Michael Johansson e le sue composizioni tridimensionali
Le scale, così come le valigie e gli asciugacapelli, sono solo alcuni degli oggetti d’uso quotidiano che Michael Johansson impiega nelle sue opere.
L’artista svedese sceglie meticolosamente ogni elemento aggirandosi tra i mercatini delle pulci in cerca di pezzi quasi identici che abbiano un’elevata riconoscibilità e, al contempo, un’intrinseca unicità.
L’aspetto che lo intriga maggiormente in questa vera e propria ‘caccia al tesoro’ è individuare le casuali e altrettanto inverosimili ripetizioni della vita.
Le difficoltà di una reiterazione immutata sono addirittura il tema centrale di Packa Pappas Kappsäck (Pack Daddy’s Suitcases), l’opera del 2006 in cui Michael si è ispirato ad un vecchio gioco di parole svedese posizionando valigie di foggia simile, ma di dimensioni e colori differenti, l’una dentro l’altra.
Tutti gli oggetti che l’artista sfrutta per le sue creazioni sono privati dell’originaria funzionalità a favore della ricollocazione in un nuovo contesto in cui acquistano maggiore valore. Non sono più inutili articoli fuori moda perché assumono un’importanza essenziale all’interno della composizione.
Dopo aver trovato gli elementi perfetti per forma e colore, Michael sistema i più ingombranti per capire le dimensioni finali dell’opera e poi colma tutti gli spazi vuoti con oggetti più piccoli.
Il suo lavoro fornisce così una collocazione precisa ad ogni articolo in un processo riempitivo simile ad un ‘horror vacui’ tridimensionale.
Ad esempio, in Tipi – Konsthallen Trollhättan, l’artista ha sistemato tutti gli utensili trovati nel deposito dell’omonima galleria d’arte nello spazio disponibile sotto ad una scala alta 5 m.
Anche in altre installazioni site-specific, appartenenti alla serie Tetris, Johansson si è servito di ciò che trovava nei magazzini di musei e gallerie. La peculiarità di queste opere non è soltanto la precisione degli incastri ma soprattutto il contrasto tra la parte frontale, perfettamente ordinata, e il retro che mostra come tale ‘perfezione’ sia solo illusoria. Lo si nota molto bene nella porta dell’omonima opera del 2007 o nella serie successiva Ghost.
Negli anni, l’artista ha inoltre applicato il suo particolare processo artistico ad architetture cittadine, tra cui la Heger Tor di Osnabrück (Germania) o la sede della Royal Society of Sculptors a Londra (Regno Unito).
Se non vi è ancora capitato di ammirare dal vivo queste opere e volete viaggiare solo virtualmente, vi consiglio di scoprirle sul sito di Michael Johansson o sulla sua pagina Instagram!
Photo courtesy di Michael Johansson