. Più occasioni per vivere un bel momento mi creo, più so che avrò nostalgia del ricordo e non rimorso. Spesso non ci riesco, ovviamente. No, non penso fuori fase sia un brano terapeutico. Paradossalmente anche il contrario, perché prova a dare concretezza a dei pensieri irrazionali che dovrebbero essere lasciati scorrere invece che incisi in una canzone. Tuttavia, tante persone mi stanno scrivendo che è molto di aiuto per chi empatizza con quello che scritto, quindi probabilmente può esserlo. 

Il tuo più grande rimpianto?

Si parla di musica quindi mi limito a questa sfera. Credo non avere mai sentito Lucio Dalla dal vivo, pur avendone avuto anagraficamente la possibilità di farlo quando ero adolescente. Ho perso il conto dei live che ho visto in giro sui internet. 

E il tuo sogno nel cassetto?

Non mi piace parlarne.

Dicci qual’è, per salutarci, il tuo segreto per “rimanere in fase”. 

Allargare la traiettoria quotidiana così da poter andare fuori fase senza perdere la strada. 

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